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9 Aprile 518
Venerdì 6 Gennaio 2023
E' stato bello finché è durato
Dodicimilaquattrocentoquindici, dodicimilaquattrocentosedici, dodicimilaquattrocentodiciassette...
E così alla fine è successo. Era inevitabile? Si. Però non mi sarebbe spiaciuto se fosse durata un pò di più. Magari fino alla festa che stanno organizzando i suoi compagni, che sono certa sarà molto pallosa.
Ho sempre avuto un rapporto strano con le feste. Quando ero piccola non mi facevano scendere in strada per paura che mi prendessi chissà che malattia, la quale mi avrebbe di certo uccisa visto come erano messi i miei polmoni. A volte partecipavo dalla finestra, con il migliore vestito che avevo, scrutando quel mondo festoso e distante dai vetri della mia camera; altre volte mi disinteressavo e andavo a dormire presto, fingendo di preferire la solitudine e il silenzio a quegli eventi mondani e rumorosi; e poi c'erano i giorni in cui stavo semplicemente troppo male per alzarmi, e allora mi veniva da odiare ferocemente tutti quei ruffiani e quelle cortigiane imbellettate che ballavano e si divertivano mentre io a stento riuscivo a respirare.
La mia famiglia non era povera, ma le cure al Nosocomio costavano troppo. Se sono viva è solo grazie a zia Masha e ai medicamenti che vendeva sotto costo a mio padre, togliendo il pane di bocca alle sue figlie e sfidando le ire dell'arcigno marito. Fino a quando la malattia arrivò a un punto tale che neanche i decotti di zia Masha riuscivano più a liberarmi i polmoni... e allora non restò che accettare l'offerta che il Camerlengo faceva a tutti i malati più o meno terminali: offrirsi volontari per un farmaco segreto che alcuni ricercatori stavano sperimentando altrove. Il prezzo da pagare era soltanto uno: rinunciare al proprio nome e alla propria famiglia, per sempre.
Fu così che me ne andai... letteralmente. Venni dichiarata morta a 17 anni, con tanto di esequie. Al cimitero di Trost c'è persino una piccola lapide a mio nome. Nei mesi successivi conobbi Messer Kurr, che a sua volta mi introdusse a Sir Wilson: fu proprio lui a dirmi che avrei dovuto affrontare un lungo viaggio, il più lungo della mia vita... ma che ne sarebbe valsa la pena. Aveva ragione? Non lo so. Mi verrebbe da dire di si, visto che poi alla fine non sono più morta. Poi però, quando mi trovo al cospetto di quelli che sono vivi davvero, mi chiedo se posso ancora definirmi tale.
Non è da me deprimermi in questo modo. La verità è che mi manca Ireena, in questo momento avrei davvero bisogno di lei. Ma dopo quello che ho fatto non posso più rischiare di metterla in pericolo.. e così non mi resti che tu, putrida marmellata di carne morta arancione dal nome impronunciabile. Io e te, ancora una volta avvinte in una spirale di agonia ed estasi, finché morte (quella vera) non ci separi. Ti vedo, mentre mi osservi dall'angolo buio in cui ti ho nascosta, ansiosa di entrarmi dentro e soddisfare la bestia che vive dentro di me. Ma so anche quanto puoi essere pericolosa per chi non ti conosce e non riesce ad assumerti a piccole dosi.
Chissà cosa sarebbe successo se quell'indiota di un soldato Greyhavenese ti avesse scagliata addosso a me: magari saresti riuscita a fottermi di brutto di nuovo, o magari no. Chi se ne frega, mi viene da dire, visto che ormai non penso di averne ancora per molto. E invece sei finita in faccia ad Annie, la quale invece qualche compagno e aspettativa di vita ce l'ha ancora. E quindi no, vederla leccare le fughe del pavimento di quella recondita stanzetta nei sotterranei del Sanatorio nella speranza di raccogliere qualche scolatura di te non mi sta bene. Perché Annie è sotto la mia protezione. Ho fatto una promessa e intendo mantenerla, quindi toglitela proprio dalla testa.
Purtroppo però io non sono Ireena, Manuel, Dharkan, o chiunque altro possa fornirle un valido supporto. Mi ha tollerata solo per una manciata di giorni, fin quando ho continuato a centellinarti per ridurre il trauma del distacco. E durante quel periodo è stata eccezionale, accontentandosi di quel poco che le davo senza mai fare storie. Io al posto suo probabilmente l'avrei ammazzata, come ho cercato di fare con Manuel: lo amavo, eppure sono stata più volte sul punto di frantumagli la testa a cazzotti pur di avere un pò più di te. Alla fine ha dovuto rinchiudermi per giorni... per il mio bene, certo, ma anche per il suo.
Annie è diversa: è ''speciale''. Sia Manuel che Kzar me lo dissero più volte, ma io mi rifiutavo di dar loro retta. Forse ero gelosa, magari volevo essere io quella ''speciale''. E invece avevano ragione loro. Lei è una ''pristina'', non è nata da una fiala inoculata da uno scienziato pazzo ma dall'unione fisica tra una donna e un demone. La differenza tra lei e me è la stessa che intercorre tra lo sperma e il piscio. Cosa pensavo di fare? Diventare amiche? Prendere il posto della sua adorata Ali? Ovvio che no. Un serbatoio di droga, questo sono stata, uno spirito neanche troppo affine con cui confrontarsi e scontrarsi fino all'arrivo dei suoi veri compagni. Saranno loro a fornirle il supporto che io non posso darle.
In ogni caso, il fantasma di Ali non ha nulla da temere: non ho intenzione di venir meno alla parola data. Farò in modo di tenere Annie in vita, anche se non passeremo più le notti insieme a parlare finché non ci viene sonno (ovvero mai) o a scrutare l'orizzonte in cerca di meraviglie che possiamo vedere soltanto noi. Il problema è che per farlo mi servi tu, dannata merda arancione, perché le bestie con cui presto o tardi ci dovremo misurare non hanno mai smesso di prenderti e io senza il tuo aiuto non li reggerò mai.
Laèl, il Re Muto; Temu, il Mordighiaccio; Vesa, il Bandito; Jarva, il Nordro; Sami, l'Orbo; Nox, la Dama Bianca. Ognuno di noi aveva un soprannome assegnatogli personalmente da Sir Wilson. Io, modestamente, sono (anzi, ero) la Dama Sterminatrice. Persino Annie ne ha uno: la Pristina della Mantide. A sentirlo incute un gran timore, peccato che non sia ancora in grado di onorarlo sul campo. E dire che stavamo facendo grandi progressi: poi sei arrivata tu e hai dovuto rovinare tutto... come al solito.
"Ayza, ma tu invece la prendi la Garmonbozia?" Ma vaffanculo, stupido maschio giudicante: cosa diavolo ne vuoi sapere tu, pensa a scolarti il tuo liquorino afrodisiaco e non rompere i coglioni.
Va beh, inutile rimuginarci: tanto vale tornare a contare le pecore. Dov'è che ero rimasta?
Dodicimilaquattrocentodiciotto, dodicimilaquattrocentodiciannove, dodicimilaquattrocentoventi...