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10 settembre 517
Martedì 9 Maggio 2017
Sibh Céile, Muid Cèile!
Ancora nebbia bianca. Ultima volta che vista, noi lasciata stare: Judoc avvertito che male e noi dato retta. Ora noi vede e non lascia stare, anzi cammina vicino, molto vicino: silenzio e punta di piedi, come bambini che giocano a non incazzare lupo. Problema è che lupo prima o poi incazza. Quando? Judoc sembra pensare presto: suoi occhi cercano intorno, sue mani stringono già talismani di fuoco. Mia gamba spera lui sbaglia: purtroppo capita poco. Mio braccio spera lui ragione: sconfitta con Ymir brucia ancora e riempie mio cuore di brame di scontri gloriosi.
Anche mio sguardo rapito dal bianco e da cosa nasconde. Frammenti di ombre perdute vagano dentro con passo di uomini ciechi: fame li spinge verso cibo... verso noi. Conosciamo questo malanno, affligge anche altrove. Galàr na Duiseàcht. Queste terre sembrano molto funestate, ormai molto difficile estirpare. Dobbiamo capire anche noi prima che troppo tardi anche per nostre terre. Nessuna cura sembra funzionare... Solo taglio testa: la mia specialità. Falcate strette in pugno, preparo me stesso a battaglia che viene. Miei uomini pochi ma buoni: pirati, mercanti e mercenari. Non è prima volta che vendiamo nostra pelle e non sarà ultima. Niente paura di morire, niente voglia di tornare a casa con mani vuote.
Anche pattuglia soldati granduca sembrano validi e preparati: guerrieri, cerusici, erboristi. Loro dice che non è soldati ma io non crede. Non importa: obiettivo comune ci rende alleati. Judoc dice che femmina bionda ha giorni contati: sangue di demone, destino spacciato. Lui non si fida, teme tradimento. Io vedo rabbia negli occhi e passione nel cuore: entrambi vorremmo vedere meglio. Auguro morte gloriosa in battaglia, così nessuno saprà. Donna castana è maga e guerriera come Judoc: magia molto utile contro Dùiseacht. Bella e elegante, chissà se anche brava... presto vedere meglio anche lei. Cerusico con bastone disprezza Judoc: importante sopportare, nostro viaggio non è missione di conquista. Ricambieremo disprezzo dopo ultimo Duiseàcht. Cerusico con spada appuntita vuole parlare, ma non è ancora momento: prima Skogen, poi parlare.
Morrigan, rimanda tua visita a dopo rivincita Ymir. Voglio vedere terre e città oltre Skogen, dice che lì sanno come per non essere morsi. Voglio vedere la Mantide.
E' tempo diradare questa nebbia. Stringete armi in pugno, guerrieri di Ilsanora! Affianchiamo i soldati granduca e riempiamo loro orecchie con scairt di battaglia Mobogiòn: Sibh Céile, Muid Cèile!
26 agosto 517
Giovedì 26 Gennaio 2017
Ritorno a Casa
Così finisce, dunque. Tredici giorni per ricostruire cosa è successo, attribuire le responsabilità, stabilire le pene ed emettere la sentenza, per poi lasciare il campo al boia. Il risultato di tutto questo oscilla senza vita di fronte a me. E' notte, ad Angvard. Il coprifuoco proibisce a tutti di vedere questo spettacolo, con la sola eccezione di quanti ricoprono un ruolo attivo nei reparti militari della città.
Il capitano Alman è stato tra gli ultimi ad andarsene. Mi ha consigliato di venire via con lui, risparmiandomi la vista ulteriore di questa ennesima, incomprensibile sconfitta. Vorrei poterlo fare: vorrei poter muovere queste gambe, che giacciono impietrite come e più del braccio di legno che le unghie della mano destra tormentano invano da ore. La verità è che non posso muovermi. Non posso far altro che restare qui a guardare questa amara rappresentazione della giustizia di Dytros, una sagoma indistinta di una persona che credevo di conoscere e che adesso non esiste più.
Cosa ti hanno fatto, esattamente? Quale oscuro potere è stato capace di spingerti fino al punto di cospirare contro i tuoi compagni? Hai scelto di non dirlo, neppure sotto tortura. Il capitano Alman è convinto che tu fossi una spia sin dall'inizio. Questo significa che ci hai sempre presi in giro? Che i soldati che hai affrontato e ucciso insieme a noi erano tuoi alleati? No, io non lo credo. Non posso credere che i momenti che abbiamo condiviso per mesi fossero artefatti. Questa ipotesi non ha alcun senso: la verità, quale che sia, sprofonderà insieme a te negli abissi della fossa riservata ai traditori.
Durante il processo i magistrati hanno ricostruito almeno tre momenti distinti in cui ti saresti recato a Ghaan. Mi chiedo se in quei viaggi tu abbia davvero incontrato Nico o se si sia trattato soltanto dell'ennesimo imbroglio crudele volto a sovvertire la mia lucidità. Se così fosse, le spie sin dall'inizio sarebbero addirittura due. Impossibile. Non tu, men che meno lui. C'è qualcosa che non abbiamo capito, che ancora non sappiamo: qualcosa di terribile e disumano che ha il potere di sopprimere il nostro arbitrio lasciandoci in vita, come e più della Morte che Cammina. E' questo che ti è successo, Daryl? E' questo quello che è successo a Nico? Se così fosse, la morte che hai trovato oggi non ha alcun significato: chissà da quanto tempo non eri più dentro quel corpo. Chissà quando sei morto davvero: a Ghaan, probabilmente, magari insieme ad altri che ora camminano in mezzo a noi.
Chissà quando siete morti. Chissà chi è stato a uccidervi e come ha fatto.
Ebbene, se è davvero così, sappiate che io lo scoprirò. Anche io, come voi, sono stata a Ghaan e fatta a pezzi: ma gli Dei mi hanno concesso di restare in vita e, nonostante tutto, certa di essere ancora me stessa. Per questo vi lascerò battere nel mio cuore: vi chiedo di darmi la vostra fiducia e la vostra forza, di assistermi nel compimento di questa ricerca: prometto a quel che un tempo eravate che non mi fermerò, fino al giorno in cui troverò la luce o fino a quando questa non cadrà per sempre dai miei occhi. Possa l'ombra di ciò che eravate accompagnarmi in questa missione, possa il vostro ricordo agitare il sangue che ancora scorre nelle mie vene.
Da domani non sarò più un soldato di Angvard. La mia scelta non ha destato alcuno stupore: al di là dell'esito del processo la mia presenza è diventata fonte di imbarazzo per l'esercito, per Lord David e per Lady Yara. Ho pensato che fosse meglio farmi da parte, uscire di scena per qualche tempo. Svolgerò le mie ricerche da sola, senza gravare ulteriormente sulle spalle di questa città. Alcuni giorni fa ho chiesto di parlare con il Tenente Vonner dell'esercito di Uryen. Ho saputo che sono alla ricerca di un volontario per uno strano esperimento che stanno preparando insieme a uno Stregone che lavora con loro, collegato in qualche modo agli esiti della loro ultima impresa. Si tratta di una ricerca molto rischiosa, il cui successo potrebbe cambiare le sorti della guerra. Ho pensato che andare a Uryen potesse essere una buona soluzione: sono più avanti di noi nell'osservazione e nell'analisi di questi fenomeni, oltre ad essere soldati coraggiosi e validi alleati.
