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21 marzo 517
Lunedì 26 Gennaio 2015
La recluta
"... e se dovesse arrivare qualche risvegliato, sapete già quello che dovrete fare".
Il sergente aspetta di vederci annuire, poi si volta e sale a cavallo. La sua è una decisione che non mi aspettavo. E dire che il tenente era stato chiaro: gli uomini migliori del plotone al Cairn, i più inesperti a proteggere Muddan insieme a Rock. Il soldato di Feidelm - Kurt Baekar, credo che si chiami - lo affianca: a quanto pare sarà lui ad accompagnarlo al casolare. A noi spetta il compito di restare a Muddan, aspettando il loro ritorno.
"Sai che oggi è il suo compleanno? Di Rock, intendo."
Scuoto la testa. Gannor mi dice che l'ha saputo da un caporale di Uryen poco prima di partire: un chiacchierone, ci tiene a specificare. "Non è il solo", rispondo. Ride di gusto, mentre i due cavalli escono da Muddan per poi sparire dietro il versante della collina.
"Hai sentito quello che ha detto prima, no?", esclama poi. "Ora sei tu la più alta in grado".
"Tante grazie, siamo rimasti in due..."
Scuote la testa. "Mica vero... guarda lì". Il mio sguardo segue la direzione del suo dito fino a imbattersi in un insolito plotone di fanti di paglia, diligentemente disposti lungo la palizzata in attesa di essere bruciati. Abbozzo un sorriso, poi scuoto la testa: "Quelli sono soldati di Muddan: se non ti chiami Mardin non ti rispondono neppure".
"... o Brudde".
"... o Pock".
Gannor scoppia a ridere: riesce a contagiarmi, anche se non quanto vorrebbe. E' una persona leale, diventerà certamente un buon soldato: è stato lui a recuperarmi quando la Bestia del Ponte mi ha scagliata tra gli alberi e da quel giorno fa del suo meglio per starmi vicino, cercando di farmi ridere e assicurandosi che io veda anche il lato positivo delle cose. Tra tutti gli effettivi del mio plotone lui e Kailah sono quelli con cui ho legato maggiormente: gli altri mi vedono più o meno allo stesso modo dei Risvegliati... In tutti i sensi.
"Annie... Rock sa quello che fa. Se ha deciso così, significa che è la decisione giusta. Per tutti noi".
Annuisco. A dire il vero lo so fin troppo bene: il sergente non può portarmi da nessuna parte, non finché verso in queste condizioni. Non finché continuo a sanguinare così. Sono certo che si sia già pentito di avermi portata in missione: l'ho letto nei suoi occhi quando sono andata a dirgli cosa mi stava succedendo. E' comprensibile: ha paura che possa succedermi qualcosa... o peggio, che io possa rivelarmi un pericolo per la squadra. Volente o nolente. Pochi giorni fa, poco prima di venire qui a Muddan, gli ho chiesto se si fidava ancora di me. Io mi fido, mi ha risposto. Mi interessa sapere se ti fidi tu.
No, signore: la verità è che non mi fido affatto. Come potrei? Non conosco la causa di queste strane emorragie che mi assalgono, ma mentirei se dicessi di non nutrire un atroce sospetto. A volte, tra i frammenti di memoria che ancora mi restano di quei giorni passati a Holov, mi sembra di scorgere immagini terribili: il peso di qualcosa che si chinava sopra di me, come se si accingesse a divorarmi. Il corpo immobile, sordo a ogni impulso o possibile reazione. La mente vuota, incapace di dare un senso a immagini che per quanto io possa sforzarmi non riesco in alcun modo a ricordare. Ma ricordo - e non c'è parte di me che non si ribelli e inorridisca al solo pensiero - quella innaturale sensazione di tepore, pace, serenità... gioia?
E' assurdo. Più cerco di ricordare, più il sangue risale le mie vene ed esige il suo tributo. Alzo una mano verso Gannor, come per scusarmi, mentre con l'altra mi copro il viso. Lui capisce al volo: lo ha già visto altre volte. Non so cosa pensa che io abbia, ma finora è stato discreto al punto di non farmi domande. Non è un chiacchierone, non per le cose importanti. Si affretta a porgermi uno straccetto: chissà dove li prende, penso mentre lo avvicino al volto, tamponando dove serve. Chissà se li ha preparati, se li tiene pronti apposta per queste occasioni.
"Scusami", gli dico con una voce nasale che non sembra neanche la mia. "Devo andare in tenda".
"Ti accompagno", mi dice. Annuisco: potrei andarci da sola, ma con lui che mi copre ho meno possibilità di attirare l'attenzione di qualche soldato curioso. Questa gente non aveva mai visto la Morte che Cammina fino a pochi giorni fa, non voglio provocar loro altre inutili paure. Inutili? E' quello che spero. Mi torna in mente Colin e la "visita" che mi ha fatto, rispettosamente vestita da un abito di domande. Ha visto i miei occhi, una manciata di ore dopo il sangue. Ha annusato la mia pelle, cercando lo stesso odore dei Risvegliati. Posso davvero garantire di non esserlo? Mastro Luger, al termine di molti giorni in cui mi ha visitata senza alcun risparmio, mi ha detto che sono viva. "Sorprendentemente", ha aggiunto. Come se si aspettasse tutt'altra cosa. Ma Mastro Luger non sa nulla di quello che mi sta succedendo da quando siamo arrivati qui: non ha alcuna notizia del sangue. Ho il terrore di quanto potrebbe dirmi quando, tornati ad Uryen, il sergente sarà costretto a rivelargli tutto. Ho paura di essere sottoposta ad altre visite e del loro possibile verdetto.
Tu sei la risorsa più importante che abbiamo. Vorrei che fosse vero. Spero tanto che sia vero.
Raggiungiamo velocemente gli alloggiamenti a noi destinati, evitando gli sguardi degli uomini di Muddan. Gannor fa per salutarmi, è sufficientemente sveglio per capire che ho bisogno di stare da sola. Mi chiede se ho bisogno di qualcosa. "Una bacinella d'acqua... più grande che puoi". "Te ne porto due, allora". Lo ringrazio, poi sparisco dentro la tenda. Kailah, Inga e Mary non ci sono. Tutto intorno a me è vuoto e silenzioso.
