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3 maggio 518
Lunedì 22 Giugno 2009
.. tardi!
Al galoppo raggiungo la tenuta Dillon, nei pressi di Flavigny.
L'aria è limpida, le colline tutto intorno ricoperte da vigneti e ulivi in fiore. E' l'essenza stessa della primavera, la vedo intorno a me e la sento dentro di me, che ribolle piena di promesse. Percorro il sentiero che attraversa la tenuta, supero una strana faglia nel terreno, oltrepasso un piccolo villaggio.
Ed ecco il Palazzo, poco oltre, severo e tanto solenne da farmi battere forte il cuore. Mi sento terribilmente piccolo mentre busso al portone, una semplice guardia civica che osa... no, non posso nemmeno pensarci.
Viene ad aprirmi un domestico, un signore anziano.
"Perdonatemi, il mio nome è Peoh Blood e vengo da Laon. Sono qui per fare visita a Lady Desiree..."
L'uomo mi guarda incuriosito, esita qualche istante e poi risponde: "Milady è partita da pochi giorni, messere"
"Partita? E per dove?" non riesco a nascondere la profonda costernazione che si abbatte su di me. Ma come, parlava nella sua lettera di un periodo di quiete, di tranquillità nella sua tenuta...
"Non ne sono al corrente, e comunque milady non mi autorizza a dare indicazioni sui suoi viaggi. Spiacente".
Sbaglio o noto un sorriso di compiacimento in questo servitore? Sta forse ridendo sotto i baffi? Ride di me? E' contento della mia delusione?
"Sono un amico di Lady Desiree, e sono certo che lei mi direbbe do..."
"Non sono stato avvisato della vostra visita, messere. Quindi vi prego di non insistere".
"C'è suo fratello, Messer Guelfo?"
Il servitore sorride e scuote il capo. "Spiacente, è assente anche lui".
"E nessun modo per contattarli?"
"Beh, se proprio volete potete lasciare a me un messaggio, e quando torneranno glie lo consegnerò", mi risponde. Nei suoi occhietti leggo curiosità e indiscrezione, sono certo che qualsiasi cosa affidassi alle sue mani sarebbe da lui letto e sbeffeggiato.
"Non importa. Ditemi il vostro nome, comunque. Così quando avrò finalmente l'occasione di parlare con Lady Desiree potrò dirle quanto siate stato ligio alla consegna di non rivelare a nessuno la sua destinazione".
Coglie la minaccia? Non lo so, ma mi guarda con chiaro astio mentre risponde: "Sono Mastro Pepper, e dite ciò che preferite a Milady, quando avrete occasione di incontrarla. Cosa che non accadrà oggi... nè tanto presto, presumo!"
Chiudi gli occhi, Peoh, fa un bel respiro, non rispondere a queste insolenze....
Mi volto e torno in sella, reprimendo a fatica la rabbia. Servitore ignorante e maleducato.
Percorro i primi metri allontanandomi da Palazzo Dillon, mentre lascio lentamente sbollire il fastidio e la frustrazione. Dove sei andata, Desiree? Così poco è durata la tua tregua, il tuo breve riposo tra viaggi e avventure? Sei di nuovo in pericolo, chissà dove e chissà con chi, ed io non so come contattarti!
Maledico l'incarico che mi ha tenuto fuori città due settimane, impedendomi di ricevere prima la tua lettera. Se soltanto fossi arrivato qualche giorno prima....
... se fossi arrivato qualche giorno prima... cosa?
Oggi l'ho potuto vedere coi miei occhi: apparteniamo a classi sociali diverse, tu sei una Signora, possiedi grandi terre, tuo fratello è un Dominus insignito dal Barone. E io cosa sono? Una Guardia civica, figlio del popolo, senza beni nè grandi ricchezze. L'unica mia speranza è continuare a farmi valere, e sempre più salire di ruolo nella Guardia. Ratel ha fiducia in me e sempre più mi assegna incarichi di responsabilità, in fondo non devo disperare.