Poi Lady Yara è venuta a trovarmi. Mi ha abbracciata forte, tenendomi stretta e lasciandomi sfogare, quindi mi ha chiesto di restare ad Angvard con lei: non più come soldato, ma come sua compagna d'armi. La sua richiesta è stata come una stretta al cuore. Come posso accettare nelle condizioni in cui mi trovo ora? Non c'è alcuna possibilità che io sia meritevole di cotanta fiducia. Non sono che l'ombra di ciò che ero, di ciò che lei ricorda: un riflesso diafano e menomato costretto a stordirsi per chiudere gli occhi, che non è neppure in grado di ricambiare il suo abbraccio.
Eppure, so che devo farlo. Se Yara ha deciso di credere in me in un momento come questo non posso deluderla, non di nuovo. Non so come potrò credere ancora in me stessa e nelle mie capacità, ma se lei sente di poter ancora riporre in me la sua fiducia significa che devo costringermi a farlo, perché non vi è alcuna possibilità che il suo giudizio possa essere in errore. Accetterò dunque il suo invito, consapevole di tutti i miei limiti oggi come allora, impegnandomi a fondo per rendermi degna di poter varcare nuovamente la soglia del tempio da cui mi sono allontanata molti anni fa. Il tenente Vonner sarà sollevato, non era a suo agio al pensiero di aver dato a un soldato appartenente a un altro esercito l'idea di sottoporsi a una procedura potenzialmente mortale. Resterò ad Angvard, orientando le mie ricerche a partire da qui. Non sarà facile, eppure so che è la cosa giusta da fare. L'unica cosa da fare. Il solo modo che realmente mi resta per far sì che la morte delle vostre coscienze non sia stata vana, per rendere rendere giustizia al vostro ricordo fino a quando la luce non cadrà per sempre dai miei occhi.
Possa l'ombra di ciò che eravate accompagnarmi in questa missione, possa il vostro ricordo agitare il sangue che ancora scorre nelle mie vene.
12 agosto 517
Martedì 16 Agosto 2016
Un giorno prima dell'Apocalisse
Da questo lato del Traunne non mi riesce proprio di dormire. Non appena chiudo gli occhi rivivo l'ansia e l'orrore di quella notte trascorsa nella cripta, un ricordo da incubo di cui probabilmente non mi libererò mai.
Accadde l'anno scorso, all'inizio di maggio, subito dopo la missione al cimitero di Cantor. Il plotone che mi accompagnava fu intercettato da un gruppo di soldati, che poi si rivelarono essere degli alleati: in quel momento non potevamo saperlo, però.
Ricorda, Alyster: questa è una guerra degli uomini. E' da loro che dovrai guardarti più di ogni altra cosa.
Le parole di padre Valon non mi lasciavano scelta: non potevo rischiare che le prove raccolte nella cripta ci venissero sottratte da una pattuglia di soldati di Acab o di Ghaan, così presi la decisione di sparire. Ricordo il rumore dei miei passi sull'erba, il buio assoluto di quella notte priva di luna. Correvo nell'oscurità, avvolto dalle tenebre, il coltello e la pergamena staccati dal muro di quella cripta maledetta stretti nelle mani. Quel luogo era pieno di Risvegliati: ne avevamo incontrati diversi, al cimitero. Si erano palesati all'inizio del rituale, per poi inseguirci fuori.
All'epoca non ne sapevamo ancora molto: non io, almeno. Non avevo idea del ruolo delle creature note come Res Informia che trovammo in quella cripta, né di come poter definire quell'abietto simulacro di resurrezione della carne: una maledizione oppure una malattia? Ricordo però che di due cose ero assolutamente certo: che la notte fosse il loro elemento, e che di lì a poco mi avrebbero raggiunto. Mi sembrava di sentirli, mentre correvo: lenti ma inesorabili, pronti ad attendere il momento in cui sarei crollato a terra, esausto e incapace di muovere un altro muscolo.
La guerra degli uomini. Non sono in grado di comprenderla oggi, quella frase, figuriamoci allora. Quando caddi tra le foglie, consapevole di essere circondato, ricordo di aver dubitato di quelle parole. Come poteva Padre Valon affermare una cosa del genere, se la terra che dovevamo riconquistare brulicava di creature immonde? Che senso poteva avere incrociare le armi tra stendardi diversi, fino a quando fossero esistiti quegli esseri rabbiosi? In quel momento mi sentivo spacciato, eppure non volevo che quelli fossero i miei ultimi pensieri. Con la forza della disperazione riuscii a rialzarmi, rimettermi in piedi e ricominciare a correre.
Percorsi cento, forse duecento passi prima che il terreno venisse nuovamente a mancarmi sotto i piedi: stavolta però non era una radice, ma una vera e propria buca nel terreno. Ricordo la sensazione di terrore assoluto durante la caduta, l'attesa interminabile dell'impatto, la paura di rompermi le gambe, lo spettro di una morte lenta nelle profondità del suolo. Il dolore forte e improvviso in conseguenza della caduta, quindi la sensazione di annegare in una pozza di fango dall'odore nauseabondo. Ricordo, più di ogni altra cosa, la tentazione fortissima di restare con la testa sotto, nella disperata ricerca di un destino migliore di quello che mi sarebbe toccato di lì a poco: assistere impotente al risveglio dei mucchi di ossa secolari che con tutta probabilità mi circondavano, per poi diventare il primo pasto della loro nuova non-vita.
Ancora una volta fu la forza della disperazione ad avere la meglio sulle mie paure. Il buio pesto che mi aveva inghiottito era circondato da pareti di pietra che, al tatto, sembravano di chiara fattura umana. La cripta c'era, i cadaveri no. O forse si, ma il morbo non era ancora giunto ad infettarli. Rimasi lì per molte ore, nella speranza che il fango che mi ricopriva riuscisse in qualche modo a nascondere il mio odore. Potevo sentire i loro rantoli, sopra di me: instancabili predatori alla ricerca di una preda fuggita chissà dove.
Se ne andarono soltanto dopo molte ore, poco prima dell'alba. Non so come, trovai le forze per emergere da quella tomba e trascinarmi fino al molo. Fu lì che, dopo una attesa interminabile, venni soccorso da Jebediah e dalla sua barca a remi. Ero salvo. La missione era salva. Pyros aveva protetto la mia prima notte al di là del fiume.
"Alyster, il tenente vuole vederti".
La voce di Robyn mi riporta al presente. Sono di nuovo qui, a non molta distanza dal luogo di quell'incubo e in procinto di scendere in un'altra tomba. Mancano poche ore all'inizio dell'ultima fase dell'operazione. La mia giovane attendente mi guarda, i suoi occhi azzurri risplendono alla luce della lanterna. Preferirei che non dormisse così vicina alla mia tenda: un atteggiamento più formale aiuterebbe a tenere le distanze, semplificando un pò le cose. Ma le cose non sono mai semplici, da queste parti. Nel ringraziarla, le suggerisco di dormire un pò: queste ultime ore saranno le peggiori. La saluto ed esco dalla tenda, dove mi attende il soldato scelto che è venuto a condurmi verso la tenda di Ramsey. La tempesta sembra essersi chetata, lasciando dietro di sé un'aria irrespirabile e carica di umidità.
Non fidarti di lei, Alyster. Per quanto ne sappiamo potrebbe essere una spia di Ghaan o di qualche pezzo grosso di Greyhaven interessato a capire bene cosa sta succedendo qui. Falla sentire a casa, ma ricorda a te stesso che è un ospite. Lascia che si avvicini a te, ma non avanzare di un passo verso di lei: studia ogni sua mossa, guarda dentro il suo fuoco e fai tesoro di quello che vedi.
