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10 Aprile 518
Domenica 5 Febbraio 2023
Neter
Adesso
La paladina ha finito il suo discorso e si accinge a percorrere la strada che la separa dal Sanatorio. Bohemond la segue come un'ombra e in generale i soldati di Angvard mi sembrano tutti sul chi vive: evidentemente Kailah ha passato le informazioni che le ho fornito a chi di dovere. Bene così. Francamente dubito che qualcuno di loro potrebbe fare granché nel malaugurato caso in cui lei decidesse di entrare in azione, ma se non altro avranno il tempo di suonare il corno, o quantomeno di urlar...
AAAaaagh-
Eccolo: il rantolo di un povero disgraziato colpito a morte in qualche vicolo intorno alla Fortezza. Praticamente impercettibile in questo casino, ma non per me.
Chi hai fatto fuori, stavolta? Mi bastano pochi passi per scoprirlo: una guardia di Angvard. Il suo compagno è ancora vivo. Lo hai lasciato così apposta per farlo urlare, in modo che possa attirare l'attenzione. La porta a cui le tue vittime facevano la guardia conduce alla caserma: non esiste posto più stupido per tentare una sortita. Non è qui che vuoi colpire.
Mi avvicino al soldato superstite, che sta cercando di portarsi alla bocca il corno. Quando mi vede ha un sussulto, come se per un attimo mi avesse scambiata per il suo aggressore. Lo prendo come un complimento.
Mi guardo intorno: nessuna traccia di lei.
«Aiutaci... ti prego...»
Alzo le spalle. «Non sono un medico, ma non hai niente di troppo grave: la buona notizia è che te la caverai». La cattiva è che il suo compagno invece è già stecchito, ma non è il caso che lo sappia adesso. Poi gli sfilo delicatamente il corno dalle mani, scuotendo la testa. «Atteniamoci al programma: la musica parte alle nove e trenta, dopo la cena sociale».
«Ferma... che fai...»
«Ti salvo la vita, genio: ma con discrezione, senza trascinare in questo evidente diversivo decine di soldati che devono invece restare al loro posto.»
Mi avvicino alla porta e suono il batacchio con tutta la forza che ho: poi, per sicurezza, sferro anche due pugni e un calcio. Dovrebbe essere sufficiente. «Ascoltami bene: quando verranno a soccorrerti, dì loro di non suonare il corn...» Troppo tardi: ha già perso i sensi. E pensare che c'è chi si stupisce che quell'inetto di Athos Alman voglia far fare tutto a noi Innalzati.
Torniamo a noi. Dove sei andata? Nel vicolo non ci sono impronte né tracce recenti. Alzo lo sguardo. I palazzi della Contrada della Scure hanno tetti sufficientemente robusti per saltarci sopra, evitando le strade affollate e illuminate a festa. Del resto, siamo state addestrate anche per questo... una vita fa.
Una vita fa
«Coraggio, ragazze: è molto più facile di quello che sembra». La voce di Kzar è tranquilla, rassicurante. Mentre parla tende persino la mano, come a voler comunicare che, nel malaugurato caso in cui le esaminande dovessero cadere, penserà lui ad afferrarle. Manuel e Sir Wilson osservano la scena dal basso, senza dire una parola.
«A sentire te sembra tutto facile», gli dico a bassa voce. Ci troviamo sul tetto del secondo edificio più alto della città: cadere da questa altezza forse non equivale a morte certa per un Innalzato, ma quasi.
«Beh, noi ce l'abbiamo fatta senza problemi: ce la faranno anche loro».
«Chi lo sa». E' in questi momenti che comprendo quanto Kzar sia migliore di me... Non soltanto come Innalzato, ma anche dal punto di vista umano. Per lui quelle due sono potenziali compagne, per me sono più che altro delle possibili rivali. Lui fa il tifo per loro, io no... o comunque, non me ne frega niente. Del resto, l'esame di oggi è anche una sfida tra il gruppo di Manuel e le nuove leve di Sir Wilson. Noi siamo i bambini prodigio, quelli che riescono a spostarsi di tetto in tetto in armatura senza problemi: loro... Beh, tra poco vedremo.
