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13 dicembre 517
Sabato 8 Novembre 2008
La febbre dei morti
... è una maledizione che colpisce chi non porta ai defunti il dovuto rispetto. Così mi ha detto Naavi, raccontando la triste sorte della figlia di Sir Murray.
Eppure Naavi stessa si fa calare ogni giorno in queste oscure catacombe, dove riposano - o almeno si spera!- esseri pericolosi anche dopo morti. Mi chiedo perchè lo faccia. Pare sia un debito di riconoscenza... verso il "committente", questo misterioso Donnie da cui lei stessa ci suggerisce di fuggire, e che invece Eric insiste tanto ad incontrare.
Non capisco.
Non capisco, eppure vedo nei tronchi malati degli alberi, negli occhi cerchiati dall'insonnia di Solice, nella cattiveria che alberga tra queste persone, nella rabbia che rende folli lupi e altri animali, vedo che c'è qualcosa di davvero sbagliato in questo posto.
Il Meistwode... così immenso... e così malato.
Era malato a Nur-Had-Dun... dove il Vallo è crollato in maggio. Era malato a Caen, popolato di cinghiali deformi e mostruosi. Ed è malato qui, in questo posto che nemmeno so come si chiami, dove non c'è nebbia ma è tutto lostesso velato da una disperazione insopportabile.
Qui sotto giacciono esseri che nessuno dovrebbe liberare. La loro "febbre" fa marcire gli alberi, fa ammalare i lupi di rabbia, li fa ricoprire di pustole. Forse è la loro "febbre" a far sì che anche l'animo delle persone che vivono in questi paraggi sia cattivo. Il villaggio più vicino è popolato di banditi, ci ha detto Bohr, gente da evitare assolutamente. E' tutto sbagliato. I bruti che abbiamo incontrato alla Cetra sono guardie civiche, il prete di Pyros è un contaballe ubriacone, i nuovi morti vengono gettati in fosse comuni senza una preghiera... e i vecchi morti disturbati nelle loro catacombe.
Non capisco.
Ieri sera uno dei nostri "amici" ha provato a colpirmi con un fendente di spada. Senza un chi va là, senza guardare a chi fossimo. Ringrazio gli Dei di aver avuto la prontezza di evitarlo. Tutti possono sbagliare, magari era spaventato, magari non immaginava potessero esserci degli "amici" fuori a quell'ora, non voglio giudicarlo solo per questo. Ma subito dopo.... subito dopo non mi ha NEANCHE chiesto scusa. Anzi, ha continuato a guardarmi con occhi sprezzanti, quasi deluso per non avermi presa.
E questo non glie lo perdono. Non l'ho detto a Loic perchè non voglio che la tensione cresca ancora, è già abbastanza alta. Ma dentro di me vedo sempre più chiaramente che dobbiamo andarcene da qui, e di corsa.
Eric vuole chiedere a Ransom il permesso per allontanarci dal campo. Dice che è una questione di correttezza, visto l'impegno che abbiamo preso con lui, ed ha anche ragione. Ma se ci dice di no che facciamo?
Io qui non ci voglio rimanere, c'è una pessima aria e secondo me può solo peggiorare. E' vero che la via del ritorno non è facile, tra lupi rabbiosi, banditi, il freddo e le difficoltà della foresta... ma restare qui è ancora peggio.
C'è poi un altro problema: Naavi.
Lei è una brava persona, non è giusto che resti qui. Non è giusto che resti qui a calarsi in quelle gallerie, a sfidare l'ira dei morti per conto di persone che si nascondono agli occhi della Chiesa. Lei stessa mi ha parlato dei Murray come di profanatori di tombe. E nella sua voce c'era sdegno.
Come mai si presta ad un lavoro simile? Quale immenso debito dovrà saldare con questo Donnie?
Io voglio aiutarla.
Sono in debito verso di lei per quel che mi ha detto, e anche per quel che ha suggerito a tutti noi oggi stesso. Di andare via, prima che sia troppo tardi.
"E tu?" le ho chiesto, senza avere il coraggio di formulare per esteso la mia paura. Ci ha suggerito di fuggire prima di restare bloccati qui. Bloccati qui... come lei, forse.