Mi soffio il naso, poi mi massaggio gli occhi. Non sono in grado di capire se sia più o meno del solito: mi sembra sempre uguale. Mentre aspetto le bacinelle penso a quand'è che la mia vita ha cominciato ad andare in malora. L'ingresso nell'esercito. L'alterco con il Sergente Maggiore Varchmann, cui seguì la mia "punizione". Il confinamento alle Falesie. Il giorno in cui scoprii di essere rimasta sola. La mia prima spedizione oltre il Traunne. Holov. Mirai. La prigionia a Ghaan. La Bestia del Ponte. Di nuovo Mirai. Così tante cose, in poco più di un anno.
La voce di Gannor mi risveglia dai miei pensieri. "Annie... ne ho portate tre: te le lascio qui fuori". Lo ringrazio. Mi dice di fare con calma e poi, quando avrò finito, di raggiungerlo dalle parti del fienile. "Ho deciso che ne faremo uno anche noi!"
"Di cosa?" Chiedo, anche se credo di aver capito.
"Un fante di paglia. Hai ragione, in due siamo troppo pochi... e poi ci meritiamo anche noi una recluta da vessare, no?"
E a quel punto, finalmente, rido.
21 marzo 517
Mercoledì 21 Gennaio 2015
Meanwhile, in space over Sarakon....
I Soldati del XXIII Plotone di Uryen si trovano nel cuore del Cariceto di Amedran, ignari dei funesti propositi del Kraighar nei loro confronti. Seguono il Tenente Kain Werber verso la giusta battaglia, spacciano Risvegliati e tentano di arginare il diffondersi del contagio della Morte che Cammina.
Nel frattempo...
... a Pontostasis viene consacrato il Monastero di Maers Hyperboreoktònos in una cerimonia officiata da Padre Markos, fratello dell'avventuriero Anacarsi, per celebrare le rappresaglie deliote contro le scorribande dei pirati Nordri...
... i ragazzi di Caen, Eric, Loic, Desiree, Solice e Julie, dopo aver pianto la recente scomparsa del loro amico Abel, abbandonano la foresta del Meistwode e ciò che resta di Nur-Had-Dun, per tornare verso terre più civilizzate...
... ad Amer, Rosalie Lambert ha davanti ancora pochi giorni tranquilli, prima di venire rapita nei pressi del Monastero di Valan...
... a Krandamer inizia l'assedio del Monastero dei Martiri del Sacro Braciere, consacrato a Pyros, che cadrà dopo due giorni: l'abate viene arso vivo insieme alla struttura, i monaci e i loro assistenti vengono uccisi...
... c'è chi festeggia Eostar tra i boschi, chi tra le pareti domestiche, chi in lontane radure misteriose... chi fa bruciare ceri fino all'alba e chi incendia fantocci che sanciscono la fine del dominio del Re dell'Inverno...
...ma di ciò nulla immaginano i Soldati di Uryen, che corrono ignari verso il proprio destino, piccole tessere in un grande affresco dalla portata per loro incomprensibile.
...Gli uomini di Feidelm non arriveranno a vedere il compiersi di Eostar: si ingannano se pensano che la sete di sangue del Re dell'Inverno si sia già placata. Non sopravviverò ad un ulteriore fallimento, e questa consapevolezza mi restituisce fino all'ultima stilla di forza che il Servo degli Dei prima e il Campione della Morte poi erano riusciti a portarmi via.
E' tempo che mostri loro il vero volto di questa guerra.
9 Marzo 517
Venerdì 3 Ottobre 2014
Notte di veglia
"Ablatus aut oblatus". Quando giunsi al Romitorio di San Franzisk dei Colli Azzurri il motto turniano sintetizzava perfettamente la condizione mia e di quelli come me, posti di fronte alla scelta tra subire un'atroce menomazione ed essere scacciati dal Collegio o affidarsi anima e corpo proprio a quella Chiesa che ci aveva condannati per divenirne i servitori devoti, gli implacabili segugi. Temevo di trovare la stessa diffidenza e lo stesso scherno che avevo lasciato dietro di me. Sorrido al pensiero di quanto mi sbagliassi, non potevo immaginare l'immensa libertà che col tempo sarebbe stata concessa.
La giovane Maga che accompagna Padre Engelhaft mi riporta indietro negli anni, a quando io stesso mi accostavo allo Studium Arcani con l'entusiamo e l'inesperienza del neofita. In lei ho ritrovato l'identico desiderio di mettere a frutto il Dono di Kayah per accendere una scintilla di ordine in un mondo sprofondato nel caos, per fare la mia parte nella giusta battaglia. Ambizione ed impazienza condussero molti, e me tra costoro, sull'orlo del baratro. Troppe volte ho dovuto presiedere alla censura di Maghi animati dalle intenzioni più nobili, sorpresi a vagare lungo sentieri proibiti. Troppe volte ho visto lo Studium divenire non già mezzo, ma fine ultimo, delle azioni di un adepto dell'Arcano, troppe volte ho visto la vanità accecare il cuore e la mente di uomini probi, fino a mutarli in creature della Tenebra.
Nel febbraio dell'Anno degli Dei 516 ho ricevuto mandato di erigere un muro, qui a Feidelm, le cui fondamenta fossero sufficientemente robuste da resistere alla nera marea di nequizia che ha travolto la terra di Feith. Ciò che Padre Enghelaft mi ha raccontato della Morte che Cammina non è che la conferma delle voci sinistre che giungono da settentrione; l'orrido bagaglio che custodisco ("con i complimenti di Emmerick Dorn") nelle sale che il Margravio mi ha concesso per la raccolta delle evidenze mi rammenta di quanto sia semplice per i nemici della Chiesa far sì che il contagio si diffonda nel resto del Ducato. Ho trascorso molte ore ad osservare l'abominio, a constatarne la resistenza, a sperare dentro di me che con il trascorrere dei mesi cominciasse ad avvizzire, che infine si arrendesse alle leggi di natura e semplicemente cessasse di esistere. "Ad vitam aeternam morior" riporta il Formicarius a proposito del credo degli adepti del Signore della Morte, e per quel che mi è dato capire, l'oscura forza che anima questo mostro non accenna ad estinguersi da sola.
Sulle prime pensai al male che ahimè abbiamo imparato a conoscere fin troppo bene, al lascito oscuro dell'immonda Lagash. Malgrado le similutidini, non è Pah-zah-zhul ad animare il Risvegliato, troppo diverse la modalità di contagio e la progressione dell'infezione (e di nuovo le notizie di Padre Enghelaft confermano quel poco di affidabile che ho avuto modo di apprendere in questi mesi), e certo troppo diverse le qualità del suo stadio ultimo: se là è la degenerazione stessa a consumare le carni della vittima, qui essa le rafforza al punto che neppure la morte sembra vincerle. Se mi fosse consentito comparare due piaghe esiziali e diaboliche, questa a parer mio dovrebbe ritenersi la più pericolosa.