La prima a saltare è Felda. La meno dotata, almeno secondo me, ma anche la più disciplinata. In prove come questa la virtù più importante non è la forza del sangue o dei muscoli, ma la consapevolezza dei propri limiti. Anche perché, come dice Manuel, la prima crescerà, col tempo e l'esercizio: la seconda, no.
Lo slancio di Felda è buono, ma la distanza percorsa in aria è a malapena sufficiente per raggiungere il tetto dove ci troviamo. I piedi atterrano pericolosamente vicini al cornicione, a pochi centimetri dal vuoto: se al posto nostro ci fossero dei nemici, basterebbe un calcio sferrato al momento giusto per vanificare il tentativo e precipitarla giù. Noi abbiamo saltato molto meglio di così. Ma Kzar alza il pugno in segno di esultanza; sir Wilson annuisce, visibilmente soddisfatto; Manuel applaude, addirittura. L'elogio della sufficienza. Rabbrividisco al pensiero del giorno in cui Felda dovrà coprirmi le spalle in battaglia, ma in fondo ha ragione Kzar: devo imparare ad essere più fiduciosa, per cominciare va bene anche così.
E' il momento di Cyanide... O Nox, come preferisce farsi chiamare. Effettivamente con un nome così orrendo mi sarei trovata un'alternativa anch'io. Manuel ci ha raccontato che sua madre è stata stuprata da un pirata di Norsyd durante un saccheggio e che poi è morta subito dopo averla messa al mondo: quello scherzo di nome le è stato dato dagli zii, gli stessi che poi l'hanno venduta a Sir Wilson per quattro spicci. Dicono che il suo sangue sia migliore di quello di Felda, ma che la capacità di controllo lasci ancora un pò a desiderare.
Nox si getta in avanti con uno scatto rapidissimo, disegnando un arco molto più stretto di quello di Felda... troppo stretto. Il piede colpisce a grande velocità il delicato innesto che divide il cornicione e la gronda, frantumando entrambi. Le sue ginocchia ruotano verso il basso, colpendo violentemente la prima fila di tegole poste alla base del tetto. L'impatto restituisce tutta la spinta del salto all'indietro, scaraventando la poveretta verso il basso. Esame fallito, direi così ad occhio.
Istintivamente, non capisco neppure io perché, mi getto verso di lei: non riesco ad afferrarla per un soffio. Quindi, spinta più dall'istinto che dalla ragione, decido di seguirla, precipitandomi nel vuoto. Non so cosa mi prende: che il buon cuore di Kzar mi abbia contagiata a tal punto? Forse la storia della sua infanzia mi ha fatto più pena di quello che pensavo: o magari, più semplicemente, mi va di fare bella figura con Manuel e Sir Wilson, agguantandola con un gesto atletico prima che la sua testa si sfracelli sul selciato a pochi passi da loro.
Il problema è che si tratta di un tentativo stupido, non appena mi trovo in aria capisco che non ce la farò mai. Riesco a raggiungerla, la mia mano la sfiora, ma non ho modo di agguantarla né di arrestare la nostra caduta. A saltare me la cavo bene, ma per compiere questo salvataggio serviva avere un paio di ali. Non posso fare altro che osservare Nox precipitare insieme a me, con l'amara consapevolezza che a breve toccheremo terra entrambe: lei di testa, io di schiena. Lei morirà sul colpo, io potrei cavarmela con qualche osso rotto... Forse.
Poi, un attimo prima che le punte dei suoi capelli bianchi tocchino terra, Nox mi mette un piede in pancia, si dà una vigorosa spinta ed effettua una giravolta in aria che le consente di atterrare in piedi: da lì si produce in un'altra capriola, scaricando a terra gran parte della forza d'impatto, per poi rimettersi in piedi con un unico movimento elegante e aggraziato. Una manovra da manuale.
Immediatamente dopo sono io a toccare terra, schiantandomi di schiena su un carretto di paglia a dir poco provvidenziale. Quando si dice la fortuna...
Per qualche istante vedo tutto nero: capisco di essere ancora viva quando sento gli applausi divertiti di Sir Wilson. Apro gli occhi e vedo una mano: l'afferro, pensando che sia quella di Manuel, e mi rialzo a fatica, poi mi accorgo che è quella di Nox.