Lei mi ha detto che intende rimanere, e non ho saputo insistere. Ma come possiamo fuggire e lasciarla qui? Come potrò mai saldare il mio debito nei suoi confronti, se non ci rivedremo mai più?
Tenendo segreta la sua identità, e convincendo i miei compagni a fare altrettanto. D'accordo. Ma vorrei sul serio poter fare di più per lei. Vorrei darle la possibilità di cambiare il guidizio che ha sulla Chiesa, ad esempio, mostrarle quanto sia luminosa la strada degli uomini che scelgono la Fede. Ma non sarà facile, non credo che potrò convincerla a venire con noi.
Tutto si deciderà nelle prossime ore, probabilmente domattina presto. Speriamo bene.
Eppure Naavi stessa si fa calare ogni giorno in queste oscure catacombe, dove riposano - o almeno si spera!- esseri pericolosi anche dopo morti. Mi chiedo perchè lo faccia. Pare sia un debito di riconoscenza... verso il "committente", questo misterioso Donnie da cui lei stessa ci suggerisce di fuggire, e che invece Eric insiste tanto ad incontrare.
Non capisco.
Non capisco, eppure vedo nei tronchi malati degli alberi, negli occhi cerchiati dall'insonnia di Solice, nella cattiveria che alberga tra queste persone, nella rabbia che rende folli lupi e altri animali, vedo che c'è qualcosa di davvero sbagliato in questo posto.
Il Meistwode... così immenso... e così malato.
Era malato a Nur-Had-Dun... dove il Vallo è crollato in maggio. Era malato a Caen, popolato di cinghiali deformi e mostruosi. Ed è malato qui, in questo posto che nemmeno so come si chiami, dove non c'è nebbia ma è tutto lostesso velato da una disperazione insopportabile.
Qui sotto giacciono esseri che nessuno dovrebbe liberare. La loro "febbre" fa marcire gli alberi, fa ammalare i lupi di rabbia, li fa ricoprire di pustole. Forse è la loro "febbre" a far sì che anche l'animo delle persone che vivono in questi paraggi sia cattivo. Il villaggio più vicino è popolato di banditi, ci ha detto Bohr, gente da evitare assolutamente. E' tutto sbagliato. I bruti che abbiamo incontrato alla Cetra sono guardie civiche, il prete di Pyros è un contaballe ubriacone, i nuovi morti vengono gettati in fosse comuni senza una preghiera... e i vecchi morti disturbati nelle loro catacombe.
Non capisco.
Ieri sera uno dei nostri "amici" ha provato a colpirmi con un fendente di spada. Senza un chi va là, senza guardare a chi fossimo. Ringrazio gli Dei di aver avuto la prontezza di evitarlo. Tutti possono sbagliare, magari era spaventato, magari non immaginava potessero esserci degli "amici" fuori a quell'ora, non voglio giudicarlo solo per questo. Ma subito dopo.... subito dopo non mi ha NEANCHE chiesto scusa. Anzi, ha continuato a guardarmi con occhi sprezzanti, quasi deluso per non avermi presa.
E questo non glie lo perdono. Non l'ho detto a Loic perchè non voglio che la tensione cresca ancora, è già abbastanza alta. Ma dentro di me vedo sempre più chiaramente che dobbiamo andarcene da qui, e di corsa.
Eric vuole chiedere a Ransom il permesso per allontanarci dal campo. Dice che è una questione di correttezza, visto l'impegno che abbiamo preso con lui, ed ha anche ragione. Ma se ci dice di no che facciamo?
Io qui non ci voglio rimanere, c'è una pessima aria e secondo me può solo peggiorare. E' vero che la via del ritorno non è facile, tra lupi rabbiosi, banditi, il freddo e le difficoltà della foresta... ma restare qui è ancora peggio.
C'è poi un altro problema: Naavi.
Lei è una brava persona, non è giusto che resti qui. Non è giusto che resti qui a calarsi in quelle gallerie, a sfidare l'ira dei morti per conto di persone che si nascondono agli occhi della Chiesa. Lei stessa mi ha parlato dei Murray come di profanatori di tombe. E nella sua voce c'era sdegno.
Come mai si presta ad un lavoro simile? Quale immenso debito dovrà saldare con questo Donnie?
Io voglio aiutarla.