A questo punto sono certo che dietro al tentativo di far varcare l'Halsbandseel alla creatura c'è la mano di Vandervoort e dei suoi confratelli. L'Eletta Dimora...che sia davvero un'allusione alle Grandi Paludi in cui il mito fondativo del culto del Signore dei Veleni vorrebbe che Morgul si fosse ritirato, ormai padrone dell'oscura scienza di R'khai l'Antico?
Raccolgo nuovamente i pochi fatti noti sul conto di Osten Vandervoort, sperando di trovarvi degli indizi sull'identità di chi sta proseguendo la sua opera.
Osten Vandervort, attivo nel Ducato di Surok a partire dalla prima metà degli anni '80 del secolo scorso. Speziale rinomato, ha collaborato con il Collegio dell'Arcana Sapienza fino al 490. Sparì in concomitanza con il brutale assassinio di un magister della Scuola, Messer Mandor Sebeck, ritrovato orrendamente mutilato (asportazione della lingua e delle mani, praticate con precisione e strumenti degni di un esperto cerusico) e con lui la studiosa d'arte alchemica Aneka Morden, di cui Osten era divenuto collaboratore. Se ne risente parlare con il volgere del nuovo secolo, quando con lo pseudonimo di Doktor Janus Phlegm acquistò una certa celebrità negli ambienti nobiliari di Surok, in particolare grazie al medicamento leggendario, l'Alkahest, di cui si proclamava il primo vero artefice.
Se da una parte il preparato di Janus Phlegm sembrava davvero avere prodigiose qualità curative, si riscontrarono presto casi di follia e demenza tra coloro che l'avevano assunto, talora culminati in azioni brutali ed efferate (quattro omicidi, numerose aggressioni, due suicidi).
Con la morte del Gran Siniscalco Galeault Augsburg Von Hersfeld e la feroce epurazione dei suoi sodali indetta dal Duca, Vandevoort venne riconosciuto e smascherato. Riuscì nuovamente a dileguarsi in circostanze rocambolesche (pareva avesse simulato la propia morte con un potente veleno, salvo poi riaversi e fuggire con la complicità di un ufficiale della Guardia Ducale da lui circuito). Fu spiccata una cospicua taglia sulla sua testa e per oltre un decennio tanto le autorità civili e religiose quanto avventurieri prezzolati si sono messi sulle sue tracce, senza alcun esito. Hermann Frazer, un ex-Sergente della Guardia Civica di Surok ora in forza all'Esercito di Feidelm, ne ha infine riconsciuto l'operato quando, all'indomani della conclusione della Guerra delle Lande, riuscì a sequestrare del materiale alchemico sospetto (anche in questo caso temo "con i complimenti di Emmerick Dorn", quell'impudente non immagina neppure cosa ho in serbo per lui)in uno dei tanti nascondigli di refurtiva ospitati dal tentacolare Sobborgo di Levante, rinvenendo in particolare un flacone etichettato come "Alkahest".
Da ciò che ho appreso una volta insediatomi a Feidelm, nella seconda decade del secolo si era diffusa la voce che le Contee settentrionali del Ducato di Feith venissero spesso visitate da un misterioso guaritore, tale Giftmorder, che come il Doktor Phlegm/Vandervoort si vantava di poter vincere qualsiasi male mediante l'Alkahest, e che sul finire della Guerra delle Lande di analoga fama avesse preso a godere un certo Doktor Viala.
E' interessante notare come non vi sia alcuna notizia di collaboratori o apprendisti di Giftmorder, e che solo in seguito alla sua definitiva sconfitta siano invece emersi elementi inequivocabili della sua appartenenza all'oscuro culto di Morgoblath...mi domando se egli abbia aderito ad una congrega già presente nel Ducato di Feith o se piuttosto abbia contribuito a fondarne una insieme ad altri eretici fuggiaschi di Surok. Ripenso ad Aneka Morden, e come costei a differenza di Vandervoort non abbia mai più lasciato traccia del suo passaggio. Stando al Formicarius i devoti di Morgoblath sono creature astute e pazienti, avverse al rischio e all'ostentazione, maestri dell'intrigo e della dissimulazione. Sovente spacciatisi per medici e alchimisti di grande sapere, essi in realtà dedicano la massima parte dei loro sforzi al coronamento dell'Opus, la ricerca ossessiva ed incessante dell'indicibile segreto tramite il quale sarebbe possibile trascendere l'Umano così come fece Morgul nella tomba di R'khai. Maestri insuperati nella manipolazione della materia e della carne, essi finiscono per vedere persino i loro adepti come semplici strumenti, pedine da muovere e sacrificare in nome del loro personale obiettivo. Se penso ad Osten Vandervoort, alla smisurata vanità che in ultimo è stata la cagione della sua rovina, egli corrisponde solo in parte alla figura delineata dall'antico testo...maestro, ma soprattutto servitore più o meno consapevole di una mente ancora più malvagia che per tutto questo tempo pare rimasta nell'ombra, il viso ben celato dietro alla Maschera.
Nemrod (anagramma di Morden, non mancherebbe certo di suggerire Kailah). Questo nome mi accende un ricordo. Consultando l'Historia Barbarorum trovo tracce di un antico condottiero Veshkvershanti, Nem-rud l'Invitto, ricordato come "gran cacciatore di uomini e di bestie, sangue del sangue di Ben-Arah". Di lui lo storico riporta che "se con le carcasse dei suoi nemici sconfitti fosse stata eretta una torre, questa sarebbe giunta a toccare il cielo". Al di là della ferocia di questo antico guerriero, ciò che mi interessa è il riferimento alla sua genia. Sangue del sangue di Ben-Arah, mitica capostipite delle feroci tribù orientali che, come annotato nel Directorium, dilagarono nelle Pianure di Benson nell'ultimo atto della leggenda di Morgul. Quale nome migliore potrebbe darsi un Araldo della Tenebra?
Prego che, se davvero è nel Cariceto di Amedran che costui (o costei, dai carteggi di Vandervoort questo non appare chiaro) ha posto la sua Eletta Dimora, Kayah preservi gli uomini che ho mandato dalle mortali insidie che certo vi troveranno.