Le parole di Padre Valon tradiscono l'esperienza del soldato veterano, uno che di guerre degli uomini ne ha combattute parecchie. Se questa ragazza è davvero una volpe, ha scelto il pollaio sbagliato. Io non devo far altro che mettere in pratica le istruzioni del prevosto e dar seguito alle sue strategie, fino a quando le indagini che sta facendo fare sul suo conto non porteranno qualche certezza. Spero che si sbagli, lo confesso: in questo momento non abbiamo certo bisogno di altri nemici o traditori. No, non è solo questo. Robyn è la prima veste bianca che mi è stata assegnata, una delle poche ad aver risposto al grido di dolore di queste terre martoriate: è una ragazza intelligente ed una buona osservatrice... è troppo sperare che possa essere davvero dalla nostra parte?
Ramsey è in piedi di fronte al tavolo, affiancato dal soldato a comando del plotone 12. Di fronte a loro c'è una grande mappa della collina ricoperta da chicchi di grano disposti in maniera regolare. Una grande X marca uno dei punti d'accesso aperti negli ultimi giorni.
Ramsey la indica, poi mi guarda. "Ci caleremo da qui. Obiezioni?"
Nessuna: è perfetta. Se la struttura del cimitero è la stessa di Cantor, è una delle entrate più vicine al nostro obiettivo tra quelle a disposizione. Osservo le altre, cercando di capire quale sarà quella che utilizzeremo per uscire. Ramsey segue il mio sguardo, poi sposta il dito al centro della collina. "Noi non usciremo: stando a quello che dice Joden, quando avremo finito sarà più sicuro restare dentro". Joden annuisce, con l'aria di chi non ha dubbi. Sapere che "dentro" ci sarà anche lui mi tranquillizza: al tempo stesso, l'idea di restare nuovamente intrappolato all'interno di una cripta sotterranea mi fa gelare il sangue nelle vene.
"La pioggia non ci aiuterà, vero?" E' una domanda stupida, ma ho bisogno di cambiare discorso. Ramsey scuote la testa: "Se piove siamo disarmati, quindi non se ne fa nulla". Poi mi guarda. "Ora non metterti a pregare che ricominci, però", aggiunge con un mezzo sorriso. Annuisco, ricambiando il sorriso. E' così evidente la mia paura? Per uno come Ramsey immagino di si. Non preoccupatevi, tenente: non ho intenzione di rinunciare a questo obiettivo, né potrei immaginare un giorno migliore di domani.
Altri soldati ci raggiungono di lì a poco, per discutere dei vari aspetti di quella parte del piano che ci compete: la maggior parte sono di Uryen, qualcuno fa parte dello squadrone di Greyhaven. Il caporale Jaeger mi batte la sua poderosa mano sulla schiena: "come sono andati i lavori, reverendo? E' pronta a cantare, questa campana?"
E' pronta, si. Montarla a quel modo non è stato facile, ma avevamo il migliore carpentiere del Corno del Tramonto a darci una mano. Parlare con Garruk mi dà forza, mi aiuta a sentirmi parte del gruppo... ma soprattuto rende meno insopportabile l'attesa: lui lo capisce e mi fa altre domande, fino al momento in cui veniamo tutti congedati. Uscendo dalla tenda, mi allunga una fiasca: "vuoi un sorso? E' roba buona, vino degli elfi: ne ho due botti piene nascoste al porto, non fare complimenti". Declino garbatamente l'offerta, spiegandogli in due parole la Regola di Kayah. "Cazzo, che inculat... voglio dire, che fregatura: v'ha tirato un pacco mica da niente, questa Kayah". Alzo le spalle.
"Ma quindi, manco con..." e indica in direzione della mia tenda. Scuoto la testa: macché. Anzi, con lei vale doppio, gli dico. Mi guarda con aria delusa, poi mi butta quasi a terra con un'altra pacca sulla spalla. "Bella lì, reverendo: dai, che tra poco li facciamo neri". Poi si allontana, trangugiando quel che resta nella fiasca.
Torno alla mia tenda, immerso nei pensieri. Quando sento le prime gocce di pioggia vengo invaso a tradimento da una sensazione di sollievo che mi fa vergognare profondamente. Robyn è lì ad aspettarmi, con la veste bianca imperlata delle prime gocce.
"Non dovevi aspettare qui", le dico con espressione seria.
"Tanto non sarei riuscita a prendere sonno". I suoi occhi brillano alla luce della lanterna, indecifrabili. Fa per aggiungere qualcos'altro, ma si ferma subito.
Per un attimo scende il silenzio, mentre la pioggia continua a farsi beffe di noi.
"Vai a dormire, Robyn: è un ordine". Lei abbassa il capo e si congeda. Con lei vale doppio, ripeto a me stesso mentre mi passa di fianco.
Queste ultime ore saranno le peggiori.
11 agosto 517
Venerdì 12 Agosto 2016
Due giorni prima dell'Apocalisse
Il vento si sta alzando, portando con sé il rumore indistinto di un tuono lontano. Se continua così, tra non molto sentirò le prime gocce. Mio padre lo aveva detto che oggi avrebbe piovuto, quando ancora c'era un sole che spaccava le pietre: su queste cose non sbaglia mai.
I giorni pari mi viene da chiedermi perché l'ho fatto. Al porto di Lagos le cose stavano filando alla grande: nessuno sospettava nulla, neppure Marino. Ancora poche settimane e avrebbero fatto il colpo, dopodiché me ne sarei andata con la cassa e tanti saluti. Non sarebbe neanche stato un vero crimine, in fondo: rubare ai ladri che rubano ai ladri che hanno rubato ai ladri. Una catena talmente lunga da far dimenticare a tutti di chi fossero, quei soldi. Avevo anche deciso cosa farci, con quel gruzzolo: metà a mia sorella, il resto per un lasciapassare e un posto su una carovana diretta ad Amer. Dicono che sia pieno di nani, da quelle parti... tanto meglio. Mi stanno simpatici, quei covoni di barba: mi fanno sentire alta.
Invece, come sempre, ho lasciato tutto a metà. Chissà se lo hanno fatto lo stesso, il colpo: ne dubito, ma non si sa mai. La roba che avevo rimediato non si trova facilmente, con la morìa di erbaioli che c'è stata... di certo non possono comprarla alla bottega di Meera. Conoscendo Marino e i suoi compari, sarà andato tutto a puttane: letteralmente.
I giorni pari ci ripenso e a tratti mi sembra persino che fosse un buon piano. O forse no, non lo era, ma sempre meglio che aspettare la morte a Lagos, a Uryen... o qui, ai piedi di questa collina al di là del Traunne. Mi chiedo perché ho scelto di restare, come i tanti che mi circondano e che ogni giorno si fanno il mazzo intorno a me, insieme a me. Padre Valon e Padre Alyster dicono che lo stiamo facendo per una causa più grande di noi tutti, ma in fondo lo so che è una cazzata: il vento della fede non soffia granché, da queste parti... E' a malapena sufficiente per alimentare le due fiammelle di Pyros che mi stanno venendo incontro: premurose come sono, vorranno di certo chiedermi se ho bisogno di qualcosa.
"Lady Astor, avete bisogno di qualcosa?"
Lady Astor suona proprio bene, non penso che mi stancherò mai di sentirlo. Scuoto la testa, mentre continuo a preparare il cataplasma. "No May, ti ringrazio". Annuiscono entrambe, poi restano in piedi ad osservarmi. Sono due tipe molto diverse, ma hanno entrambe un gran bel viso: chissà se le scelgono fighe apposta, per far venire voglia di entrare in chiesa.
No, non c'è nessuna grande causa a spingerci a restare. Se siamo ancora qui, se lottiamo per restare ancora qui, è perché queste lande, queste colline, queste montagne coperte di nebbia sono la nostra casa. Il che è buffo, perché siamo in pochi ad essere nati qui: la maggior parte dei soldati di Uryen viene da sud o da est, per non parlare di quelli di Dossler o di Greyhaven. Veniamo da mondi diversi, ciascuno con le sue regole, credenze e tradizioni: e anche se bene o male parliamo la stessa lingua, a volte facciamo fatica a capirci. Eppure, l'assurdità di quello che sta accadendo è talmente distante da ciascuna delle nostre realtà da renderci tutti vicini, fratelli, alleati: no, più che semplici alleati... compagni d'armi, disposti a tutto pur di difendere quello che è nostro.