Sono in debito verso di lei per quel che mi ha detto, e anche per quel che ha suggerito a tutti noi oggi stesso. Di andare via, prima che sia troppo tardi.
"E tu?" le ho chiesto, senza avere il coraggio di formulare per esteso la mia paura. Ci ha suggerito di fuggire prima di restare bloccati qui. Bloccati qui... come lei, forse.
Lei mi ha detto che intende rimanere, e non ho saputo insistere. Ma come possiamo fuggire e lasciarla qui? Come potrò mai saldare il mio debito nei suoi confronti, se non ci rivedremo mai più?
Tenendo segreta la sua identità, e convincendo i miei compagni a fare altrettanto. D'accordo. Ma vorrei sul serio poter fare di più per lei. Vorrei darle la possibilità di cambiare il guidizio che ha sulla Chiesa, ad esempio, mostrarle quanto sia luminosa la strada degli uomini che scelgono la Fede. Ma non sarà facile, non credo che potrò convincerla a venire con noi.
Tutto si deciderà nelle prossime ore, probabilmente domattina presto. Speriamo bene.
18 novembre 517
Giovedì 25 Settembre 2008
Autunno
"E tu? Non mi sembri capace di combattere". Direi proprio di no, sir Tannembaun. Cercherò di fare comunque del mio meglio.... per quello che vale.
Per quello che vale.
Mi affaccio dalla finestra della mia nuova stanza. Colline a perdita d'occhio, verdissime sotto un cielo basso che minaccia pioggia. Surok, l'autunno. L'aria è fredda, in lontananza scorgo la spianata dove i miei compagni si stanno esercitando con le armi. Se mi concentro, riesco a sentire il rumore dei loro colpi, portato dal vento.
Io sto qui.
Non so combattere, non ha senso che mi unisca a loro. Sto qui nella stanza a giocherellare coi birilli, a farli volteggiare in aria per riprenderli al volo. A volte cadono, ma sto diventando brava.
Per quello che vale.
Abbiamo tutti i lussi, qui. Un letto soffice - troppo soffice - di quelli che sembra ti vogliano catturare. Quiete, pulizia, spazio. Le stanze sono una per ciascuno, le notti sembreranno lunghe. E' un lusso, una cosa di cui dovrei essere contenta: eppure preferirei dormire ascoltando il respiro quieto delle mie amiche che riposano, e non il silenzio della solitudine.
Chissà se anche a Chalard è arrivato l'autunno, se il cielo è così basso, se il vento ha questo stesso odore di pioggia. Chissà se ci daranno un incarico che ci porterà fino al mare, se potrò bagnare i piedi nell'acqua salata, se vedrò la mia pelle farsi bianchissima e grinzosa per il freddo. Chissà se torneremo presto a casa.
Siamo qui, per ora. Devo pensare a questo: Julie, non pensare alla tua casa!
I nostri ospiti sono gentili, stasera siamo invitati a cenare insieme a loro. I nipoti di sir Tannenbaun sembrano simpatici, in particolare quello piccolo, un bambino sugli otto anni.
Lo addestrano a combattere sin da ora... probabilmente per lui è soltanto un gioco. Chissà, forse non è così diverso dal crescere in una caserma, sempre in mezzo alle armi, ai combattimenti, ad un addestramento continuo. Chissà se gli piacciono le cacce al tesoro, se costruisce rifugi segreti, se ha tempo e spazio per sognare.
Non vedo l'ora di rendermi utile.
Eppure questo momento di tregua da tutto - da tutto veramente - mi ci voleva. Un momento per stare da sola, per pensare, per riordinare le tantissime cose che mi vorticano nella testa.
Per quello che vale, farò del mio meglio. In tutto quanto, sempre.
Per quello che vale.
Mi affaccio dalla finestra della mia nuova stanza. Colline a perdita d'occhio, verdissime sotto un cielo basso che minaccia pioggia. Surok, l'autunno. L'aria è fredda, in lontananza scorgo la spianata dove i miei compagni si stanno esercitando con le armi. Se mi concentro, riesco a sentire il rumore dei loro colpi, portato dal vento.
Io sto qui.
Non so combattere, non ha senso che mi unisca a loro. Sto qui nella stanza a giocherellare coi birilli, a farli volteggiare in aria per riprenderli al volo. A volte cadono, ma sto diventando brava.