La giovane Maga che accompagna Padre Engelhaft mi riporta indietro negli anni, a quando io stesso mi accostavo allo Studium Arcani con l'entusiamo e l'inesperienza del neofita. In lei ho ritrovato l'identico desiderio di mettere a frutto il Dono di Kayah per accendere una scintilla di ordine in un mondo sprofondato nel caos, per fare la mia parte nella giusta battaglia. Ambizione ed impazienza condussero molti, e me tra costoro, sull'orlo del baratro. Troppe volte ho dovuto presiedere alla censura di Maghi animati dalle intenzioni più nobili, sorpresi a vagare lungo sentieri proibiti. Troppe volte ho visto lo Studium divenire non già mezzo, ma fine ultimo, delle azioni di un adepto dell'Arcano, troppe volte ho visto la vanità accecare il cuore e la mente di uomini probi, fino a mutarli in creature della Tenebra.
Nel febbraio dell'Anno degli Dei 516 ho ricevuto mandato di erigere un muro, qui a Feidelm, le cui fondamenta fossero sufficientemente robuste da resistere alla nera marea di nequizia che ha travolto la terra di Feith. Ciò che Padre Enghelaft mi ha raccontato della Morte che Cammina non è che la conferma delle voci sinistre che giungono da settentrione; l'orrido bagaglio che custodisco ("con i complimenti di Emmerick Dorn") nelle sale che il Margravio mi ha concesso per la raccolta delle evidenze mi rammenta di quanto sia semplice per i nemici della Chiesa far sì che il contagio si diffonda nel resto del Ducato. Ho trascorso molte ore ad osservare l'abominio, a constatarne la resistenza, a sperare dentro di me che con il trascorrere dei mesi cominciasse ad avvizzire, che infine si arrendesse alle leggi di natura e semplicemente cessasse di esistere. "Ad vitam aeternam morior" riporta il Formicarius a proposito del credo degli adepti del Signore della Morte, e per quel che mi è dato capire, l'oscura forza che anima questo mostro non accenna ad estinguersi da sola.
Sulle prime pensai al male che ahimè abbiamo imparato a conoscere fin troppo bene, al lascito oscuro dell'immonda Lagash. Malgrado le similutidini, non è Pah-zah-zhul ad animare il Risvegliato, troppo diverse la modalità di contagio e la progressione dell'infezione (e di nuovo le notizie di Padre Enghelaft confermano quel poco di affidabile che ho avuto modo di apprendere in questi mesi), e certo troppo diverse le qualità del suo stadio ultimo: se là è la degenerazione stessa a consumare le carni della vittima, qui essa le rafforza al punto che neppure la morte sembra vincerle. Se mi fosse consentito comparare due piaghe esiziali e diaboliche, questa a parer mio dovrebbe ritenersi la più pericolosa.
A questo punto sono certo che dietro al tentativo di far varcare l'Halsbandseel alla creatura c'è la mano di Vandervoort e dei suoi confratelli. L'Eletta Dimora...che sia davvero un'allusione alle Grandi Paludi in cui il mito fondativo del culto del Signore dei Veleni vorrebbe che Morgul si fosse ritirato, ormai padrone dell'oscura scienza di R'khai l'Antico?
Raccolgo nuovamente i pochi fatti noti sul conto di Osten Vandervoort, sperando di trovarvi degli indizi sull'identità di chi sta proseguendo la sua opera.
Osten Vandervort, attivo nel Ducato di Surok a partire dalla prima metà degli anni '80 del secolo scorso. Speziale rinomato, ha collaborato con il Collegio dell'Arcana Sapienza fino al 490. Sparì in concomitanza con il brutale assassinio di un magister della Scuola, Messer Mandor Sebeck, ritrovato orrendamente mutilato (asportazione della lingua e delle mani, praticate con precisione e strumenti degni di un esperto cerusico) e con lui la studiosa d'arte alchemica Aneka Morden, di cui Osten era divenuto collaboratore. Se ne risente parlare con il volgere del nuovo secolo, quando con lo pseudonimo di Doktor Janus Phlegm acquistò una certa celebrità negli ambienti nobiliari di Surok, in particolare grazie al medicamento leggendario, l'Alkahest, di cui si proclamava il primo vero artefice.
Se da una parte il preparato di Janus Phlegm sembrava davvero avere prodigiose qualità curative, si riscontrarono presto casi di follia e demenza tra coloro che l'avevano assunto, talora culminati in azioni brutali ed efferate (quattro omicidi, numerose aggressioni, due suicidi).
Con la morte del Gran Siniscalco Galeault Augsburg Von Hersfeld e la feroce epurazione dei suoi sodali indetta dal Duca, Vandevoort venne riconosciuto e smascherato. Riuscì nuovamente a dileguarsi in circostanze rocambolesche (pareva avesse simulato la propia morte con un potente veleno, salvo poi riaversi e fuggire con la complicità di un ufficiale della Guardia Ducale da lui circuito). Fu spiccata una cospicua taglia sulla sua testa e per oltre un decennio tanto le autorità civili e religiose quanto avventurieri prezzolati si sono messi sulle sue tracce, senza alcun esito. Hermann Frazer, un ex-Sergente della Guardia Civica di Surok ora in forza all'Esercito di Feidelm, ne ha infine riconsciuto l'operato quando, all'indomani della conclusione della Guerra delle Lande, riuscì a sequestrare del materiale alchemico sospetto (anche in questo caso temo "con i complimenti di Emmerick Dorn", quell'impudente non immagina neppure cosa ho in serbo per lui)in uno dei tanti nascondigli di refurtiva ospitati dal tentacolare Sobborgo di Levante, rinvenendo in particolare un flacone etichettato come "Alkahest".
Da ciò che ho appreso una volta insediatomi a Feidelm, nella seconda decade del secolo si era diffusa la voce che le Contee settentrionali del Ducato di Feith venissero spesso visitate da un misterioso guaritore, tale Giftmorder, che come il Doktor Phlegm/Vandervoort si vantava di poter vincere qualsiasi male mediante l'Alkahest, e che sul finire della Guerra delle Lande di analoga fama avesse preso a godere un certo Doktor Viala.