Finisco il lavoro, poi passo al prossimo. Mio padre mi ha detto di farne parecchi, a quanto pare si aspetta diverse decine di gambe rotte, storte e lussazioni. Le paladine mi guardano prepararne un altro paio, poi tornano a lavorare ai loro preparati. Anche loro, a quanto pare, sono più brave con il mortaio e il pestello che con la spada. Soprattutto June, quella più silenziosa, mi sembra avere un certo talento con gli unguenti, gli infusi e le erbe in generale.
E' probabile che entrambe abbiano visto e toccato più piante di me: a Greyhaven gliele portano col carro, qui ce le dobbiamo andare a cercare una foglia per volta sotto chili di neve o sopra quintali di letame. Chissà come se la caveranno quando toccherà usare tutto questo ben di dio sulla pelle dei malcapitati che ne avranno bisogno: suppongo che quello sia un paio di maniche che non capita di indossare spesso nella Contea capitale. Eppure sono qui, pronte a dare il loro contributo. Il loro mantello risplende dei colori di Pyros, il dio del coraggio e del sole: se la pioggia dà fastidio a me, figuriamoci a loro.
Il maestro paladino che le accompagna mi sembra un tipo in gamba: non le perde mai di vista, di certo ha il compito di proteggerle. Parla poco, ma riesce comunque a dare una sensazione rassicurante. Chissà se si conoscevano da prima o si sono incontrati per la prima volta da queste parti.
Chissà quanti funerali dovranno celebrare.
Sollevo gli occhi in direzione della collina: mi chiedo quanti di quei soldati moriranno. Sono lì da prima che arrivassimo e lavorano senza sosta. Cosa staranno facendo? Da questa distanza non si vede molto, solo qualche bandiera di Uryen e Greyhaven che sventola al soffiare del vento del Nord.
Nessuno sa bene quale sia il piano, ogni unità conosce solo lo stretto necessario per fare la sua parte. La nostra, guidata da mio padre, si occuperà di assistere i feriti, avere pietà dei morti e recuperare i dispersi: la prima attività mi è congeniale, le altre due molto meno. Ma i dubbi che mi attanagliano sono altri: se a un terzo delle nostre forze è stato dato il compito di svolgere queste mansioni, cosa attende gli altri due? Non lo so. Ho un cattivo presentimento. I giorni pari, quei giorni a volte vorrei davvero essere altrove. Ma oggi è un giorno dispari, ed è qui che voglio stare: insieme ai miei compagni d'armi, per una casa più grande di noi tutti. La nostra casa.
I nembi grigi si addensano all'orizzonte, implacabili. Mio padre l'aveva detto, che stanotte avrebbe piovuto.
Vedrai che funzionerà, Astor. Deve funzionare.
Speriamo che vada tutto bene.
14 luglio 517
Mercoledì 27 Aprile 2016
La Tomba della Regina
1. Disobbedienza
Gli artigli della creatura aggrappata al mio scudo stritolano il legno, il suo alito di morte è sempre più vicino. Spinge... Dei, come spinge forte. Reggo l'impatto, ma i miei stivali scivolano all'indietro, sul muschio. Non sono abbastanza pesante per respingerlo, non per molto.
"Tieni duro!" è Callum, sta arrivando. Stringo i denti, mentre il suono del mio scudo che si spacca riempie la galleria. O forse sono io che sto gridando?
Callum mi spinge di lato, frapponendo il suo scudo tra me e la creatura. Non abbastanza in fretta. Sento un artiglio sulla pelle, l'armatura che si sfilaccia, il dolore.
La paura.
Callum sostiene la botta, libera un varco sul fianco. Non pensare, Ardee: colpisci.
Miro alla testa, è un attimo. Il cranio del Risvegliato si spacca come un melone marcio, inondandoci della sua merda. Chiudo occhi e bocca, sputo a terra, Callum riprende fiato.
"Questa è stata brutta..." commenta, poi si gira, vede il sangue sul mio braccio. "Ti ha colpita?"
"E' solo un graffio", rispondo quasi in automatico.
Lui mi guarda, i suoi occhi severi si posano nei miei per un attimo, poi annuisce.
"Tutto questo si poteva evitare", ecco cosa sta dicendo il suo sguardo. "Tutto questo si poteva evitare, se soltanto tu avessi deciso di rispettare gli ordini".
Ma ho fatto una promessa.
"Non puoi portartela dietro"
Guardo il bambino, esito. "Non puoi trascinarla davanti ai suoi genitori ridotti... a mostri".
Helga siede a testa bassa vicino alla finestra, un raggio di sole illumina la sua pelle magra, i capelli intrecciati, le mani raccolte in grembo.
Ash mi incalza.
"Sai benissimo anche tu che ne morirebbe. E se anche miracolosamente tu riuscissi a trascinarla fuori dalla tomba ancora viva... resterebbe morta dentro. Per sempre". Incontro i suoi occhi lucidi, serissimi. "Diventerebbe... come me".
Silenzio. Ash non accetta una risposta vaga, pretende che gli dia la mia parola.
Ho ricevuto degli ordini precisi al riguardo. Dobbiamo portare la ragazza nel sotterraneo, sfruttare la sua conoscenza del posto per orientarci ed evitare le trappole, i corridoi senza uscita, per trovare la strada verso la stanza del tesoro. Helga deve venire con noi.
"Promettimelo, Ardee".
"Muoviamoci!"
Lex punta la sua luce in avanti, non c'è un momento da perdere. Per adesso il corridoio è sgombro, l'ultimo Risvegliato giace ai nostri piedi in una pozzanghera scivolosa di sangue nero.
Questi Risvegliati sono diversi dagli altri che abbiamo eliminato fuori. Sono rapidi, astuti. Sembra che seguano una loro strategia, sfruttano gli anfratti e i nascondigli di questo Cairn come avessero una mente unica a guidarli. Per non parlare degli artigli, simili a lame, che spuntano da quelle che un tempo dovevano essere mani umane.
Slaccio i brandelli dello scudo, li faccio cadere a terra.
"Lascia andare avanti me", dice Callum. Non è una domanda: annuisco e lo lascio passare.
Il braccio ferito pulsa debolmente, preferisco non pensarci.
La Tomba della Regina è diversa da come me l'aspettassi. Immaginavo una serie di gallerie scavate in una collina: ma questo Cairn è un edificio interamente costruito dall'uomo, arroccato sul fianco della montagna come un tumore. La terra e le pietre che lo ricoprono sono state aggiunte in seguito, per tentare di nasconderlo allo sguardo.
Abbiamo tutti memorizzato i disegni di Helga, ma descrivono di un mondo che non esiste più. Scale, passaggi, corridoi... è tutto cambiato. La roccia stessa, i corridoi si sono trasformati in budelli disordinati e traditori, un labirinto di gallerie.
Helga veniva ogni anno qui sotto a pregare sulle tombe degli antenati, in una tradizionale processione guidata dal sacerdote della Signoria, Padre Octave: l'abbiamo incontrato alcune rampe di scale più in alto, ancora riconoscibile coi paramenti sacri ridotti a brandelli, lo sguardo spento e parte della mandibola spezzata. Gli abbiamo dato la pace che meritava.