Non sarò mai un Signore, ma posso col mio impegno diventare qualcuno, e lo farò per te, Desiree, perchè tu possa non vergognarti di me, vergognarti di un simile corteggiatore.
Riuscirò mai a ritrovarti? A convincerti della sincerità dei miei sentimenti?
Prego tanto che sia così, perchè non faccio che pensare a te, e voglio con ogni forza stare al tuo fianco.
L'aria è limpida, le colline tutto intorno ricoperte da vigneti e ulivi in fiore. E' l'essenza stessa della primavera, la vedo intorno a me e la sento dentro di me, che ribolle piena di promesse. Percorro il sentiero che attraversa la tenuta, supero una strana faglia nel terreno, oltrepasso un piccolo villaggio.
Ed ecco il Palazzo, poco oltre, severo e tanto solenne da farmi battere forte il cuore. Mi sento terribilmente piccolo mentre busso al portone, una semplice guardia civica che osa... no, non posso nemmeno pensarci.
Viene ad aprirmi un domestico, un signore anziano.
"Perdonatemi, il mio nome è Peoh Blood e vengo da Laon. Sono qui per fare visita a Lady Desiree..."
L'uomo mi guarda incuriosito, esita qualche istante e poi risponde: "Milady è partita da pochi giorni, messere"
"Partita? E per dove?" non riesco a nascondere la profonda costernazione che si abbatte su di me. Ma come, parlava nella sua lettera di un periodo di quiete, di tranquillità nella sua tenuta...
"Non ne sono al corrente, e comunque milady non mi autorizza a dare indicazioni sui suoi viaggi. Spiacente".
Sbaglio o noto un sorriso di compiacimento in questo servitore? Sta forse ridendo sotto i baffi? Ride di me? E' contento della mia delusione?
"Sono un amico di Lady Desiree, e sono certo che lei mi direbbe do..."
"Non sono stato avvisato della vostra visita, messere. Quindi vi prego di non insistere".
"C'è suo fratello, Messer Guelfo?"
Il servitore sorride e scuote il capo. "Spiacente, è assente anche lui".
"E nessun modo per contattarli?"
"Beh, se proprio volete potete lasciare a me un messaggio, e quando torneranno glie lo consegnerò", mi risponde. Nei suoi occhietti leggo curiosità e indiscrezione, sono certo che qualsiasi cosa affidassi alle sue mani sarebbe da lui letto e sbeffeggiato.
"Non importa. Ditemi il vostro nome, comunque. Così quando avrò finalmente l'occasione di parlare con Lady Desiree potrò dirle quanto siate stato ligio alla consegna di non rivelare a nessuno la sua destinazione".
Coglie la minaccia? Non lo so, ma mi guarda con chiaro astio mentre risponde: "Sono Mastro Pepper, e dite ciò che preferite a Milady, quando avrete occasione di incontrarla. Cosa che non accadrà oggi... nè tanto presto, presumo!"
Chiudi gli occhi, Peoh, fa un bel respiro, non rispondere a queste insolenze....
Mi volto e torno in sella, reprimendo a fatica la rabbia. Servitore ignorante e maleducato.
Percorro i primi metri allontanandomi da Palazzo Dillon, mentre lascio lentamente sbollire il fastidio e la frustrazione. Dove sei andata, Desiree? Così poco è durata la tua tregua, il tuo breve riposo tra viaggi e avventure? Sei di nuovo in pericolo, chissà dove e chissà con chi, ed io non so come contattarti!
Maledico l'incarico che mi ha tenuto fuori città due settimane, impedendomi di ricevere prima la tua lettera. Se soltanto fossi arrivato qualche giorno prima....
... se fossi arrivato qualche giorno prima... cosa?
Oggi l'ho potuto vedere coi miei occhi: apparteniamo a classi sociali diverse, tu sei una Signora, possiedi grandi terre, tuo fratello è un Dominus insignito dal Barone. E io cosa sono? Una Guardia civica, figlio del popolo, senza beni nè grandi ricchezze. L'unica mia speranza è continuare a farmi valere, e sempre più salire di ruolo nella Guardia. Ratel ha fiducia in me e sempre più mi assegna incarichi di responsabilità, in fondo non devo disperare.