Per quello che vale.
Abbiamo tutti i lussi, qui. Un letto soffice - troppo soffice - di quelli che sembra ti vogliano catturare. Quiete, pulizia, spazio. Le stanze sono una per ciascuno, le notti sembreranno lunghe. E' un lusso, una cosa di cui dovrei essere contenta: eppure preferirei dormire ascoltando il respiro quieto delle mie amiche che riposano, e non il silenzio della solitudine.
Chissà se anche a Chalard è arrivato l'autunno, se il cielo è così basso, se il vento ha questo stesso odore di pioggia. Chissà se ci daranno un incarico che ci porterà fino al mare, se potrò bagnare i piedi nell'acqua salata, se vedrò la mia pelle farsi bianchissima e grinzosa per il freddo. Chissà se torneremo presto a casa.
Siamo qui, per ora. Devo pensare a questo: Julie, non pensare alla tua casa!
I nostri ospiti sono gentili, stasera siamo invitati a cenare insieme a loro. I nipoti di sir Tannenbaun sembrano simpatici, in particolare quello piccolo, un bambino sugli otto anni.
Lo addestrano a combattere sin da ora... probabilmente per lui è soltanto un gioco. Chissà, forse non è così diverso dal crescere in una caserma, sempre in mezzo alle armi, ai combattimenti, ad un addestramento continuo. Chissà se gli piacciono le cacce al tesoro, se costruisce rifugi segreti, se ha tempo e spazio per sognare.
Non vedo l'ora di rendermi utile.
Eppure questo momento di tregua da tutto - da tutto veramente - mi ci voleva. Un momento per stare da sola, per pensare, per riordinare le tantissime cose che mi vorticano nella testa.
Per quello che vale, farò del mio meglio. In tutto quanto, sempre.
15 novembre 517
Mercoledì 10 Settembre 2008
Al Crocevia...
Mi rigiro nel letto e guardo il soffitto, anche se sono così stanca non riesco ad addormentarmi. Qui al Crocevia siamo al sicuro, tra le fortificazioni robuste di Pordunn, guardate da tanti soldati... ma l'atmosfera tetra aleggia anche qui, nel bisbigliare sommesso al piano di sotto, tra i lamenti dei feriti e l'odore del cuoio e della terra battuta. L'odore della guerra.
Siamo a Surok.
Siamo dentro Surok per poche leghe, il confine è vicino, eppure quanto è netta la sensazione di trovarsi in un altro mondo, improvvisamente lontanissimi da casa.
Ieri sera dormivamo fuori Dupont, con gli attori del carrozzone che ci rallegravano con le loro rappresentazioni, e stamattina è cambiato tutto: i sorrisi sono svaniti dai volti dei nostri compagni della carovana, sostituiti da sguardi tesi, occhiate attente all'orizzonte.
E presto, sotto la pioggia battente, siamo stati attaccati dai banditi.
Una carneficina. Un massacro mai visto, almeno sessanta morti, in più i feriti... la terra intorno ai nostri carri è diventata rossa, con la pioggia che non riusciva a lavare tutto quel sangue.
I miei compagni hanno combattuto coraggiosamente, insieme alle guardie della carovana, mentre io ho cercato riparo coi civili, e quando ho visto che alcuni dei briganti riuscivano a penetrare nel cerchio dei carri ho persino sbattuto lo sportello di un carro in faccia a uno di loro e sono corsa a raccogliere un'arma. Un'arma finta, me ne sono subito resa conto... ma in fondo, in mano a me, finta o vera è quasi uguale...
Non avevo mai brandito un'arma in vita mia. Non con la vaga idea di "poterla usare". Certo, molte volte ho preso in mano le armi dei miei cugini e dei miei amici, il martello pesantissimo di Eric, l'enorme ascia di Loic, la mazza di Lucius, la spada più maneggevole di Solice... ma sempre per curiosità, per prova. Mai in una situazione critica.
Oggi invece, quando ho afferrato quella spada, l'ho fatto pensando che avrei venduto cara la pelle. La mia e quella di tutti quei poveracci, donne e bambini, vecchietti... lo so, sono patetica. A stento so badare a me stessa. Eppure... mentre vedevo i banditi che si avvicinavano, e ancora i miei provvidenziali cugini, con Solice, non arrivavano, ho pensato: l'ho visto fare tante di quelle volte.... qualcosa avrò pur imparato?