"Non puoi trascinarla davanti ai suoi genitori ridotti... a mostri"
Mi consola pensare che neanche Helga si sarebbe saputa orientare, qui sotto. Ed è anche difficie dire chi fossero, in vita, gli altri numerosi Risvegliati che abbiamo abbattuto fin ora. Bastano pochi mesi passati a brancolare nel fango e tra i rovi per nascondere la differenza tra le vesti di un nobile e gli stracci di un contadino. Non parliamo della buona educazione, poi. Volatilizzata.
Soltanto l'oro è rimasto intatto. L'oro e le gemme.
"Accidenti..." mormora Lex, mentre il chiarore sprigionato dalla sua mano fa brillare uno smisurato tesoro.
"Ci siamo", aggiunge Alfred. "Ce l'abbiamo fatta!"
Avanziamo di qualche passo con cautela, guardandoci intorno: silenzio, nessuna traccia di altri mostri. Eppure, in tutte le favole che si rispettino, appollaiato sul tesoro dovrebbe starci il Wyrm.
La stanza è piccola e apparentemente senza nascondigli. Lo scrigno è spalancato, invitante. Non riesco ad immaginare una sola ragione per cui lasciare aperto uno scrigno pieno d'oro e di brillanti, se non per farlo risplendere alla luce magica di Lex. Oppure è una trappola.
Beh, lo scopriremo tra poco...
... perchè adesso devo disobbedire ancora.
2. Ricchezza
"Siamo in cinque", sorride Pete, "non sai mamma come cucina bene".
"Ma le sorelle? Sono ancora nubili?" chiede Alfred col boccale di birra in mano.
"Morella, la minore, sì. Marie si è sposata l'anno scorso. Tra pochi mesi diventeremo zii", aggiunge Jansen.
"E poi c'è Arthur, l'uomo di casa" dice Pete. "Ha dodici anni... e non vede l'ora di partire soldato anche lui".
"E' carina questa Morella?" insiste Alfred.
"Non pensarci nemmeno" ride Pete, "è una ragazza seria!"
"Anche io sono un ragazzo serio!"
Guardo Alfred. Chissà se sta pensando anche lui a quel dialogo. Soltanto un mese fa, al Barile di Amontyl, a Ghaan. Pete e Jensen al nostro tavolo, gli zaini già pronti per partire.
Avrei voluto farlo in segreto, non rendere complici i miei compagni, ma la ferita che ho ricevuto mi obbliga a pensare all'eventualità di non sopravvivere alla notte.
Affondo la mano nello scrigno, raccolgo una manciata indistinta di monete e gioielli e la infilo nel sacchetto di stoffa che ho portato per questo scopo. I miei compagni mi guardano perplessi mentre lo ficco nello zaino.
"Questi li portiamo alla famiglia di Jensen e Pete".
"Ma quando arriveremo a Ghaan saremo perquisiti..." azzarda Alfred.
"Non ci faremo beccare, Alfred. Lo farò io. Ma se le cose dovessero mettersi male... conto su di voi".
Si passano un'occhiata veloce, Callum è il primo ad annuire. "Tranquilla Ardee, glie li porterai tu stessa."
"Sono più tranquilla se mi assicuri che in ogni caso avranno quel che gli spetta."
"D'accordo, sarà fatto."
Molto bene, questione risolta. Pensiamo ai diamanti.
"Lex, sai riconoscere le pietre che ti servono?"
Il Mago annuisce ed inizia a frugare nel baule. "Callum, Alfred, mettetevi di vedetta. Io cerco gli incartamenti"
Accanto al baule del tesoro ci sono un paio di piccoli volumi dalla copertina elaborata, li scorro rapidamente: non mi intendo di araldica ma a occhio dovrebbero essere quel che serve. Li infilo nello zaino. Accanto si trova una scatoletta di legno intarsiato che contiene sigilli, stemmi, roba così.
Sta andando troppo liscia. "Tutto bene lì fuori?" domando.
"Tutto tranq..."
Lo sapevo.
L'impatto del Risvegliato sullo scudo di Callum è talmente violento da farlo arretrare fino all'imboccatura della stanza. Dietro se ne scorgono almeno altri due.
"Molla quei brillanti, Lex, vieni ad aiutarci!" grida Alfred, mentre schiva per un soffio l'artigliata della creatura. E' di quelli cattivi, come l'altro di poco fa.
Non c'è spazio per me all'imboccatura della stanza, la soglia è troppo stretta. Lascio cadere lo zaino e afferro l'arco.
"Ecco la cazzata, Ardee". La voce del Sergente Headstrong mi torna in mente con precisione millimetrica. "Mai, e dico MAI tirare con l'arco quando hai un compagno che ti copre la traiettoria."
Certo, come no.
Tendo la corda, mentre Callum è costretto a chiudersi in difesa e a reggere lo scudo con tutte le forze per non farselo strappare di mano, chiudo l'occhio sinistro e miro.
"Tieni aperti entrambi gli occhi mentre miri, Ardee."
Certo Sergente, come no.
Tendo, scocco. Trattengo il fiato.
L'ho beccato, il bastardo. Uno di meno.
Ma non basta, ce n'è già un altro al suo posto.
"Lex!" grido. Lui fa una cosa che non gli avevo mai visto fare: corre avanti, alle spalle di Callum, stringendo in pugno qualcosa.
"Presto..." ansima Callum, mentre il suo scudo si finisce di spaccare e l'artiglio del Risvegliato gli lambisce la faccia.
Alfred scivola a terra, di lato, con un'altra creatura che gli afferra la gamba. Grida.
Lex allunga la mano sulla spalla di Callum, qualcosa gli scintilla tra le dita.
"Fer-Syr-Cryo!"
Un bagliore bluastro si sprigiona dal suo pugno, una ventata gelida. Callum grida, Alfred grida, anche io sto gridando, con il mio inutile arco stretto ancora in mano.
Il chiarore si dissolve in un attimo, anche la luce magica di Lex è svanita, l'oscurità adesso è totale.
"Credo... che sia morto" sussurra Alfred, con il pianto nella voce.
"Credo... di sì" respira Callum.
Nel silenzio che segue sento Lex che mormora debolmente una runa che ho imparato a conoscere, "Ak", e di nuovo si scorge un po' di chiarore.
Lex ha un diamante tra le dita: trema, sembra sotto shock. La pelle della mano ha un colore innaturalmente livido.
"Ce l'ho fatta...". La sua voce è inespressiva.
Qualunque cosa abbia fatto, dobbiamo approfittarne per filarcela in fretta, prima che arrivino altri di quei mostri.
"Alfred, Callum, siete stati feriti?" chiedo.
"L'armatura ha retto" dice Alfred. "Tutto a posto", gli fa eco Callum.
Grazie, Dei. Non voglio dover portare altre brutte notizie.
"Forza, allora: fuori".
"Aspetta, finiamo di prendere quel che c'è..."
Scale, infinite scale costellate di corridoi bui e angoli ciechi. Le percorriamo di buon passo risalendo il bubbone sulla collina.
Quando arriviamo in cima neanche ce ne accorgiamo, perchè intanto il cielo è diventato scuro. E' uno dei cani di Wolfie che mi viene incontro a farmi capire che siamo fuori.
Possiamo rivedere le stelle.
"Tutto bene lì sotto? Avete trovato quel che cercavate?" domanda Kara.
Annuisco.
"Siete stati feriti?" interviene Wolfie.
Annuisco ancora. Lo vedo che si rabbuia.
"Soltanto un graffio, un'artigliata. Forse la passiamo liscia".
"Allontaniamoci da qui intanto, risaliamo al campo".
I Resistenti ci hanno accompagnato fin qui, coperto le spalle e ripulito l'esterno del Cairn, ed hanno anche preparato un comodo accampamento in collina, in una zona riparata. Che cosa si può chiedere di più.