Non sarò mai un Signore, ma posso col mio impegno diventare qualcuno, e lo farò per te, Desiree, perchè tu possa non vergognarti di me, vergognarti di un simile corteggiatore.
Riuscirò mai a ritrovarti? A convincerti della sincerità dei miei sentimenti?
Prego tanto che sia così, perchè non faccio che pensare a te, e voglio con ogni forza stare al tuo fianco.
10 aprile 518
Mercoledì 29 Aprile 2009
Insalata di more
In mezzo alle cucine del palazzo c'è una sedia nera, grossa e pesante. Lo scalino di pietra su cui è posta la fa svettare al di sopra dei tavoli e dei forni, consentendo al ciambellano un'osservazione precisa e puntuale dell'andirivieni dei camerieri e dell'operato di cuochi.
Ma non oggi. Ora sono io a sedere su quello scranno, stringendo tra le mani una piccola ciotola d'argento contenente quello che per molti anni è stato il mio piatto preferito: insalata di more. Osservo dall'alto le numerose operazioni che vengono compiute in preparazione dell'evento di questa sera: guardo i molti coltelli affilati, ascolto il lamento sordo delle anatre che vengono uccise soffocate dal loro stesso cibo, spinto con forza giù per la loro gola. Ma non è lì che si sofferma il mio sguardo: la mia attenzione è rivolta sulla superficie di un altro tavolo, sul quale una valorosa combattente è prossima a esalare il suo ultimo respiro. Il rumore dei suoi spasmi sempre più deboli riesce ad attraversare la sala, raggiungendo le mie orecchie malgrado il frastuono di servi e di operai.
Quel suono mi fa tornare alla mente la prima volta che entrai qui dentro: questo stesso giorno di molti anni fa. Ero piccola e impressionabile, non avevo mai visto una cucina così grande e affollata: qui dentro ho visto per la prima e unica volta nella mia vita un'aragosta viva. Certo... viva è una parola grossa: il lungo viaggio che quella povera bestia deve aver fatto da Verriére a qui, rinchiusa in un barile d'acqua salata, aveva di certo strappato via gran parte della forza e della voglia di vivere da quel corpo esanime. Eppure, quella corazza rossa e inanimata che giaceva immobile sul tavolo riuscì comunque a trovare la forza di inarcarsi in un ultimo, disperato singulto di vita: e lo fece davanti ai miei occhi, con un violento e rumoroso scatto che ebbe luogo non appena venni a trovarmi a non più di venti centimetri da lei.
Ricordo ogni istante di quello spavento: il pianto, le lacrime, la mia seconda madre che mi strinse forte per consolarmi. Rammento quanto mi sentii ferita accorgendomi che tutti intorno a me lottavano per non ridere, divertiti per lo spettacolo imprevisto che era stato loro inaspettatamente offerto. Più tardi, quella sera stessa, chiesi e ottenni di mangiare parte di quell'aragosta. Quel giorno, l'insalata di more ha smesso di essere il mio piatto preferito.
Molti anni sono passati da quel giorno: quella corazza impenetrabile e quelle chele sottili non riescono più a provocarmi il medesimo terrore. Eppure, oggi come allora, sento le lacrime affollarsi intorno ai miei occhi, minacciando di buttarsi di sotto come giovani suicide a cui non importa assolutamente niente. Le lascio fare, senza interrogarmi troppo sulla loro origine: che siano di gioia per quello che verrà, oppure di nostalgia per quello che non è più.
Oggi compio diciannove anni. "Un giorno sacro", mi dicono tutti da sempre. A Beid non si festeggia la festa di Dytros, si festeggia il compleanno di Rosalie Lambert. In alto i calici, dunque... e che sia la prima di molte feste.