«Sei viva», mormora con voce fredda. Non è una domanda, ma una constatazione. Sembra quasi delusa. La guardo: non sembra molto amichevole, eppure se è riuscita a fare quel numero da circo è anche merito dei miei addominali. La sua mano stringe con forza la mia, come se volesse frantumarla. I suoi occhi biancastri mi scrutano con aria di sfida, come a dirmi "pensavi che sarei stata io a schiantarmi, e invece..."
Alzo le spalle, sottraendo con uno strattone la mia mano alla sua morsa non appena riesco a rimettermi in piedi: nell'istante in cui lo faccio, sento una fitta lancinante trafiggermi il fianco. Le pallide orbite di Nox mi scrutano il ventre con morbosa curiosità. Seguo il suo sguardo e mi accorgo che ho una grossa scheggia di legno che mi spunta dalle viscere.
«Fa male, vero?» Non rispondo. Altroché, se fa male: chissà chi ha messo in giro la leggenda che gli Innalzati non sentono il dolore. Lo sopportiamo ma lo sentiamo, eccome se lo sentiamo. Piuttosto, perché questa scema continua a guardarmi con malcelata delusione per il fatto che ancora respiro? Ha capito che sono saltata giù per aiutarla, o...
La sua mano raggiunge la punta della scheggia. «Puoi gridare, se vuoi...» mi dice, guardandomi negli occhi con aria fredda e inespressiva. Le sue dita si serranno sul legno, imbrattandosi del mio sangue. Poi, lentamente, comincia a spingere. Ma cosa cazz...
Adesso basta. La spingo via con forza, sopportando ben volentieri un'altro spasmo di dolore pur di mettere un pò di distanza tra me e questa stronza sadica. «Ma tutto a posto?» Esclamo, visibilmente infastidita. Lei mi guarda impassibile, senza tradire alcuna emozione. Che razza di...
«Tutto a posto, Ayza?» Manuel e Sir Wilson ci raggiungono, interrompendo la nostra conversazione. «State bene, ragazze?» Fa eco Kzar dal tetto sopra di noi. Lei mi guarda, portandosi un dito alle labbra in segno di silenzio. Riesco a sentire il mio sangue, su quel dito. Avevo ragione: vuole sfidarmi.
Stà tranquilla: non sarà adesso che ti farò fare la figura di merda che meriti. Nel frattempo, impara a saltare.
Adesso
Sono passati diversi minuti dal diversivo e ancora non è successo niente. Qual è il tuo obiettivo, Nox? Madre Magdalene è protetta da un soldato esperto e la sua fede le consente di mascherare il suo odore, quindi non puoi trovarla facilmente. Lady Yara non è verosimile, troppi soldati e porte di ferro tra te e lei. Quanto a Crystal... lei è un bersaglio facile, il Sanatorio a quest'ora è sicuramente a corto di soldati: mi conviene andare lì.
La Strada dei Ponti, che collega la piazza della Fortezza al Sanatorio, è gremita di tavolate e gente che attende di essere servita. I bambini, non paghi delle pignatte che hanno spaccato per tutto il pomeriggio, giocano e corrono da tutte le parti. Con questo casino di suoni e odori capire chi c'è e cosa succede dentro al Sanatorio è impossibile anche per me: non mi resta che dare un'occhiata di persona. Fortunatamente non hanno ancora riparato il rosone. Mentre atterro dentro alla sala di meditazione ripenso a quando Kzar ed io lo abbiamo rotto, meno di due mesi fa, poche ore prima che lui incontrasse il suo destino. Peccato che non ci sia lui al posto mio, ora... Saprebbe cosa fare. Soprattutto, saprebbe come comportarsi con Annie, cosa che io...
All'improvviso mi assale un terribile sospetto: Annie, la Pristina della Mantide. E se fosse lei, l'obiettivo di Nox? Annuso l'aria, cercando di concentrarmi, mentre corro verso le scale che portano ai piani inferiori. Sento l'odore di Crystal e quello di Bohemond: stanno parlando. Intorno a loro, nelle altre stanze, avverto la presenza di altre persone, probabilmente malati e soldati. Non sembra esserci alcun problema, almeno per ora, a parte il tanfo pestilenziale della Carminia. Che faccio? Resto qui o faccio un salto a vedere come sta Annie? Lei e Colin sono venuti a sentire l'ultima parte del discorso di Crystal, Nox potrebbe averli visti e seguiti fino alla casa dell'erborista. Con loro ci sono soltanto una vecchia e un soldato anziano, se li attacca non ce la faranno mai.