3. Attesa
Sangue, sangue e ancora sangue. Quanto sangue contiene un corpo umano? Quanto sangue può perdere, prima di morire?
Ricordo il Porto di Feith sotto attacco, il fumo e le fiamme degli incendi, le sagome in controluce dei Nordri e delle loro armi smisurate.
Si arriva ad un punto il cui il dolore è talmente forte che oltrepassa la soglia della sensibilità, trascinandoci dall'altra parte, al di là della sofferenza e della paura.
Ricordo il sangue che usciva a fiotti dal mio ventre lacerato, il calore che mi abbandonava, la vita che scivolava via. Non solo la mia.
Poi ci sono tagli minuscoli, sottili e già rimarginati. Non fanno male, solo un lieve pizzicore, e non lasceranno cicatrici sulla pelle. Come questo graffio che ho sul braccio.
"Prova a dormire" mi ha suggerito Callum, "se ci sono problemi ti chiamiamo noi".
Ed eccomi stesa nel sacco a pelo a contemplare le stelle. La luna è piena stanotte, il cielo limpido.
Lontano da qui, al Ponte, si sta celebrando la Fiera di Mezzanotte. C'è musica, gente, carovane dei mercanti. Schiavisti, adoratori di locuste, prigionieri incatenati. Tutta gente che, per quanto ci abbiamo provato, non siamo riusciti a fermare.
A Madreselva, al sicuro, Helga riposa, o forse anche lei non riesce a dormire e pensa alla nostra spedizione tra le rovine della sua famiglia. Pensa ai genitori dagli occhi spenti, al vecchio prete dalla mandibola distrutta, alla puzza di cadavere che aleggia nei luoghi della sua infanzia felice.
Più a Nord, oltre le colline, il piccolo Ash e i suoi amici stanno risalendo le strade dell'Altopiano. In questo momento saranno accampati vicino al fuoco, impegnati nei consueti turni di guardia.
Un bel gruppo affiatato, senza capi e senza subalterni. Senza ordini. Gente libera di combattere per i propri ideali, di girare il mondo e di ragionare con la propria testa. Persone molto diverse tra loro, eppure legate da qualcosa di indefinito, profondo: uomini di chiesa, studiosi e soldati, uniti in una battaglia comune. Sin dall'inizio ho sentito che c'era qualcosa che avvicinava il mio gruppo al loro, una qualche somiglianza di intenti, la stessa attitudine verso questa valle e i suoi abitanti.
Mi sarebbe piaciuto continuare insieme a loro, e non soltanto per le ragioni più scontate. Ma purtroppo, come sempre accade, è arrivato il momento di dirsi addio. Il dovere ci ha spinti su questa collina, alla ricerca del tesoro di Helga Roche... e anche per loro erano finite le buone scuse per restare.
Addio, quindi. E che la strada sia loro benevola.
Addio anche ad un fuoco che sono appena riuscita ad intravedere, ma che per pochi giorni mi ha infiammata con un inaspettato calore. Addio e grazie, tutto sommato. Addio e...
"C'erano già i Risvegliati. Forse erano naufraghi, forse fuggiaschi... l'ho visti coi miei occhi, su quell'isola maledetta".
La cosa più importante, l'ultima che mi ha voluto dire: i Risvegliati su quell'isola remota, il ricordo del suo naufragio. Mi domando perchè.
E' impossibile sconfiggere il senso di incompiutezza, lo so bene. Non sarebbe bastata una notte intera, in fondo è stato meglio così. Ma la sua urgenza di parlarmi di quei mostri barcollanti sull'isola dimenticata continua a ronzarmi nella testa. Perchè, perchè è così importante?
Cosa cambia se li hanno presi da quell'isola o da qualche altra fogna infernale, se poi comunque ce li hanno tirati addosso oltre le mura di Feith? Cosa cambia? Eppure sento che qualcosa cambia, qualcosa che ancora mi sfugge.
Buio e luce, cicatrici, tempo di andare. Questo siamo noi, questa è la nostra storia. Fili che si intrecciano per poco tempo. Siamo noi stessi i nostri giudici, i più inflessibili, i più spietati.
Se l'infezione dovesse portarmi via stanotte, almeno mi sarà risparmiato il peso di dire alla madre di Pete e Jensen che a causa delle mie decisioni sono morti i suoi due figli. Ma la febbre non sale, mi sento bene e la ferita non mostra alcunchè di preoccupante.
Restano le cicatrici interiori, più difficili da curare. Non sono sicura di essere adatta al comando, ma questo è il mio dovere: c'è una guerra, sono un soldato. Ciò che so fare è' esattamente ciò che devo fare.
Il futuro è l'ultima delle mie preoccupazioni, per adesso. Questa è una notte di passaggio, di incertezza e di ricordi. Le ore scorrono lente, le stelle ruotano piano sulla mia testa, le stesse stelle e lo stesso cielo. Ma a ciascuno dicono qualcosa di diverso. Per me stanotte hanno un significato particolare, perchè quando a Est vedrò nascere il chiarore, quando l'aurora dalle dita di rosa traccerà il suo segno nell'oscurità, saprò di essere sopravvissuta ad un'altra prova, e che forse è il momento di smettere di fuggire.
Cosa questo significhi ancora non lo so, come non conosco il senso di quei Risvegliati su un'isola lontana. Forse è soltanto un rovesciamento di prospettiva, forse ha a che fare con il mio rapporto con le autorità e con la voce della mia coscienza.
Ma è ancora notte fonda, Ardee. Tante cose possono ancora succedere.
Gli artigli della creatura aggrappata al mio scudo stritolano il legno, il suo alito di morte è sempre più vicino. Spinge... Dei, come spinge forte. Reggo l'impatto, ma i miei stivali scivolano all'indietro, sul muschio. Non sono abbastanza pesante per respingerlo, non per molto.
"Tieni duro!" è Callum, sta arrivando. Stringo i denti, mentre il suono del mio scudo che si spacca riempie la galleria. O forse sono io che sto gridando?
Callum mi spinge di lato, frapponendo il suo scudo tra me e la creatura. Non abbastanza in fretta. Sento un artiglio sulla pelle, l'armatura che si sfilaccia, il dolore.
La paura.
Callum sostiene la botta, libera un varco sul fianco. Non pensare, Ardee: colpisci.
Miro alla testa, è un attimo. Il cranio del Risvegliato si spacca come un melone marcio, inondandoci della sua merda. Chiudo occhi e bocca, sputo a terra, Callum riprende fiato.
"Questa è stata brutta..." commenta, poi si gira, vede il sangue sul mio braccio. "Ti ha colpita?"
"E' solo un graffio", rispondo quasi in automatico.
Lui mi guarda, i suoi occhi severi si posano nei miei per un attimo, poi annuisce.
"Tutto questo si poteva evitare", ecco cosa sta dicendo il suo sguardo. "Tutto questo si poteva evitare, se soltanto tu avessi deciso di rispettare gli ordini".
Ma ho fatto una promessa.
"Non puoi portartela dietro"
Guardo il bambino, esito. "Non puoi trascinarla davanti ai suoi genitori ridotti... a mostri".
Helga siede a testa bassa vicino alla finestra, un raggio di sole illumina la sua pelle magra, i capelli intrecciati, le mani raccolte in grembo.
Ash mi incalza.
"Sai benissimo anche tu che ne morirebbe. E se anche miracolosamente tu riuscissi a trascinarla fuori dalla tomba ancora viva... resterebbe morta dentro. Per sempre". Incontro i suoi occhi lucidi, serissimi. "Diventerebbe... come me".
Silenzio. Ash non accetta una risposta vaga, pretende che gli dia la mia parola.
