La Marca di Havel




Il Simbolo di Eos





Segue dal capitolo quarto: alla selva nera


Anders � morto, Esmereld pure, e nel gruppo nessuno si sente troppo bene.
Raggiunta la cappella di Santa Brigida, Anders viene seppellito nel cimitero e tutti pregano sulla sua tomba. Si accampano nella cappella per dormire.
Al mattino, all'alba, alcuni soldati degli Orsi vengono a fare una perlustrazione. Sono sconfitti ma riescono a dare l'allarme, quindi tocca scappare, e di corsa!
Il gruppo viaggia nel bosco, un po' a caso, ma fa freddo e c'� poco da mangiare. E' molto difficile oltrepassare il fiume e intanto c'� sempre l'incubo di un pattugliamento. Non si sa poi se il Monastero abbia retto o sia stato conquistato.
La foresta nera � molto grande e dopo un giorno o due di cammino finalmente il gruppo si mette a leggere la scritta sulla scatoletta da poco conquistata.
Gisela per� � rapita da uno strano potere e legge cose che non ci sono scritte: "Kelost ritorna! Kelos spacca tutto!" e cose del genere. La scatola comincia a surriscaldarsi, la fanciulla � assorta fuori di se e la situazione si fa molto tesa. Scende la sera e Sieghard, mettendo in pratica consigli di Leblanc raccolti al Monastero prima della battaglia finale, traccia un cerchio a terra con il sangue e spera di proteggere il gruppo con questo strano sistema. Si incide anche un simbolo di Eos sul braccio.
Forte vento e la notte passa tranquilla.
Al mattino per� c'� una accesa lite tra Sieghard e Ben, il quale ha perso la fede, e Gisela, che ha scatenato chiss� cosa. Volano dei ceffoni.
Il gruppo riparte discutendo.
Ben: "il nemico resta ma i cavalieri non ci capiscono niente e sono diventati loro stessi degli eretici. Eosi non ce la fa e non ci aiuta pi�, ha bisogno persino degli infedeli"
Ben vuole riformare tutto e vorrebbe convincere Gisela ad aiutarlo, la ma ragazza � spaventata e teme che il suo potere sia in realt� molto malvagio.
Il viaggio nel bosco procede per un altro paio di giorni, disagio per la neve il freddo e la mancanza di equipaggiamento. Affacciandosi al limitare della foresta si vede una collina con una fortificazione, potrebbe essere un buon rifugio dal freddo.
E' una collina di guardia ormai abbandonata. Ma in basso si vede passare una carovana di gitani su una strada quasi invisibile che collega pi� torri di avvistamento simili.
Sieghard raggiunge la carovana e parla con una vecchia zingara che si chiama Aleja. Le chiede di Esmereld e lei riconosce la famiglia, dice che l'ha vista quando era solo una bambina. E' molto gentile con Sieghard e offre a lui e ai suoi compagni ospitalit� per la strada che dovranno fare insieme.
Gisela � un po' perplessa all'idea di andare coi gitani ma il gruppo viene scortato e rifocillato da loro. La sera accampamento e grande festa, musica e balli. Scarlet si trova un amico e ci balla tutta la sera, anche Ben fa amicizia con una ragazzina, Sophie, che se lo sbaciucchia un po'.
L'indomani, 11 dicembre, il gruppo viaggia ancora coi gitani e la sera ci si accampa in un villaggio dove viene fatto uno spettacolino, che riscuote molto successo.
Per una scommessa, Scarlet e Ben si ubriacano e stanno molto male, Wolfried li riporta ubriachi sul carro, ridotti molto male, poi una volta visto che non � grave li risbatte fuori.
Un giorno di sosta e poi i ragazzi vanno a parlare con la vecchia Aleja, che � un po' una chiromante.