Ma non oggi. Ora sono io a sedere su quello scranno, stringendo tra le mani una piccola ciotola d'argento contenente quello che per molti anni è stato il mio piatto preferito: insalata di more. Osservo dall'alto le numerose operazioni che vengono compiute in preparazione dell'evento di questa sera: guardo i molti coltelli affilati, ascolto il lamento sordo delle anatre che vengono uccise soffocate dal loro stesso cibo, spinto con forza giù per la loro gola. Ma non è lì che si sofferma il mio sguardo: la mia attenzione è rivolta sulla superficie di un altro tavolo, sul quale una valorosa combattente è prossima a esalare il suo ultimo respiro. Il rumore dei suoi spasmi sempre più deboli riesce ad attraversare la sala, raggiungendo le mie orecchie malgrado il frastuono di servi e di operai.
Quel suono mi fa tornare alla mente la prima volta che entrai qui dentro: questo stesso giorno di molti anni fa. Ero piccola e impressionabile, non avevo mai visto una cucina così grande e affollata: qui dentro ho visto per la prima e unica volta nella mia vita un'aragosta viva. Certo... viva è una parola grossa: il lungo viaggio che quella povera bestia deve aver fatto da Verriére a qui, rinchiusa in un barile d'acqua salata, aveva di certo strappato via gran parte della forza e della voglia di vivere da quel corpo esanime. Eppure, quella corazza rossa e inanimata che giaceva immobile sul tavolo riuscì comunque a trovare la forza di inarcarsi in un ultimo, disperato singulto di vita: e lo fece davanti ai miei occhi, con un violento e rumoroso scatto che ebbe luogo non appena venni a trovarmi a non più di venti centimetri da lei.
Ricordo ogni istante di quello spavento: il pianto, le lacrime, la mia seconda madre che mi strinse forte per consolarmi. Rammento quanto mi sentii ferita accorgendomi che tutti intorno a me lottavano per non ridere, divertiti per lo spettacolo imprevisto che era stato loro inaspettatamente offerto. Più tardi, quella sera stessa, chiesi e ottenni di mangiare parte di quell'aragosta. Quel giorno, l'insalata di more ha smesso di essere il mio piatto preferito.
Molti anni sono passati da quel giorno: quella corazza impenetrabile e quelle chele sottili non riescono più a provocarmi il medesimo terrore. Eppure, oggi come allora, sento le lacrime affollarsi intorno ai miei occhi, minacciando di buttarsi di sotto come giovani suicide a cui non importa assolutamente niente. Le lascio fare, senza interrogarmi troppo sulla loro origine: che siano di gioia per quello che verrà, oppure di nostalgia per quello che non è più.
Oggi compio diciannove anni. "Un giorno sacro", mi dicono tutti da sempre. A Beid non si festeggia la festa di Dytros, si festeggia il compleanno di Rosalie Lambert. In alto i calici, dunque... e che sia la prima di molte feste.
25 Febbraio 518
Mercoledì 4 Marzo 2009
Lettera a Sir Arles Giuly
Data ad Albiach, il 25 di Febbraio 518
Fratello,
vi invio questa breve nota con la segreta speranza che quanto in essa riportato vi sia di utilità nel fare ordine nella Casa di Kayah di cui siete custode, e con l'occasione vi esprimo il mio più vivo dolore per la scomparsa di Padre Gremaud , possa la Dea accoglierlo tra i suoi figli diletti.
Sono stato chiamato da Padre Carolus Prymm, Vescovo di Wurzen, ad esercitare la funzione inquisitoria nella signoria di Albiach, dove avevano preso a risedere alcuni vostri conterranei che dichiarano di dipendere da un certo Bruno Malade e che sono stati segnalati per la detenzione di un "Pfhaegal", oggetto di natura blasfema e di immane pericolosità di cui ho disposto l'immediata confisca. Dalle testimonianza di costoro, che vi riporto in calce a questa, emerge un quadro piuttosto sconfortante su come tal Malade, che mi dicono eserciti una certa autorità sul vostro monastero malgrado il suo stato laicale, abbia ritenuto di affidare un fardello così pesante sulle spalle di una paladina certo volenterosa, ma troppo giovane ed acerba, e di un uomo d'arme sprovveduto in tali delicate questioni, in apparente spregio degli avvertimenti ricevuti persino dall'autorevole cattedra di San Peccato.