E' interessante notare come non vi sia alcuna notizia di collaboratori o apprendisti di Giftmorder, e che solo in seguito alla sua definitiva sconfitta siano invece emersi elementi inequivocabili della sua appartenenza all'oscuro culto di Morgoblath...mi domando se egli abbia aderito ad una congrega già presente nel Ducato di Feith o se piuttosto abbia contribuito a fondarne una insieme ad altri eretici fuggiaschi di Surok. Ripenso ad Aneka Morden, e come costei a differenza di Vandervoort non abbia mai più lasciato traccia del suo passaggio. Stando al Formicarius i devoti di Morgoblath sono creature astute e pazienti, avverse al rischio e all'ostentazione, maestri dell'intrigo e della dissimulazione. Sovente spacciatisi per medici e alchimisti di grande sapere, essi in realtà dedicano la massima parte dei loro sforzi al coronamento dell'Opus, la ricerca ossessiva ed incessante dell'indicibile segreto tramite il quale sarebbe possibile trascendere l'Umano così come fece Morgul nella tomba di R'khai. Maestri insuperati nella manipolazione della materia e della carne, essi finiscono per vedere persino i loro adepti come semplici strumenti, pedine da muovere e sacrificare in nome del loro personale obiettivo. Se penso ad Osten Vandervoort, alla smisurata vanità che in ultimo è stata la cagione della sua rovina, egli corrisponde solo in parte alla figura delineata dall'antico testo...maestro, ma soprattutto servitore più o meno consapevole di una mente ancora più malvagia che per tutto questo tempo pare rimasta nell'ombra, il viso ben celato dietro alla Maschera.
Nemrod (anagramma di Morden, non mancherebbe certo di suggerire Kailah). Questo nome mi accende un ricordo. Consultando l'Historia Barbarorum trovo tracce di un antico condottiero Veshkvershanti, Nem-rud l'Invitto, ricordato come "gran cacciatore di uomini e di bestie, sangue del sangue di Ben-Arah". Di lui lo storico riporta che "se con le carcasse dei suoi nemici sconfitti fosse stata eretta una torre, questa sarebbe giunta a toccare il cielo". Al di là della ferocia di questo antico guerriero, ciò che mi interessa è il riferimento alla sua genia. Sangue del sangue di Ben-Arah, mitica capostipite delle feroci tribù orientali che, come annotato nel Directorium, dilagarono nelle Pianure di Benson nell'ultimo atto della leggenda di Morgul. Quale nome migliore potrebbe darsi un Araldo della Tenebra?
Prego che, se davvero è nel Cariceto di Amedran che costui (o costei, dai carteggi di Vandervoort questo non appare chiaro) ha posto la sua Eletta Dimora, Kayah preservi gli uomini che ho mandato dalle mortali insidie che certo vi troveranno.
1 marzo 516
Domenica 7 Settembre 2014
La Clessidra Danzante
Non sono mai stata nelle pianure dei grandi laghi. Ricordo che mia madre mi raccontava spesso le eroiche imprese dei due principi di Alfgath, Elamroth e Isnamroth, mandati dal padre alla conquista di quel territorio vasto e selvaggio oggi noto come Gulas. La cosa che più l'aveva colpita era il fatto che Elamroth, dopo aver sconfitto mostri e giganti di ogni tipo, avesse trovato la morte per mano del fratello per colpa di una banale incomprensione. Era una donna semplice: faticava a comprendere la crudeltà degli uomini, figuriamoci quella della sorte.
Qualche anno dopo ebbi modo di scoprire che i principi di Alfgath popolavano anche le leggende di Ilsanora, sia pure in modo molto diverso: iracondi, viziosi e provocatori, così venivano descritti.
"E così tu saresti la famosa Kalina".
Se prendiamo per buona la versione di Ilsanora, questo soldato è il degno discendente di quel sangue reale. Il suo alito puzza di vino, se così può definirsi quel liquame annacquato che sgorga dagli otri della Capasanta. Lo stesso contenuto nella bottiglia che tiene in mano.
Annuisco, guardandolo negli occhi. Reggo il suo sguardo per un istante, poi lo abbasso, accarezzando il suo ego.
"So che non lo fai con tutti, e che quando lo fai chiedi tanto. Ma so anche che ne vale la pena".
Sorrido al pensiero che se gli rivelassi la misura di quel tanto scapperebbe via a gambe levate. Lui lo prende come un gesto di modestia, al quale risponde gettando un sacchetto tintinnante ai miei piedi.
"Contale. Poi spogliati".
Le conto. Mesi e mesi di paga scorrono tra le mie mani in un ruscello argentato. Il risultato è come l'oro, ma non è oro. "Non è quello che ho chiesto", dico a bassa voce.
"Lo so. Ma vale altrettanto. Per questa volta temo che ti dovrai accontentare".
Scuoto la testa. "Non mi conosci".
"Non ancora, ma manca poco. Spogliati".
Il suo tono non ammette repliche. Fa un passo in avanti con l'aria di chi non ha tempo da perdere. Iracondo, vizioso e provocatore, proprio come i suoi antenati. Le sue mani raggiungono le mie spalle.
"Se vuoi un aiuto non hai che da chiedere...".
"No", rispondo ."Faccio da sola".
Non mi stacca gli occhi di dosso. "Dicevano la verità", esclama alla fine. "Ne vale la pena".
Nell'ora che segue mi adopero per confermare ulteriormente le sue impressioni. Mi riempie di parole prive di senso, in gran parte dettate dall'alcol che ha in corpo. Poi si adagia di fianco a me, con gli occhi chiusi e il respiro che si fa via via meno affannoso. Resiste per una manciata di secondi, poi scivola nell'oblio.
Mi alzo in silenzio, raggiungendo il piccolo armadio di castagno che mi attende sul lato opposto della stanza. Ironia della sorte, l'ultima volta che l'ho aperto è stato per preparare il Latte della Strega per Mira. Chissà se ci hai riflettuto, Mira, sulle conseguenze di quello che hai chiesto. Probabilmente no. Tieni ancora fede al nome che ti diedi quando arrivasti qui qualche anno fa: Mira l'Impulsiva.
Chissà se ne varrà la pena, penso mentre mescolo e distendo l'impiastro più volte. Il segreto di questo preparato è nella preparazione a mani nude, se lo pesti o lo agiti troppo rischi che la temperatura lo faccia impazzire e a quel punto non lo sciogli più. Il veleno raggrumato è imprevedibile, mentre a noi serve l'esatto contrario: una clessidra danzante al ritmo del cuore e del sangue.
A Varchmann questa cosa non piacerà di certo. Non è uno stupido e ha gli occhi allenati, non ci metterà molto a capire che c'è qualcosa che non va. Nel pensare che io possa gestire una cosa del genere, Mira sopravvaluta la presa che ho su di lui. Perché l'aiuto, dunque? Per mettermi alla prova, forse. Certe arti vanno nutrite affinché non appassiscano, proprio come la bellezza e la passione. Prima di prendere la decisione ho messo alla prova i due sfidanti: il primo ha scelto Mira su tutte le altre, il secondo si è divertito a darmi dell'argento quando gli ho chiesto dell'oro. Uno è stato rispettoso, l'altro no. Domani all'alba impareranno entrambi che certi duelli si vincono o si perdono ancor prima di estrarre la spada.