Il primo a chiederle il futuro � Ben. Si fuma una strana pipa molto rilassante, e le chiede come fare a risolvere la missione e finire bene. Lei gli consiglia di andare via, a sud, di tornare dalla sua famiglia e abbandonare i cavalieri per non finire male. "Difficile unire le due cose, la pace e la tua vita". Deve capire quale sia la cosa pi� importante, ed � cruciale il sacrificio. Dice al ragazzo di essere coerente, lo compatisce molto. Ben se ne va piuttosto seccato.
Con Gisela la vecchia � molto pi� ostile. Le dice che Kelost si risveglier� grazie a lei "distruggere qualcosa di immortale � difficile", aggiunge, "avete soltanto una cosa pi� di lui".
Gisela chiede poi del suo futuro e dei suoi affetti, "puoi uccidere chi ti impedisce di avere quello che desideri", risponde la vecchia. "Ma � mia sorella!" risponde Gisela spaventata. Ma la vecchia non le dice altro e la tratta duramente.
Scarlet chiede dei suoi fratelli: "uno � tornato dai genitori, l'altro � vicino a te, adesso". Anche Scarlet � trattata con dolcezza: "scappa, � bene che tu fugga e torni dai tuoi, per non farli piangere ancora". La ragazza se ne va di scatto, turbata.
Wolfried li vede e fa una sonora ramanzina ai tre che credono a queste superstizioni: "dovete pregare di piu' e andare di meno dalle cartomanti, non dovete fare nulla, dovete stare fermi che fate solo danni".
Poi interpreta la profezia: "se ci credi a queste cose" dice a Ben, "la chiromante ti ha detto una cosa chiarissima, o fuggi o ti sacrifichi". E quando Ben cerca di fornire altre interpretazioni insiste: "no no, quando dicono cosi' vuol dire che muori, se ci credi � questo che ti ha detto, che muori sicuro". Poi dice a Scarlet: "se hai due fratelli in guerra a Memedir e uno solo � morto dovresti essere contenta".
Sieghard ascolta tutto e va a chiedere spiegazioni dalla chiromante. "Gisela � un pericolo, sia con voi che lontano da voi", dice lei, "� la volont� dell'uomo, la sua volont� il vero campo di battaglia". Poi insiste che il fratello di Scarlet � morto, ed � morto da eroe (ferito di fronte), e che ora sta accanto a lei.
Nei giorni successivi Ben parla molto coi gitani pi� giovani e cerca di capire come si acquistino i poteri con la natura. Fa molta amicizia con Sophie, chiede consiglio ad Aleja sulle proposte della ragazza e poi a Gisela. Mentre la vecchia lo incoraggia, Gisela � scandalizzata. Ben allora va da Sophie e giace insieme a lei nel bosco.
A sera il ragazzo � molto contento e fa un po' lo spaccone con Gisela, la quale prega molto insieme a Sieghard e Wolfried, che la tengono d'occhio attentamente.

Raggiunta la citt� di Velsen vengono salutati i gitani e il gruppo, dopo esseri equipaggiato per la montagna (muli, chiodi e picconi, pellicce pesantissime), si incammina senza una guida verso la Foresta Nera e i monti innevati.
Trascorrono alcuni giorni tranquilli di cammino nel bosco, sotto frequente nevischio. Fa freddo e nessuno ha voglia di parlare.
La comitiva segue il corso del fiume Isen, sulle cui sorgenti, secondo le parole profetiche del povero Anders, doveva trovarsi il luogo in cui visse Mor.
Col passare dei giorni il percorso si fa via via pi� difficile e ripido, e i muli sono di grande aiuto. Ben approfitta spesso della sua simpatia per le forme vegetali di vita per rivolgere ad esse la sua preghiera, suona il flauto e si sente in sintonia con il creato naturale intorno a se.
Il freddo e la neve aumentano, Gisela comincia a sentirsi male, di notte si ode l'ululato tenebroso dei lupi.