Nel rammentarvi che in situazioni come queste è imperativo allertare la diocesi di competenza, di modo che essa possa provvedere alla tutela dei fedeli in tal modo esposti a mortale minaccia, e nel farvi presente che chiunque venga trovato in possesso di un "Pfhaegal" senza autorizzazione è passibile, nel Ducato di Surok, dell'accusa di alto tradimento e di pratica blasfema, vi invito a censurare con severità le eventuali mancanze che troverete in chi ha disposto tale scriteriato corso d'azione.
Che la Luce di Kayah vi assista nella vostra opera di vigilanza,
Padre Baruch Tirpiz, Inquisitore e Cappellano del Collegio dell'Arcana Sapienza di Surok.
Fratello,
vi invio questa breve nota con la segreta speranza che quanto in essa riportato vi sia di utilità nel fare ordine nella Casa di Kayah di cui siete custode, e con l'occasione vi esprimo il mio più vivo dolore per la scomparsa di Padre Gremaud , possa la Dea accoglierlo tra i suoi figli diletti.
Sono stato chiamato da Padre Carolus Prymm, Vescovo di Wurzen, ad esercitare la funzione inquisitoria nella signoria di Albiach, dove avevano preso a risedere alcuni vostri conterranei che dichiarano di dipendere da un certo Bruno Malade e che sono stati segnalati per la detenzione di un "Pfhaegal", oggetto di natura blasfema e di immane pericolosità di cui ho disposto l'immediata confisca. Dalle testimonianza di costoro, che vi riporto in calce a questa, emerge un quadro piuttosto sconfortante su come tal Malade, che mi dicono eserciti una certa autorità sul vostro monastero malgrado il suo stato laicale, abbia ritenuto di affidare un fardello così pesante sulle spalle di una paladina certo volenterosa, ma troppo giovane ed acerba, e di un uomo d'arme sprovveduto in tali delicate questioni, in apparente spregio degli avvertimenti ricevuti persino dall'autorevole cattedra di San Peccato.
Nel rammentarvi che in situazioni come queste è imperativo allertare la diocesi di competenza, di modo che essa possa provvedere alla tutela dei fedeli in tal modo esposti a mortale minaccia, e nel farvi presente che chiunque venga trovato in possesso di un "Pfhaegal" senza autorizzazione è passibile, nel Ducato di Surok, dell'accusa di alto tradimento e di pratica blasfema, vi invito a censurare con severità le eventuali mancanze che troverete in chi ha disposto tale scriteriato corso d'azione.
Che la Luce di Kayah vi assista nella vostra opera di vigilanza,
Padre Baruch Tirpiz, Inquisitore e Cappellano del Collegio dell'Arcana Sapienza di Surok.
24 febbraio 518
Martedì 3 Marzo 2009
Trascorro spesso le ore della notte sulla torre della Cattedrale, nel mio piccolo laboratorio. Con l'avanzare degli anni il sonno si fa sempre più spesso desiderare, e credo che le ore di veglia che Pyros mi ha concesso meritino di essere impiegate nella ricerca e nello studio dell'alchimia.
Anche stanotte, come molte altre notti, mi trovo qui, con la sola compagnia del mio vecchio gatto Anacleto.
Sotto di me Laon dorme, le luci sono quasi tutte spente, e scorgo nella distanza i fuochi sulle mura del Castello del Barone. Sono quasi due anni ormai, dai fatti delle grotte, che ogni notte le mura del castello sono illuminate dai fuochi.
Mi piace il silenzio della notte, la solitudine agevola la concentrazione.
Eppure improvvisamente mi sento osservato da uno sguardo penetrante.
Il primo sentimento che provo è la paura. Paura istintiva, legata ai ricordi di quest'estate, quando quell'uomo che abbiamo imparato a chiamare Parrot Shaft è piombato su questa Cattedrale, ha ucciso il mio buon parrocchiano Matt, ferito due Paladini ed è volato via come se nulla fosse.