Risalgo in fretta le scale fino alla sala di Meditazione, quindi mi arrampico sullo scheletro del rosone fino a raggiungere il tetto. La casa dell'erborista è a sud-ovest da qui, ma gli echi delle tavolate mi impediscono di...
... E poi la vedo, in piedi sul tetto della casa a nord del Sanatorio: lo stesso da cui spiccò quel salto, una vita fa.
Non dice una parola, ma non è necessario: mi è sufficiente osservare il bianco dei suoi occhi, freddo e inespressivo, per capire come stanno le cose. Il suo obiettivo non è Madre Magdalene, Lady Yara, Crystal, e neppure Annie. Il suo obiettivo, stanotte, sono io.
Una vita fa
«Siete ancora in tempo per ripensarci».
La voce di Kzar tradisce una certa preoccupazione. Il suo è un tentativo velleitario, ma come sempre ha ragione: se sarò sconfitta, lui perderà una valida compagna d'armi... e forse, perché no, una buona amica; ma anche se vincessi, Manuel non sarà affatto contento... e Sir Wilson andrà su tutte le furie.
Comunque andrà, saremo tutti puniti duramente: una tra me e Nox con la morte, l'altra per aver commesso il fatto, e tutti gli altri per non avercelo impedito. Eppure, non è certo il primo regolamento di conti tra Innalzati a cui assistiamo da quando siamo qui: l'unica differenza è che stavolta il livello è davvero molto simile, quindi il rischio di farsi male, davvero male, è concreto... Specie considerando che lei non vede l'ora di togliermi di mezzo.
I nostri compagni si dispongono ai lati dello spiazzo dove ci troviamo, in attesa che lo scontro abbia inizio.
«Sei pronta, Ayza?» mi chiede Vesa: a lui spetterà il compito di interrompere lo scontro se Nox non sarà in grado di dichiararsi sconfitta. Il mio padrino, ovviamente, sarà Kzar.
«Si», esclamo: «sono pronta». Kzar rivolge la stessa domanda a Nox, che si limita ad annuire e a sollevare la sua imponente lama nera verso il cielo.
Un istante dopo mi è addosso. E' drammaticamente più veloce dell'ultima volta che l'ho vista combattere, ma il problema vero è il peso della sua arma rispetto alle mie. I suoi colpi mi schiacciano a terra, togliendomi il tempo di reagire come vorrei.
Il principale punto debole di un'arma a due mani è il cambio di ritmo, in quanto chi la brandisce ha bisogno di mantenere una certa regolarità tra offesa e difesa; ma la tecnica con cui Nox manovra la sua lama si basa su un presupposto diverso, che soltanto un essere con la forza di un Innalzato può mettere in pratica. Le sue mani ruotano in continuazione intorno all'elsa, facendo mulinare la lama come un vortice che non si ferma mai: l'unico modo per colpirla è penetrare all'interno di quel vortice, rischiando di essere fatta a pezzi...
... Oppure colpirla a distanza, che è proprio ciò che intendo fare non appena sarò riuscita a mettere un pò di spanne tra me e lei. Metto dentro una serie di finte quindi salto all'indietro, evitando i suoi affondi e uscendo dalla portata della sua lama. Continuo a saltare una, due, tre volte, quindi mi piego sulle ginocchia e scaglio con forza le mie due spade verso di lei: quella di destra al ventre, quella di sinistra al torace, così da chiuderle ogni velleità di schivata. Se vuole sopravvivere dovrà bloccarle entrambe con un colpo estremamente preciso della sua lama, altrimenti sarà lei ad essere tagliata in due.
Le mie lame impattano all'unisono il vortice nero che la circonda: una delle due le lambisce appena il fianco, l'altra rimbalza a terra a poca distanza da lei, tra le grida entusiastiche degli Innalzati che osservano lo scontro. Non credo ai miei occhi: è riuscita a deviarle entrambe. Come diavolo ha fatto a diventare così forte? Adesso sono io ad essere nei guai.