Sento l'uomo di Gulas agitarsi nel letto, mentre il risultato dei miei sforzi cola lentamente dalla mia mano nel suo boccale. Lo osservo in silenzio: non posso fermarmi, a meno di non compromettere tutto il lavoro. Ricordo quando l'Oracolo provò a spiegarmi il significato del mio dono, raccontandomi di come certi sventurati nascano con il dono di percepire il pericolo un istante prima che prenda forma: magari è una cosa che ci accomuna. Se così fosse, gli sarà sufficiente aprire gli occhi per capire cosa sto facendo.
Lo guardo mentre bofonchia qualcosa, per poi girarsi a pancia in giù. Un sonoro peto sancisce che io e questo barbaro dell'est non abbiamo niente in comune: c'è del sangue che scorre nelle nostre vene, qui finiscono le nostre analogie. E forse tra poche ore neanche più questo. La clessidra danzante è di rado mortale, ma i duelli talvolta lo sono. Sarà la Morrigan a decidere se è giunto il momento di reclamare la sua vita oppure no.
Del resto i figli di Alfgath ci sono abituati.
21 gennaio 517
Martedì 5 Agosto 2014
Il bicchiere mezzo pieno
Avanziamo di notte, come un branco di lupi in cerca di preda. Quella che molti comandanti considerano una scelta suicida è per Ramsey il modo più efficace per sopravvivere in questi boschi infestati.
Nessuno conosce i Risvegliati come il Tenente. Chi pensa che tutto ciò che sappiamo su di loro si debba alle ricerche e alle teorie del vecchio stregone della Rocca si sbaglia di grosso. La quasi totalità delle nostre scoperte si regge sulle prove portate, sugli esemplari catturati e sui ragionamenti compiuti dal Tenente e dai suoi uomini. Per questo siamo qui adesso: di nuovo a Cantor, a lambire il fianco dell'occhio del ciclone.
"Ci siamo, gente. Quella è la collina dove faremo festa stanotte. Ali, controlla a ore tre: Vasq, coprila. Roy, Manu: portate i due nuovi a dare un'occhiata dall'altro lato. Gli altri con me, vediamo se è pulito e poi mettiamo a letto queste ragazzine".
Risate. Il morale è alto. Va tenuto alto, quando i Risvegliati colpiscono duro. Più picchiano duro e più lo devi alzare, proprio come la guardia. Se qualcuno pensa che ci arrenderemo non ha capito nulla. Abbiamo dato il sangue per questa terra, non saranno certo queste creature abominevoli a farci alzare i tacchi.
Avanzo nella boscaglia, con Vasq che mi segue senza emettere un fiato. Per quanto io possa andare veloce, lui lo è di più. Specie nel sottobosco. Quando c'è lui a guardarmi le spalle so che non ho bisogno di fermarmi e controllare: sono coperta, sempre. E' questa la forza del terzo plotone.
"Che ti pare?" gli chiedo, raggiunto uno spiazzo che reputo soddisfacente.
"Può andare. Non si vede il fiume, però".
Ci fermiamo qualche secondo a osservare la macchia nera sotto di noi. Un tempo questo bosco era un concerto notturno di grilli e cicale. Ora non più. I Kreepar mangiano di tutto, dalle formiche ai Risvegliati. Lo stregone della Rocca li ha definiti "super predatori". Quando Ramsey lo ha sentito si è fatto una risata: ad Angvard se li mangiano, ha aggiunto subito dopo. Allo stregone è toccato starsene zitto.
"Per me è pulito", dico dopo un pò. Vasq annuisce. Entrambi sappiamo dove guardare, cosa notare. Le punte degli alberi, i contorni spezzati delle ombre dei cespugli. "Il fiume, Ali", aggiunge poi.
Saliamo ancora. Ogni roccia che oltrepassiamo ci avvicina di più alla falce di luna calante. Mi tornano in testa i racconti di mia nonna: Ilmatar, la dea Kayah, i Primi Eroi. Sorrido al pensiero di cosa potrebbe dire se fosse ancora viva: in questo mondo di morte e abbandono siamo noi, i soldati, la cosa più simile agli Eroi.
Un colpo sordo rompe il silenzio della notte. Poi un altro. Poi un altro ancora. Passi? No, troppo poderosi. Guardo Vasq. Non piace neanche a lui. "Diamo un'occhio al fiume", mi ripete, "e poi dagli altri. Di corsa".
Raggiungiamo un'altra spianata. La linea sinuosa del Traunne si disegna inconfondibile innanzi a noi. Il ghiaccio e la neve riflettono la luce della luna da mille diverse angolazioni. L'effetto è tale che il fiume, benché ghiacciato, sembra muoversi lo stesso in una danza brillante. Intervallata da piccoli sassolini neri.
"Che ti pare?" Gli chiedo di nuovo. Stavolta la mia voce esce molto diversa.
"Non va bene, Ali. Non va bene per niente".
D'un tratto si volta verso gli alberi sopra di noi, flebilmente rischiarati dalla luna. Qualunque cosa sia, l'abbiamo sentita entrambi. L'anno scorso, di questi tempi, avremmo esclamato "chi sei?" o qualcosa del genere. Ma tante cose sono cambiate, da allora. Vasq incocca la freccia, inclina la testa, mira appena un istante, poi scocca. Un grido rauco e strozzato lacera l'aria.
"Andiamo", mi dice. Annuisco, precipitandomi verso il basso.
"L'hai colpito?" gli chiedo, mentre scendiamo.
"No", mi risponde. L'ha colpito, ma non in testa. "E' veloce", aggiunge poi.
Lo siamo anche noi. Continuiamo a correre, per quanto consentito dalla notte.
"E' uno di quelli..?", chiedo.
"Credo di si".
Scendiamo ancora: la montagna di notte è micidiale, non possiamo sbagliare nulla.
"Ce l'abbiamo?" chiedo appena vedo un punto che può andare.
"Ce l'abbiamo".
Rallentiamo fino a fermarci, poi scompariamo. Sguaino Ametista, poi nascondo la lama come mi ha insegnato il Tenente. I colpi sordi continuano incessanti. Un corno risuona nell'aria, in lontananza. Dev'essere quello del Sergente Rock. Non promette niente di buono. Deve farlo, ma in questo modo ne attirerà parecchi.
Ma non tutti.