Ho ricevuto degli ordini precisi al riguardo. Dobbiamo portare la ragazza nel sotterraneo, sfruttare la sua conoscenza del posto per orientarci ed evitare le trappole, i corridoi senza uscita, per trovare la strada verso la stanza del tesoro. Helga deve venire con noi.
"Promettimelo, Ardee".
"Muoviamoci!"
Lex punta la sua luce in avanti, non c'è un momento da perdere. Per adesso il corridoio è sgombro, l'ultimo Risvegliato giace ai nostri piedi in una pozzanghera scivolosa di sangue nero.
Questi Risvegliati sono diversi dagli altri che abbiamo eliminato fuori. Sono rapidi, astuti. Sembra che seguano una loro strategia, sfruttano gli anfratti e i nascondigli di questo Cairn come avessero una mente unica a guidarli. Per non parlare degli artigli, simili a lame, che spuntano da quelle che un tempo dovevano essere mani umane.
Slaccio i brandelli dello scudo, li faccio cadere a terra.
"Lascia andare avanti me", dice Callum. Non è una domanda: annuisco e lo lascio passare.
Il braccio ferito pulsa debolmente, preferisco non pensarci.
La Tomba della Regina è diversa da come me l'aspettassi. Immaginavo una serie di gallerie scavate in una collina: ma questo Cairn è un edificio interamente costruito dall'uomo, arroccato sul fianco della montagna come un tumore. La terra e le pietre che lo ricoprono sono state aggiunte in seguito, per tentare di nasconderlo allo sguardo.
Abbiamo tutti memorizzato i disegni di Helga, ma descrivono di un mondo che non esiste più. Scale, passaggi, corridoi... è tutto cambiato. La roccia stessa, i corridoi si sono trasformati in budelli disordinati e traditori, un labirinto di gallerie.
Helga veniva ogni anno qui sotto a pregare sulle tombe degli antenati, in una tradizionale processione guidata dal sacerdote della Signoria, Padre Octave: l'abbiamo incontrato alcune rampe di scale più in alto, ancora riconoscibile coi paramenti sacri ridotti a brandelli, lo sguardo spento e parte della mandibola spezzata. Gli abbiamo dato la pace che meritava.
"Non puoi trascinarla davanti ai suoi genitori ridotti... a mostri"
Mi consola pensare che neanche Helga si sarebbe saputa orientare, qui sotto. Ed è anche difficie dire chi fossero, in vita, gli altri numerosi Risvegliati che abbiamo abbattuto fin ora. Bastano pochi mesi passati a brancolare nel fango e tra i rovi per nascondere la differenza tra le vesti di un nobile e gli stracci di un contadino. Non parliamo della buona educazione, poi. Volatilizzata.
Soltanto l'oro è rimasto intatto. L'oro e le gemme.
"Accidenti..." mormora Lex, mentre il chiarore sprigionato dalla sua mano fa brillare uno smisurato tesoro.
"Ci siamo", aggiunge Alfred. "Ce l'abbiamo fatta!"
Avanziamo di qualche passo con cautela, guardandoci intorno: silenzio, nessuna traccia di altri mostri. Eppure, in tutte le favole che si rispettino, appollaiato sul tesoro dovrebbe starci il Wyrm.
La stanza è piccola e apparentemente senza nascondigli. Lo scrigno è spalancato, invitante. Non riesco ad immaginare una sola ragione per cui lasciare aperto uno scrigno pieno d'oro e di brillanti, se non per farlo risplendere alla luce magica di Lex. Oppure è una trappola.
Beh, lo scopriremo tra poco...
... perchè adesso devo disobbedire ancora.
2. Ricchezza
"Siamo in cinque", sorride Pete, "non sai mamma come cucina bene".
"Ma le sorelle? Sono ancora nubili?" chiede Alfred col boccale di birra in mano.
"Morella, la minore, sì. Marie si è sposata l'anno scorso. Tra pochi mesi diventeremo zii", aggiunge Jansen.
"E poi c'è Arthur, l'uomo di casa" dice Pete. "Ha dodici anni... e non vede l'ora di partire soldato anche lui".
"E' carina questa Morella?" insiste Alfred.
"Non pensarci nemmeno" ride Pete, "è una ragazza seria!"
"Anche io sono un ragazzo serio!"
Guardo Alfred. Chissà se sta pensando anche lui a quel dialogo. Soltanto un mese fa, al Barile di Amontyl, a Ghaan. Pete e Jensen al nostro tavolo, gli zaini già pronti per partire.
Avrei voluto farlo in segreto, non rendere complici i miei compagni, ma la ferita che ho ricevuto mi obbliga a pensare all'eventualità di non sopravvivere alla notte.
Affondo la mano nello scrigno, raccolgo una manciata indistinta di monete e gioielli e la infilo nel sacchetto di stoffa che ho portato per questo scopo. I miei compagni mi guardano perplessi mentre lo ficco nello zaino.
"Questi li portiamo alla famiglia di Jensen e Pete".
"Ma quando arriveremo a Ghaan saremo perquisiti..." azzarda Alfred.
"Non ci faremo beccare, Alfred. Lo farò io. Ma se le cose dovessero mettersi male... conto su di voi".
Si passano un'occhiata veloce, Callum è il primo ad annuire. "Tranquilla Ardee, glie li porterai tu stessa."
"Sono più tranquilla se mi assicuri che in ogni caso avranno quel che gli spetta."
"D'accordo, sarà fatto."
Molto bene, questione risolta. Pensiamo ai diamanti.
"Lex, sai riconoscere le pietre che ti servono?"
Il Mago annuisce ed inizia a frugare nel baule. "Callum, Alfred, mettetevi di vedetta. Io cerco gli incartamenti"
Accanto al baule del tesoro ci sono un paio di piccoli volumi dalla copertina elaborata, li scorro rapidamente: non mi intendo di araldica ma a occhio dovrebbero essere quel che serve. Li infilo nello zaino. Accanto si trova una scatoletta di legno intarsiato che contiene sigilli, stemmi, roba così.
Sta andando troppo liscia. "Tutto bene lì fuori?" domando.
"Tutto tranq..."
Lo sapevo.
L'impatto del Risvegliato sullo scudo di Callum è talmente violento da farlo arretrare fino all'imboccatura della stanza. Dietro se ne scorgono almeno altri due.
"Molla quei brillanti, Lex, vieni ad aiutarci!" grida Alfred, mentre schiva per un soffio l'artigliata della creatura. E' di quelli cattivi, come l'altro di poco fa.
Non c'è spazio per me all'imboccatura della stanza, la soglia è troppo stretta. Lascio cadere lo zaino e afferro l'arco.
"Ecco la cazzata, Ardee". La voce del Sergente Headstrong mi torna in mente con precisione millimetrica. "Mai, e dico MAI tirare con l'arco quando hai un compagno che ti copre la traiettoria."
Certo, come no.
Tendo la corda, mentre Callum è costretto a chiudersi in difesa e a reggere lo scudo con tutte le forze per non farselo strappare di mano, chiudo l'occhio sinistro e miro.
"Tieni aperti entrambi gli occhi mentre miri, Ardee."
Certo Sergente, come no.
Tendo, scocco. Trattengo il fiato.
L'ho beccato, il bastardo. Uno di meno.
Ma non basta, ce n'è già un altro al suo posto.
"Lex!" grido. Lui fa una cosa che non gli avevo mai visto fare: corre avanti, alle spalle di Callum, stringendo in pugno qualcosa.
"Presto..." ansima Callum, mentre il suo scudo si finisce di spaccare e l'artiglio del Risvegliato gli lambisce la faccia.
Alfred scivola a terra, di lato, con un'altra creatura che gli afferra la gamba. Grida.
Lex allunga la mano sulla spalla di Callum, qualcosa gli scintilla tra le dita.