Mi sento addosso lo sguardo di Kzar. So cosa sta pensando: sono disarmata, arrendermi ora non sarebbe troppo disonorevole. Scuoto la testa. Per lui, forse: per me non è un'opzione.
Adesso
«Vuoi la rivincita, eh? D'accordo: la avrai». E' venuta preparata, come e più dell'altra volta: posso sentire il profumo della Garmonbozia che la pervade dalla testa ai piedi. Si prepara a spiccare il volo per raggiungermi, elegante e bellissima come sempre: lo stesso luogo, lo stesso salto di una vita fa. Va bene, stronza: vediamo se hai imparato a non romperti i piedi sul cornicione.
Ci lanciamo nel vuoto insieme, librandoci in aria come due predatori notturni. Combattere in aria quando non sai volare è la cosa più difficile da imparare in assoluto: e io e lei, dopo Kzar, eravamo le migliori.
Il mio tetto è più alto, cosa che mi fa pensare di avere un minimo di vantaggio. Grosso errore: la portata della sua lama mi prende in contropiede, costringendomi a difendermi e a perdere stabilità.
E poi arriva il peso, sotto forma di pressione fortissima sulle mie spade. La sua arma mi sale addosso come una ruota, colpendomi una, due, tre volte grazie al vortice scaturito dall'innaturale rotazione impressa dalle sue mani. Quelle dannate braccia le sono ricresciute meglio di prima. Riesco a deflettere il primo colpo, al secondo ci pensa l'armatura, il terzo mi penetra tra il fianco e il dorso. Sento il suono del corpetto che si squarcia come fosse carta, quindi il freddo mortale di quel ferro nero che mi scava dentro la schiena. L'impatto mi scaglia verso il basso, proiettandomi giù, nel vuoto. Rivivo la caduta di una vita fa, ma stavolta Nox non si trova sotto di me in procinto di schiantarsi ma sopra, in alto, con i piedi ben saldi sul tetto del Sanatorio. Questa volta è mio il corpo che precipita verso il selciato, sono io ad aver fallito l'esame.
Una vita fa
Si mette male. Ho recuperato le mie spade, ma per farlo ho dovuto incassare due o tre colpi che non promettono nulla di buono. Non so se oggi questa sadica è in stato di grazia o sono io ad essere particolarmente lenta, ma non riesco a mettere a segno un colpo che sia uno.
Guardo in direzione di Kzar: lo so cosa stai pensando, amico mio. Forse dovrei davvero arrendermi, se non fosse che non ho alcuna intenzione di farlo. Piuttosto la morte, la sofferenza, l'inferno di ghiaccio, le fiamme eterne, le tempeste di acido di Aghvan: ma la resa, mai.
Poi, appena dietro Kzar, i miei occhi mettono a fuoco qualcosa di impossibile. Una cascata di capelli biondi che circondano un viso angelico, due occhi dello stesso colore del cielo che mi guardano carichi di affetto, comprensione e speranza: una bambina... no, è una ragazza ormai. Ireena? Riesco a scorgerla solo per un attimo, poi la visione viene interrotta dalla sagoma di Nox che si staglia di fronte a me, elegante e spaventosa, in procinto di darmi il colpo di grazia.
«Fa male, vero?»
Ancora quella domanda: quanti mesi sono passati da quel giorno? Abbastanza per trasformare una ragazzina sadica in una guerriera spietata... ma non per renderla più forte di me. Non ancora. All'epoca non le risposi, adesso ho tutta l'intenzione di farlo.
«Altroché, se fa male. Ma stavolta non ci sono Manuel e Sir Wilson a cui rendere conto: siamo solo tu, io e i nostri compagni, di fronte ai quali stai per fare la figura che meriti.»
Chiudo gli occhi, concentrandomi sull'immagine di Ireena. Il sangue degli Antecessori ribolle dentro le mie vene: tutte le energie che mi restano si concentrano nei muscoli delle gambe, mentre mi preparo a sferrare un ultimo, micidiale colpo.
Adesso
Ironia della sorte, anche questa volta lo schianto della mia caduta viene attutito da un carretto di paglia a dir poco provvidenziale. Chissà se il proprietario è lo stesso: dovrei riempirlo di soldi, è la seconda volta che mi salva la vita.