Se mi sentisse Loic, a pensare queste cose...
...
Una volta che lo scontro si è concluso, i prigionieri sono stati tutti uccisi tranne pochi, che hanno parlato con Solice. Gente disperata, sbandati.
Briganti, d'accordo. Disertori. Assassini. Ma anche morti di fame.
La fame, ecco, è qualcosa che avevo dimenticato. E che in queste campagne disastrate aleggia come uno spettro. Non c'è giustificazione per quel che i briganti hanno fatto oggi. Non ci sono scuse. Ma... ma la fame e la disperazione spingono verso il male anche persone che non sarebbero così cattive.
Sono confusa, stanca, ho quasi paura di chiudere gli occhi perchè temo di rivedere tutto quel sangue, di risentire nella mia mente le grida di dolore.
Non pensavo che sarebbe stato così, il nostro arrivo nel Ducato di Surok. Ero pronta a soffrire un po' di nostalgia... ma non immaginavo di trovarmi in un luogo tanto desolato... tanto triste.
Siamo a Surok.
Siamo dentro Surok per poche leghe, il confine è vicino, eppure quanto è netta la sensazione di trovarsi in un altro mondo, improvvisamente lontanissimi da casa.
Ieri sera dormivamo fuori Dupont, con gli attori del carrozzone che ci rallegravano con le loro rappresentazioni, e stamattina è cambiato tutto: i sorrisi sono svaniti dai volti dei nostri compagni della carovana, sostituiti da sguardi tesi, occhiate attente all'orizzonte.
E presto, sotto la pioggia battente, siamo stati attaccati dai banditi.
Una carneficina. Un massacro mai visto, almeno sessanta morti, in più i feriti... la terra intorno ai nostri carri è diventata rossa, con la pioggia che non riusciva a lavare tutto quel sangue.
I miei compagni hanno combattuto coraggiosamente, insieme alle guardie della carovana, mentre io ho cercato riparo coi civili, e quando ho visto che alcuni dei briganti riuscivano a penetrare nel cerchio dei carri ho persino sbattuto lo sportello di un carro in faccia a uno di loro e sono corsa a raccogliere un'arma. Un'arma finta, me ne sono subito resa conto... ma in fondo, in mano a me, finta o vera è quasi uguale...
Non avevo mai brandito un'arma in vita mia. Non con la vaga idea di "poterla usare". Certo, molte volte ho preso in mano le armi dei miei cugini e dei miei amici, il martello pesantissimo di Eric, l'enorme ascia di Loic, la mazza di Lucius, la spada più maneggevole di Solice... ma sempre per curiosità, per prova. Mai in una situazione critica.
Oggi invece, quando ho afferrato quella spada, l'ho fatto pensando che avrei venduto cara la pelle. La mia e quella di tutti quei poveracci, donne e bambini, vecchietti... lo so, sono patetica. A stento so badare a me stessa. Eppure... mentre vedevo i banditi che si avvicinavano, e ancora i miei provvidenziali cugini, con Solice, non arrivavano, ho pensato: l'ho visto fare tante di quelle volte.... qualcosa avrò pur imparato?
Se mi sentisse Loic, a pensare queste cose...
...
Una volta che lo scontro si è concluso, i prigionieri sono stati tutti uccisi tranne pochi, che hanno parlato con Solice. Gente disperata, sbandati.
Briganti, d'accordo. Disertori. Assassini. Ma anche morti di fame.
La fame, ecco, è qualcosa che avevo dimenticato. E che in queste campagne disastrate aleggia come uno spettro. Non c'è giustificazione per quel che i briganti hanno fatto oggi. Non ci sono scuse. Ma... ma la fame e la disperazione spingono verso il male anche persone che non sarebbero così cattive.
Sono confusa, stanca, ho quasi paura di chiudere gli occhi perchè temo di rivedere tutto quel sangue, di risentire nella mia mente le grida di dolore.
Non pensavo che sarebbe stato così, il nostro arrivo nel Ducato di Surok. Ero pronta a soffrire un po' di nostalgia... ma non immaginavo di trovarmi in un luogo tanto desolato... tanto triste.
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