Mi guardo intorno, tremando all'idea di incrociare il suo sguardo assassino, con la mano stretta sul becco di un alambicco, come patetico strumento di difesa.
Ma gli occhi che incrocio non sono umani. Sono gli occhi rotondi e fissi di un gufo, che mi osserva attraverso il vetro della finestra.
Respiro, poi osservo meglio l'animale. E' un grosso esemplare di gufo reale, giovane ma già ben sviluppato. Le sue piume cangianti splendono nella penombra, la sua espressione è corrucciata, il becco sembra quasi azzurro.
"Benvenuto" mormoro con sollievo. Deve aver scelto questa torre come la sua tana. "Benvenuto, Gufo".
Continua a fissarmi, cerco di tornare al lavoro ma il peso del suo sguardo mi distrae.
Dicono che i gufi portino bene.
Sciocche superstizioni popolari, ma se dicessi in giro che un gufo mi ha fatto visita, stanotte, mi sentirei dire che è buon segno. Buon segno?
Mi direbbero che è il segnale che finalmente il vento sta cambiando, in questa sventurata città, e che l'arrivo di questo gufo, unito al lieto evento che domattina sarà annunciato durante la funzione, rappresentano la ritrovata benevolenza degli Dei.
Domani dovrò invitare i fedeli a pregare per Lady Carmen, che è stata benedetta dagli Dei con un'insperata gravidanza. L'annuncio ufficiale dell'evento sarà fatto dal Barone in persona, che finalmente può sperare in un erede della sua stirpe. Quando ho celebrato, questo autunno, il matrimonio tra Lady Carmen e il cagionevole Lord Rostand, onestamente non credevo che l'unione sarebbe stata feconda. Il figlio del Barone è gravemente ammalato, le sue condizioni sono molto instabili, e dopo lo scandalo che ha colpito sua sorella Lady Emmanuelle molti pensavano che la famiglia dei Beart si sarebbe estinta. Ma non sarà così. E' tempo per una nuova generazione.
Una buona notizia, finalmente. Una buona notizia dopo tante notizie terribili.
Eppure non mi sento tranquillo.
I gufi portano bene, ma il loro sguardo è inquietante. E Lady Carmen in dolce attesa è una benedizione per la Baronia, ma non riesco a gioirne con sincerità.
Con un solenne battito di ali, il gufo vola via dalla torre. Lo seguo con lo sguardo, avvicinandomi alla finestra, la sua sagoma nera scompare, poi riappare per un istante eclissando uno dei fuochi del castello, e svanisce ancora.
Che Pyros ci protegga.
Anche stanotte, come molte altre notti, mi trovo qui, con la sola compagnia del mio vecchio gatto Anacleto.
Sotto di me Laon dorme, le luci sono quasi tutte spente, e scorgo nella distanza i fuochi sulle mura del Castello del Barone. Sono quasi due anni ormai, dai fatti delle grotte, che ogni notte le mura del castello sono illuminate dai fuochi.
Mi piace il silenzio della notte, la solitudine agevola la concentrazione.
Eppure improvvisamente mi sento osservato da uno sguardo penetrante.
Il primo sentimento che provo è la paura. Paura istintiva, legata ai ricordi di quest'estate, quando quell'uomo che abbiamo imparato a chiamare Parrot Shaft è piombato su questa Cattedrale, ha ucciso il mio buon parrocchiano Matt, ferito due Paladini ed è volato via come se nulla fosse.
Mi guardo intorno, tremando all'idea di incrociare il suo sguardo assassino, con la mano stretta sul becco di un alambicco, come patetico strumento di difesa.
Ma gli occhi che incrocio non sono umani. Sono gli occhi rotondi e fissi di un gufo, che mi osserva attraverso il vetro della finestra.
Respiro, poi osservo meglio l'animale. E' un grosso esemplare di gufo reale, giovane ma già ben sviluppato. Le sue piume cangianti splendono nella penombra, la sua espressione è corrucciata, il becco sembra quasi azzurro.