L'impatto è comunque devastante. Sento schegge da tutte le parti, proprio come quel giorno di una vita fa. Stavolta però Nox non mi porgerà una mano per farmi rialzare, ma la maledetta lama nera con cui intende farmi fuori. Chissà se mi toccherà sentire ancora quell'odiosa domanda: sarebbe la terza volta. Certo, la risposta che le diedi l'ultima volta dovrebbe esserle rimasta particolarmente impressa: pensava di avermi in pugno, e invece rimase senza fiato... e senza braccia.
Io stessa non riuscii a capire cosa mi successe, come fui in grado di compiere quello scatto fulmineo che la lasciò immobile sul posto, sconfitta e mutilata. In seguito Manuel mi avrebbe spiegato che alcuni Innalzati, quando vengono messi di fronte a situazioni di vita o di morte, possono sviluppare una facoltà innata. Quel giorno, in quel preciso istante, io sviluppai la mia. Quando Manuel comprese la sua versatilità decise di chiamarla neter, dal nome di una sostanza alchemica che si trova nei sotterranei dell'Avamposto e in diverse altre zone di Ghaan. Una polvere biancastra che può essere utilizzata in vari modi: come detergente, come fertilizzante... o come esplosivo.
«Cosa è stato?»
«Sembrava uno schianto!»
«Siamo sotto attacco? Chiamate qualcuno, presto!»
Le strade sono affollate e illuminate: la gente passeggia e mangia per strada, in attesa che inizi la musica e si aprano le danze. E' piuttosto normale che ci abbiano notate: il punto è capire se è un bene o un male.
Due bambini mi si avvicinano, osservandomi alla luce della torcia che arde a poca distanza da noi. Male, direi: molto male.
«Sei ferita, signora? Guarda, Ron... è ferita!» Seguo i suoi occhi e mi accorgo della grossa scheggia di legno che mi spunta dalle viscere, proprio come una vita fa. Mi viene da ridere: ci mancava anche questa. Ti prego, bambina, non chiedermi se fa male.
«Ma cosa dici, Yanna! non è sangue vero, quello... E poi, non vedi che sta sorridendo? E' una recita... stanno recitando!».
Yanna guarda Ron con espressione interrogativa, quindi sposta nuovamente lo sguardo su di me: «Davvero state recitando?» Poi entrambi sollevano gli occhi sopra di noi, fino a raggiungere la sagoma nera di Nox che si staglia sul tetto del Sanatorio contro il cielo stellato, in attesa che quella conversazione finisca per scendere a darmi il colpo di grazia... Sempre che gliene freghi qualcosa di risparmiare questi due marmocchi. Nel dubbio, meglio non rischiare.
Annuisco a Yanna. «Si, certo», le dico dandomi una pacca sulla ferita. «E' tutto finto, non vedi? Io e la mia amica lassù stiamo preparando un numero... Se andate verso il palco, tra poco lo vedrete. Avanti... andate, adesso!».
Yanna tira un sospiro, visibilmente sollevata. «Possiamo vedervi mentre vi allenate?» chiede Ron.
Scuoto la testa. «Assolutamente no! Vi rovinereste lo spettacolo...» E, cosa ancor più grave, rischiereste di crepare. «Forza, correte al palco: ci vediamo lì!». Caro Dytros, se non vuoi che la tua prima festa qui a Ghaan resti impressa nelle lapidi di questi due mocciosi, aiutami a farli smammare.
I ragazzini cominciano a correre. Poi a un tratto Yanna si ferma e si volta verso di me, proprio sotto alla torcia che illumina l'angolo della strada. la sua chioma di capelli biondi si apre a incorniciarle il viso, mentre mi guarda con due occhi dello stesso colore del cielo.
«Chi è più forte, signora? Tu, o la tipa sul tetto?»
Incomincio lentamente ad alzarmi, sfilandomi di dosso le schegge più fastidiose: venti metri sopra la mia testa Cyanide Noctis solleva la sua lama verso il cielo stellato, preparandosi a saltare giù per finire il lavoro. Pare proprio che questa festa non sarà così pallosa, dopo tutto.
«Io, Yanna: sono più forte io.»