"Fer-Syr-Cryo!"
Un bagliore bluastro si sprigiona dal suo pugno, una ventata gelida. Callum grida, Alfred grida, anche io sto gridando, con il mio inutile arco stretto ancora in mano.
Il chiarore si dissolve in un attimo, anche la luce magica di Lex è svanita, l'oscurità adesso è totale.
"Credo... che sia morto" sussurra Alfred, con il pianto nella voce.
"Credo... di sì" respira Callum.
Nel silenzio che segue sento Lex che mormora debolmente una runa che ho imparato a conoscere, "Ak", e di nuovo si scorge un po' di chiarore.
Lex ha un diamante tra le dita: trema, sembra sotto shock. La pelle della mano ha un colore innaturalmente livido.
"Ce l'ho fatta...". La sua voce è inespressiva.
Qualunque cosa abbia fatto, dobbiamo approfittarne per filarcela in fretta, prima che arrivino altri di quei mostri.
"Alfred, Callum, siete stati feriti?" chiedo.
"L'armatura ha retto" dice Alfred. "Tutto a posto", gli fa eco Callum.
Grazie, Dei. Non voglio dover portare altre brutte notizie.
"Forza, allora: fuori".
"Aspetta, finiamo di prendere quel che c'è..."
Scale, infinite scale costellate di corridoi bui e angoli ciechi. Le percorriamo di buon passo risalendo il bubbone sulla collina.
Quando arriviamo in cima neanche ce ne accorgiamo, perchè intanto il cielo è diventato scuro. E' uno dei cani di Wolfie che mi viene incontro a farmi capire che siamo fuori.
Possiamo rivedere le stelle.
"Tutto bene lì sotto? Avete trovato quel che cercavate?" domanda Kara.
Annuisco.
"Siete stati feriti?" interviene Wolfie.
Annuisco ancora. Lo vedo che si rabbuia.
"Soltanto un graffio, un'artigliata. Forse la passiamo liscia".
"Allontaniamoci da qui intanto, risaliamo al campo".
I Resistenti ci hanno accompagnato fin qui, coperto le spalle e ripulito l'esterno del Cairn, ed hanno anche preparato un comodo accampamento in collina, in una zona riparata. Che cosa si può chiedere di più.
3. Attesa
Sangue, sangue e ancora sangue. Quanto sangue contiene un corpo umano? Quanto sangue può perdere, prima di morire?
Ricordo il Porto di Feith sotto attacco, il fumo e le fiamme degli incendi, le sagome in controluce dei Nordri e delle loro armi smisurate.
Si arriva ad un punto il cui il dolore è talmente forte che oltrepassa la soglia della sensibilità, trascinandoci dall'altra parte, al di là della sofferenza e della paura.
Ricordo il sangue che usciva a fiotti dal mio ventre lacerato, il calore che mi abbandonava, la vita che scivolava via. Non solo la mia.
Poi ci sono tagli minuscoli, sottili e già rimarginati. Non fanno male, solo un lieve pizzicore, e non lasceranno cicatrici sulla pelle. Come questo graffio che ho sul braccio.
"Prova a dormire" mi ha suggerito Callum, "se ci sono problemi ti chiamiamo noi".
Ed eccomi stesa nel sacco a pelo a contemplare le stelle. La luna è piena stanotte, il cielo limpido.
Lontano da qui, al Ponte, si sta celebrando la Fiera di Mezzanotte. C'è musica, gente, carovane dei mercanti. Schiavisti, adoratori di locuste, prigionieri incatenati. Tutta gente che, per quanto ci abbiamo provato, non siamo riusciti a fermare.
A Madreselva, al sicuro, Helga riposa, o forse anche lei non riesce a dormire e pensa alla nostra spedizione tra le rovine della sua famiglia. Pensa ai genitori dagli occhi spenti, al vecchio prete dalla mandibola distrutta, alla puzza di cadavere che aleggia nei luoghi della sua infanzia felice.
Più a Nord, oltre le colline, il piccolo Ash e i suoi amici stanno risalendo le strade dell'Altopiano. In questo momento saranno accampati vicino al fuoco, impegnati nei consueti turni di guardia.
Un bel gruppo affiatato, senza capi e senza subalterni. Senza ordini. Gente libera di combattere per i propri ideali, di girare il mondo e di ragionare con la propria testa. Persone molto diverse tra loro, eppure legate da qualcosa di indefinito, profondo: uomini di chiesa, studiosi e soldati, uniti in una battaglia comune. Sin dall'inizio ho sentito che c'era qualcosa che avvicinava il mio gruppo al loro, una qualche somiglianza di intenti, la stessa attitudine verso questa valle e i suoi abitanti.
Mi sarebbe piaciuto continuare insieme a loro, e non soltanto per le ragioni più scontate. Ma purtroppo, come sempre accade, è arrivato il momento di dirsi addio. Il dovere ci ha spinti su questa collina, alla ricerca del tesoro di Helga Roche... e anche per loro erano finite le buone scuse per restare.
Addio, quindi. E che la strada sia loro benevola.
Addio anche ad un fuoco che sono appena riuscita ad intravedere, ma che per pochi giorni mi ha infiammata con un inaspettato calore. Addio e grazie, tutto sommato. Addio e...
"C'erano già i Risvegliati. Forse erano naufraghi, forse fuggiaschi... l'ho visti coi miei occhi, su quell'isola maledetta".
La cosa più importante, l'ultima che mi ha voluto dire: i Risvegliati su quell'isola remota, il ricordo del suo naufragio. Mi domando perchè.
E' impossibile sconfiggere il senso di incompiutezza, lo so bene. Non sarebbe bastata una notte intera, in fondo è stato meglio così. Ma la sua urgenza di parlarmi di quei mostri barcollanti sull'isola dimenticata continua a ronzarmi nella testa. Perchè, perchè è così importante?
Cosa cambia se li hanno presi da quell'isola o da qualche altra fogna infernale, se poi comunque ce li hanno tirati addosso oltre le mura di Feith? Cosa cambia? Eppure sento che qualcosa cambia, qualcosa che ancora mi sfugge.
Buio e luce, cicatrici, tempo di andare. Questo siamo noi, questa è la nostra storia. Fili che si intrecciano per poco tempo. Siamo noi stessi i nostri giudici, i più inflessibili, i più spietati.
Se l'infezione dovesse portarmi via stanotte, almeno mi sarà risparmiato il peso di dire alla madre di Pete e Jensen che a causa delle mie decisioni sono morti i suoi due figli. Ma la febbre non sale, mi sento bene e la ferita non mostra alcunchè di preoccupante.
Restano le cicatrici interiori, più difficili da curare. Non sono sicura di essere adatta al comando, ma questo è il mio dovere: c'è una guerra, sono un soldato. Ciò che so fare è' esattamente ciò che devo fare.
Il futuro è l'ultima delle mie preoccupazioni, per adesso. Questa è una notte di passaggio, di incertezza e di ricordi. Le ore scorrono lente, le stelle ruotano piano sulla mia testa, le stesse stelle e lo stesso cielo. Ma a ciascuno dicono qualcosa di diverso. Per me stanotte hanno un significato particolare, perchè quando a Est vedrò nascere il chiarore, quando l'aurora dalle dita di rosa traccerà il suo segno nell'oscurità, saprò di essere sopravvissuta ad un'altra prova, e che forse è il momento di smettere di fuggire.
Cosa questo significhi ancora non lo so, come non conosco il senso di quei Risvegliati su un'isola lontana. Forse è soltanto un rovesciamento di prospettiva, forse ha a che fare con il mio rapporto con le autorità e con la voce della mia coscienza.
Ma è ancora notte fonda, Ardee. Tante cose possono ancora succedere.
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