"Benvenuto" mormoro con sollievo. Deve aver scelto questa torre come la sua tana. "Benvenuto, Gufo".
Continua a fissarmi, cerco di tornare al lavoro ma il peso del suo sguardo mi distrae.
Dicono che i gufi portino bene.
Sciocche superstizioni popolari, ma se dicessi in giro che un gufo mi ha fatto visita, stanotte, mi sentirei dire che è buon segno. Buon segno?
Mi direbbero che è il segnale che finalmente il vento sta cambiando, in questa sventurata città, e che l'arrivo di questo gufo, unito al lieto evento che domattina sarà annunciato durante la funzione, rappresentano la ritrovata benevolenza degli Dei.
Domani dovrò invitare i fedeli a pregare per Lady Carmen, che è stata benedetta dagli Dei con un'insperata gravidanza. L'annuncio ufficiale dell'evento sarà fatto dal Barone in persona, che finalmente può sperare in un erede della sua stirpe. Quando ho celebrato, questo autunno, il matrimonio tra Lady Carmen e il cagionevole Lord Rostand, onestamente non credevo che l'unione sarebbe stata feconda. Il figlio del Barone è gravemente ammalato, le sue condizioni sono molto instabili, e dopo lo scandalo che ha colpito sua sorella Lady Emmanuelle molti pensavano che la famiglia dei Beart si sarebbe estinta. Ma non sarà così. E' tempo per una nuova generazione.
Una buona notizia, finalmente. Una buona notizia dopo tante notizie terribili.
Eppure non mi sento tranquillo.
I gufi portano bene, ma il loro sguardo è inquietante. E Lady Carmen in dolce attesa è una benedizione per la Baronia, ma non riesco a gioirne con sincerità.
Con un solenne battito di ali, il gufo vola via dalla torre. Lo seguo con lo sguardo, avvicinandomi alla finestra, la sua sagoma nera scompare, poi riappare per un istante eclissando uno dei fuochi del castello, e svanisce ancora.
Che Pyros ci protegga.
23 gennaio 518
Mercoledì 4 Febbraio 2009
... ancora niente.
Sono passate più di due settimane da quando è stato ritrovato il corpo di quella fanciulla a cui hanno strappato il cuore. Due settimane di ricerche a tappeto, indagini, interrogatori. E non è emerso proprio un bel niente.
Sembra che l'assassino si sia volatilizzato.
Non ho visto il corpo della vittima, ma mi hanno descritto l'atrocità del delitto. Non posso accettare che un mostro capace di commettere qualcosa di simile sia ancora libero, in circolazione... chissà, forse è persino rimasto nei paraggi.
Ho parlato a lungo con Sir Navon, il promesso sposo della vittima. Lo avevo conosciuto in passato, quando aveva la fama di libertino e scavezzacollo... Adesso è un uomo che vive con dignità il suo tremendo dolore, senza lamentarsi o disperarsi. Si legge tuttavia nei suoi occhi la profondità del lutto che lo ha colpito, l'irrimediabilità, la... "disperazione".
Ho parlato con lui per raccogliere la sua testimonianza, per cercare di capire se c'è qualche dettaglio, magari minimo, a cui lui possa lì per lì non aver fatto caso, ma che magari si potrebbe rivelare utile per le indagini.... niente, niente di niente.
Tanto che ormai il Capitano inizia a perdere le speranze che il colpevole venga mai preso, e dedica sempre meno risorse alle sue ricerche.
Questa terribile storia mi ricorda quanto accaduto la scorsa estate, la morte così orribile di Nikel, quella povera bambina. Probabilmente la mano non è la stessa, per molte ragioni penso siano due assassini diversi. Tuttavia gli elementi di somiglianza tra i due delitti ci sono, eccome.
La crudeltà, le sevizie, la giovinezza e l'innocenza delle vittime prescelte. La strana... ritualità con cui in un caso la povera Nickel è stata dissanguata, e nell'altro Ludmilla è stata privata del cuore.
Mamma mia.