E' il 27 dicembre quando il gruppo si trova a dover seguire un ripido costone di roccia, a strapiombo su una rupe, sotto la quale scorrono tumultuose le acque del fiume Isen. Tutto intorno c'� neve, si puo' passare soltanto uno per volta.
Ad un tratto Ben avverte che il monte sta tremando, avverte gli altri giusto in tempo, pochi attimi dopo sopraggiunge una valanga, che seppellisce parzialmente il gruppo, e spinge di sotto uno dei due muli, con molto equipaggiamento sopra.
La situazione � particolarmente amara perch� il gruppo � bloccato sul costone, avanti e dietro c'� la frana che ostruisce il passaggio, sopra e sotto la parete a strapiombo. Alcuni pregano, altri brontolano, Ben inizia a suonare il piffero.
"Anders ci ha dimostrato che la potenza di Eos � in grado di plasmare le montagne, preghiamo!" invita Sieghard.
Ben intravede sopra il costone l'ombra di un uomo, lo chiamano, e dopo un quarto d'ora ritorna con una corda.
Senza parlare, uno alla volta tira su tutti quanti, c'� un costone pi� largo ed agevole, in alto, che prosegue in un sentiero meglio praticabile.
Prima di salire, gli ultimi macellano il mulo rimasto, e fanno tirare su anche l'equipaggiameno. Neve rossa.
Il tizio � un uomo grande e grosso, bruno e silenzioso. "Ringrazio Eos per averti mandato qui" dice Sieghard. "Veramente � stato il suono del mio flauto" specifica Ben. Lo sconosciuto tace.
Gisela, su richiesta dei Cavalieri, utilizza il potere magico per issare la carcassa del mulo caduto. Utilizza molto potere, lo sconosciuto la guarda malissimo. Il mulo spappolato � orribile, ma lei vede sotto la sua pelle qualcosa che luccica, e fa per prenderla. Davanti agli occhi esterrefatti dei cavalieri, la ragazza infila la mano nelle carni dell'animale ed � come se vedesse al suo interno. Ne estrae un insetto, uno scarabeo vivo.
Sieghard inorridisce, prega e sente il dolore dell'inevitabilit�, orrore e tristeza.
L'eremita muto si allontana e gli altri lo seguono al rifugio, una grotta naturale sulla cima del monte, in parte che si sviluppa dietro ad una cascatella, le sorgenti dell'Isen.
Molto da lontano si intravede il mare.
Sieghard invoca Mor, questo era un tempo il suo eremo!
Visto che a quanto pare il muto occupa il rifugio dell'antico santo, � a lui che Sieghard si rivolge per domandargli dello scrigno. Ma questi non dice niente e non mostra nulla. Ha l'aria molto confusa e scruta i suoi visitatori con occhi torvi.
Nella grotta c'�, scavato nella pietra, un simbolo di Eos molto grande, ormai coperto da muschi. Sieghard domanda al muto che, con grandi sforzi, riesce solo a dire: "quello che si deve fare". E poi tocca la scatola di Sieghard, che non capisce. Indica poi Wolfried: "lui perde occhio" e poi, incerto: "vi ha guidato qui Warheit?"
L'eremita � smarrito, gli chiedono come si chiami e dice di essere Athor, ma non ne sembra nemmeno troppo sicuro.
L'indomani viene esplorata e messa a soqquadro la grotta, si cerca tra la roccia e sotto il ghiaccio, e sul cucuzzolo si trova una base di pietra nella quale c'� un grosso foro per attaccarci qualcosa. Athor, dopo un po' di versi incomprensibili, mostra un grosso simbolo di Eos, in legno, che calza perfettamente nel foro. Lo teneva sepolto sotto la neve, d'inverno: "estate" dice. "Non abbiamo tutto questo tempo" gli risponde Sieghard.
L'eremita cerca erbe aromatiche per migliorare la situazione delle sue corde vocali.