Li sento avanzare, nella notte. Sono in due. Seguono il nostro odore, già pregustano il sapore del sangue. Cacciatori. Ecco perché Vasq ne ha mancato uno. Cosa ci fanno in questa zona? In due, poi...
Aspettiamo, poi aspettiamo ancora. Non possiamo sbagliare nulla, ora come non mai. "Aspetta immobile, in silenzio, finché non vedi il bianco dei loro occhi"... Non ancora. Non ancora.
Adesso.
Scattiamo all'unisono. Loro sono veloci, noi non siamo da meno. Sono venuti in cerca di prede, vediamo cosa sanno fare contro due cacciatori. Mentre affondo la punta di Ametista nelle carni del mio, ripenso alle parole dello stregone della Rocca: adesso vedremo chi è il ''super predatore'' di questa collina.
Anche Vasq va a segno. La faccenda si mette bene per noi. Con questi il primo sangue è fondamentale. Gestire il vantaggio, non concedere nulla, non commettere errori. Lo scontro è tutto dalla nostra. Quello di Vasq dura tre fendenti, il mio non supera il quarto. E neanche un maledetto graffio.
"Da Ramsey, adesso".
Mentre torniamo, il rumore è diventato frastuono. La collina è diventata viva sotto i nostri piedi. Risvegliati tra la boscaglia, sui rami degli alberi. Da dove arrivano? Dal cimitero? Queste dannate tombe vomitano morti da mesi. I nostri compagni stanno dando battaglia: il terzo combatte, il dodicesimo sta finendo di piantare a terra le torce. Nessuno sa farlo meglio di noi. Si marcia con Kayah, si combatte con Pyros, si vince con Dytros. Questa è la lezione che impartiremo anche stanotte.
Corro dal Tenente, mentre la spada torna nella mia mano. "Cacciatori sulla collina", esclamo a voce alta. "Meno due. Forse ce ne sono altri".
"Che vengano pure", mi risponde Ramsey mentre la testa di un Risvegliato crolla in frantumi ai suoi piedi. "Stanotte ne abbiamo per tutti". Morale alto, guardia in alto.
"Guarda in alto".
Mi volto verso Vasq. Lo sguardo cade sulle fronde degli alberi sulla collina. I colpi continuano, come dei magli poderosi. La terra trema.
"Vedo che l'avete controllata un gran bene, questa collina!" ci dice Garruk.
Stavolta, però, nessuno ride.
"Puliamo questo casino uno stronzo alla volta", tuona Ramsey. "A quello penseremo dopo".
Il Tenente ci chiede di fare quello che sappiamo fare meglio, e noi lo accontentiamo. I Risvegliati cadono ai nostri piedi, calpestati da altri Risvegliati che cadono ai nostri piedi. Calpestati da altri Risvegliati.
"Qui ce ne sono due con lo scudo!".
"Aaaarghhh!"
"Bear è stato ferito! Bear è stato ferito! Bear è stat..."
"Abbiamo capito! Guarda che non guarisce se lo ripeti!"
Il terzo e il dodicesimo plotone erano l'orgoglio della Rocca di Tramontana dai tempi della Guerra delle Lande. Hanno mantenuto il nome, la numerazione, il prestigio, e anche se gran parte del loro organico è cambiato, morto o non più in servizio attivo restano reparti di cui andare fieri. Alcuni, come Garruk e Ramsey, sono dentro fin da allora. Altri, come me e Vasq, sono arrivati dopo. E poi ci sono i nuovi, quelli che ci vengono assegnati quando qualcuno di noi crepa o si becca una brutta ferita: Garruk li chiama "i novellini". In ogni caso, siamo come una famiglia. Il Tenente ci ha scelti uno ad uno. Se siamo qui è perché lo meritiamo. Dobbiamo essere all'altezza del compito.
Anche quando il compito è impossibile.
Nonostante i nostri sforzi, ce ne sono ancora due o tre in piedi quando arriva quello grosso.
"Si batte la fiacca, eh?" tuona Ramsey, mentre si volta verso il limitare del bosco da cui proviene il casino. Morale alto, guardia in alto.
Guarda in alto.
Un albero scompare, come inghiottito dall'oscurità della foresta. Un altro lo segue di lì a poco, a meno di dieci metri da Ramsey. La foresta si spalanca dinanzi a noi, vomitando Risvegliati di ogni forma e dimensione. E su tutti, come un oscuro idolo pagano portato in processione dai suoi sacerdoti, sorge l'Abnorme più grande che io abbia mai visto.
In quel momento capisco che nessuno di noi ne uscirà vivo.
Il Tenente è un uomo imponente, massiccio. Non ci sono molti soldati, ad Uryen, che possano vantare una corporatura come la sua. Eppure, quando la mole del gigante emerge dall'oscurità, sento una fitta al cuore: improvvisamente, tutto sembra ingiusto e profondamente sleale.
Scuoto la testa. Aidrich Ramsey è l'uomo che rende possibile l'impossibile. Ha sconfitto la Bestia dei Mirtilli, innumerevoli Nordri, moltissimi Risvegliati. E nessuno di noi dubita di lui, del suo coraggio o delle sue capacità. Se c'è un uomo che può trovare il modo di spezzare in due quel gigante, è lui.
E noi con lui.
"Cosa state aspettando? Alle lance! Alle corde! Alle travi!"
Ci muoviamo all'unisono, mettendo in pratica le strategie studiate e provate in mesi di duro addestramento. Il terzo e il dodicesimo, ancora una volta insieme. E se dev'essere l'ultima, che ne valga la pena. Uno difende, l'altro manovra. Il braccio e la mente. Siamo qui per questo, perché lo meritiamo, perché possiamo. Perché dobbiamo. E non importa se sembra impossibile, perché nostro è il compito di rendere possibile l'impossibile.
Ramsey evita il primo colpo, poi il secondo.
Il terzo lo assorbe lo scudo.
Il quarto si schianta su Roben, lasciandolo sul posto.
Il quinto colpisce ancora lo scudo del Tenente, strappandolo via.
Qualcuno di noi, dentro di sé, comincia a a pregare. Nessuno vuole pensarci, nessuno. Le urla di Garruk tengono tutti inchiodati al loro compito. Ciascuno di noi ha un lavoro da fare. Non possiamo permetterci di essere lenti o di commettere alcun errore.
Il sesto si abbatte su Jensen, colpendolo duramente alla gamba. Il settimo corregge il tiro. Penso a sua moglie, ai due figli piccoli. Alla figlia grande. Dannate bestie assassine.
L'ottavo è per il Tenente, ma trova soltanto l'aria. Tutti trattengono il fiato.