A volte penso che la vita sia davvero troppo breve e fugace, che la felicità sia così fragile che è davvero un delitto, un sacrilegio davanti agli Dei, non cercare di realizzare i nostri sogni, finchè è possibile.
Sono passati molti mesi da quando Desiree è partita.
In questi mesi ho lavorato duro, mi sono rimboccato le maniche, ho anche fatto un po' carriera, qui all'interno della Guardia, e le mie prospettive per l'avvenire sono buone.
Eppure la sera, quando torno a casa, e nelle lunghe notti di servizio, non faccio altro che pensare a lei. Ripenso a quell'unico meraviglioso bacio che ci siamo scambiati. Alla sensazione, così impossibile da descrivere, di averla vicina, di respirare il suo profumo.
Non sarò mai uno "abbastanza forte", temo. Sono fragile, fragile e indifeso davanti a lei. Posso essere temuto e rispettato da tutti, promosso nella Guardia, posso diventare "importante"... ma se penso a Desiree mi manca il fiato, mi mancano le parole, non esiste nient'altro che quel momento.
Chissà dove sarà, adesso. Se è ancora legata a quel gigante dall'aria truce e un po' stupida; chissà se, ogni tanto, pensa ancora a me.
Sembra che l'assassino si sia volatilizzato.
Non ho visto il corpo della vittima, ma mi hanno descritto l'atrocità del delitto. Non posso accettare che un mostro capace di commettere qualcosa di simile sia ancora libero, in circolazione... chissà, forse è persino rimasto nei paraggi.
Ho parlato a lungo con Sir Navon, il promesso sposo della vittima. Lo avevo conosciuto in passato, quando aveva la fama di libertino e scavezzacollo... Adesso è un uomo che vive con dignità il suo tremendo dolore, senza lamentarsi o disperarsi. Si legge tuttavia nei suoi occhi la profondità del lutto che lo ha colpito, l'irrimediabilità, la... "disperazione".
Ho parlato con lui per raccogliere la sua testimonianza, per cercare di capire se c'è qualche dettaglio, magari minimo, a cui lui possa lì per lì non aver fatto caso, ma che magari si potrebbe rivelare utile per le indagini.... niente, niente di niente.
Tanto che ormai il Capitano inizia a perdere le speranze che il colpevole venga mai preso, e dedica sempre meno risorse alle sue ricerche.
Questa terribile storia mi ricorda quanto accaduto la scorsa estate, la morte così orribile di Nikel, quella povera bambina. Probabilmente la mano non è la stessa, per molte ragioni penso siano due assassini diversi. Tuttavia gli elementi di somiglianza tra i due delitti ci sono, eccome.
La crudeltà, le sevizie, la giovinezza e l'innocenza delle vittime prescelte. La strana... ritualità con cui in un caso la povera Nickel è stata dissanguata, e nell'altro Ludmilla è stata privata del cuore.
Mamma mia.
A volte penso che la vita sia davvero troppo breve e fugace, che la felicità sia così fragile che è davvero un delitto, un sacrilegio davanti agli Dei, non cercare di realizzare i nostri sogni, finchè è possibile.
Sono passati molti mesi da quando Desiree è partita.
In questi mesi ho lavorato duro, mi sono rimboccato le maniche, ho anche fatto un po' carriera, qui all'interno della Guardia, e le mie prospettive per l'avvenire sono buone.
Eppure la sera, quando torno a casa, e nelle lunghe notti di servizio, non faccio altro che pensare a lei. Ripenso a quell'unico meraviglioso bacio che ci siamo scambiati. Alla sensazione, così impossibile da descrivere, di averla vicina, di respirare il suo profumo.
Non sarò mai uno "abbastanza forte", temo. Sono fragile, fragile e indifeso davanti a lei. Posso essere temuto e rispettato da tutti, promosso nella Guardia, posso diventare "importante"... ma se penso a Desiree mi manca il fiato, mi mancano le parole, non esiste nient'altro che quel momento.
Chissà dove sarà, adesso. Se è ancora legata a quel gigante dall'aria truce e un po' stupida; chissà se, ogni tanto, pensa ancora a me.
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