La foresta ruggisce di nuovo, vomitandocene addosso altri. "Giusto in tempo, cominciavo ad annoiarmi"! Urla Garruk roteando la sua ascia. Ramsey è troppo impegnato, tocca a lui. Morale alto, guardia in alto.
Guarda in alto.
Nessuno ha voglia di vederlo, eppure gli occhi di tutti si trovano lì, come se potessero in qualche modo alleviare l'impatto di quel colpo sovrumano. Un pezzo dell'armatura del Tenente rotola a terra insieme alla spada. Osservo la neve e maledico in silenzio il suo colore, se soltanto fosse nera potrei illudermi di più su cosa è accaduto. Del corpo nessuna traccia: lanciato via come un fuscello, inghiottito dagli alberi che brulicano di Risvegliati.
"Non statevene lì impalati! Abbiamo un lavoro da portare a termine!" Garruk ha ragione. Puliamo questa feccia uno stronzo alla volta. A quello penseremo dopo.
La danza continua. Facciamo tutto come ci ha insegnato il Tenente. Le lance, le corde, le torce, i nodi, le travi, gli uncini. Non possiamo sbagliare nulla. Non possiamo sprecare il tempo che quei nove colpi ci hanno regalato. Roben, Jensen, Ramsey. Teneteci la bara aperta, stiamo arrivando. Ma non prima che ci strappino la spada dal pugno, non finché potremo disporre di un rantolo di vita.
Non sbagliamo nulla. Siamo stati addestrati per questo. Spalla contro spalla, fino alla fine. Non meno di cinque di loro per ognuno di noi. Non un passo indietro, neppure di fronte all'apocalisse. Ve la faremo sudare, maledetti. Nessuno di noi ne uscirà vivo, ma non lo farete neanche voi.
Perdo la cognizione del tempo, scagliando ogni fendente come se fosse l'ultimo. Ametista danza nell'aria, rossa come un rubino, rischiando a ogni colpo di sfuggirmi di mano. Sento il braccio pesante, artigliate da tutte le parti, sempre più vicine al viso. Ancora uno, penso. Ancora uno, per il Tenente. Ancora uno e poi, se così dev'essere, così sia.
"Troncooo!"
L'urlo del dodicesimo squarcia le tenebre come un raggio di sole. Trattengo il fiato. Mi volto. Ed ecco che, di fronte ai miei occhi, si compie il miracolo. Il gigante, coperto di lance e di corde, barcolla su se stesso, collassa su un fianco.
E poi cade.
E' certo che nessuno di noi ha mai sentito un suono più bello.
Fino a quando Garruk non gli spacca la testa con la sua ascia.
Per un istante, tutto è silenzio.
Poi, all'unisono, iniziamo a urlare a squarciagola.
Il bosco si riempie delle nostre grida. Siamo circondati, il bosco intorno a noi è pieno di Risvegliati. Siamo stanchi, stremati, sfiniti. Tanto è il sangue di morte che abbiamo addosso, che molti di noi si ammaleranno in ogni caso. Ma siamo ancora vivi. Siamo vivi e il gigante Risvegliato è morto. Abbiamo vinto.
Garruk scoppia in una fragorosa risata, coperto dalla testa ai piedi da un liquido marrone. "Ma... può mai dirsi sangue, questo? A me sembra piuttosto merda! Guardatemi! Guardatemi, cazzo! Sono coperto di merda!"
Rido anch'io, con le lacrime agli occhi. Ridono, ridiamo tutti. Questo è il gruppo di Ramsey, il mio gruppo, il mio plotone: una famiglia, fino alla fine.
"Si, ma.. occhio che quella merda corrode. Lavatela via, prima che ti fotta l'armatura!"
Le urla e le risate cessano in un istante.
Il silenzio cala nella vallata, mentre lo sguardo di tutti si volge verso il limitare del bosco. Ramsey si trascina debolmente, tenendosi un braccio per tamponare uno squarcio che gli attraversa da parte a parte il torace.
Nessuno sa cosa dire. Nessuno osa sperare alcunché.
Garruk è il primo a parlare, scendendo con attenzione dalla carcassa della creatura. "Ben alzato, Tenente! Mentre voi battevate la fiacca i ragazzi qui hanno risolto il problema...".
Stavolta però nessuno ride. Vasq e Joden del dodicesimo corrono a sorreggerlo. Io non ce la faccio ad andare, quella ferita non la voglio vedere. Non da vicino. Ne ho già viste troppe.
Raggiungo un Risvegliato che si trascina debolmente a terra. Mentre lo elimino, li sento parlare.
"Non è grave come sembra: pensavate forse di esservi liberati di me?"
"Aspetta a parlare, Ram: vediamo come butta, prima. Lo sai anche tu come funziona...".
Lo sappiamo tutti.
Il lancio di una moneta, il tiro di un dado. Pari e dispari. E questo nella migliore delle ipotesi, se la ferita non si infetta, se non incontreremo altri abnormi, se riusciremo a tornare alla Rocca di Tramontana. Che ne sarà del terzo plotone, senza il suo Tenente?
Inutile pensarci ora: Ramsey cammina ancora, parla, dà ordini: gli uomini sono con lui, appesi alla speranza garantita dalle nostre stesse scoperte.
"Tenente... avete paura?" Chiede una recluta che proprio non riesce a tenerselo dentro. L'unica sopravvissuta, credo.
"Peter, vero?"
"Si, signore!"
"Peter, in queste situazioni... devi imparare a vedere il bicchiere mezzo pieno".
"..."
"Altrimenti non andrai lontano".
"Si, signore!"
Morale alto, guardia in alto. Guardo in alto e Improvvisamente lo vedo, il nostro bicchiere mezzo pieno che brilla nell'oscurità. Qualcosa dentro di me ringrazia Peter e la sua domanda stupida. Ce la faremo, anche questa volta. Torneremo a casa, anche questa volta.
Poi lo sguardo si abbassa, notando qualcosa di strano sull'Altopiano del Tuono. Una luce vivida e brillante, come una torcia che brilla nel buio.
Sento Vasq che si avvicina: mi mette una mano sulla spalla. "Dobbiamo andare".
"E' Angvard quella, vero?" Conosco già la risposta, ma le parole mi escono lo stesso.
"Forse non è ciò che sembra. Ci penseremo".
Vasq ha ragione. Anche il Bulvark è dotato di trappole di fuoco. Ma farebbero questo effetto, viste da lontano?
Scuoto la testa. Ci penseremo. Adesso dobbiamo cercare di uscire vivi da questo posto.
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