Il mattino seguente, tracciato col carbone sotto il grosso simbolo di Eos, c'� un testo scritto e misterioso, Gisela lo legge e tutti sono molto turbati.


INSERIRE IL TESTO DELL'ISCRIZIONE

Visto che, a parte questi strani fatti, non succede nulla, Sieghard decide di piantare sulla roccia il grande simbolo di Eos, rivolgerlo verso il mare e, l'indomani all'alba, di andare sulla vetta a pregare e attendere un segno su dove possa trovarsi la reliquia di Kelost.
Cos� fa. E l'indomani prima che sorga il sole Sieghard, seguito da Ben, sale sulla cima e guarda lontano, pregando. Il primo raggio di sole attraversa il simbolo di Eos e scende in basso, Sieghard si sporge e resta esterrefatto: c'� l'eremita, nudo, che sta lavandosi alla cascata gelida. E' di spalle, e sulla sua schiena, marchiate a fuoco, ci sono lettere in Soter antico.
Grande stupore, Sieghard si precipita di sotto e domanda all'eremita se sia lui Mor. Questi si guarda i polsi, che recano cicatrici profonde e antiche, e ha quasi un mancamento, poi disturbatissimo annuisce. "Non vorrei che Mor... forse � sempre rimasto qui!" dice Sieghard. Mor annuisce cupamente.
"Se morto... perch� siete tornati?" domanda poi con la sua voce affaticata. "Quanto tempo � passato?" insiste a chiedere. Ben porende in giro il Santo, che sembra molto turbato e con le idee veramente confuse. Mor riesce pero' a chiedere del Vescovo, confondendo forse generazioni di 400 anni prima, e dice di voler andare a parlare con Sir Faulkner.
Poi inizia a profetizzare che Vincent un giorno uccider� Ben, e Gisela Scarlet. Confonde i nomi, sovrapponendoli a quelli dei santi loro predecessori. Ben e Vincent sono piuttosto scettici: "la scatoletta ha messo i piedi" commentano.
Mor insiste che � stato sbagliato, ma che comunque "non sono importanti le nostre vite ma la rovina di Kelost"
"Me lo aspettavo ma non mi persuade" commenta Vincent.
"Piuttosto mi sacrifico io" fa Sieghard.
Armi e bagagli e si parte, direzione: Havel, da Sir Faulkner.
Prima di partire, su un costone di roccia molto lontano, Vincent intravede delle sagome in avvicinamento: sono una cinquantina di persone, capeggiate da un uomo v eramente grosso. Hanno mantelli marroni, probabilmente sono gente della Squadra degli Orsi, e forse quello enorme � Hordak.
Mor a un certo punto prega, si scuote ed � come se si risvegliasse, ancora piu' confuso di prima: "cos � questo corpo?" domanda, "che ci fai qui sopra Ben? e dove sta la stalla?" Il pover'uomo sembra che si sia risvegliato con la mente di Anders, che ricordava di essere ancora nella stalla con i due nipoti del Cardinale.
Il delirio � totale quando Anders/Mor esclama: "io sono morto!" Sembra impazzito, ma non c'� tempo da perdere. "Io sono Anders, anche se questa non � la mia faccia" esclama l'eremita con la sua voce strozzata.
La reliquia di Kelost � dentro Anders, � il suo Sangue.
"O mio Dio..." commenta Sieghard.
Non c'� tempo da perdere, tocca muoversi. Si mettono in marcia, senza pi� la guida di Mor, esperto della zona. Al suo posto c'� uno smarrito Anders che insiste a domandare: "i figli del Cardinale mi hanno sconfitto?" Si sforza la voce, sputa a terra, Ben commenta che � meglio se evita.
"Sei stato tu a vincere" lo rincuora Gisela.
"Diciamo che � stato un pareggio" commenta sarcastico Vincent.
Si scollina e il gruppo scende verso una vallata coperta da alberi. Nel pomeriggio gli uomini di Hordak raggiungono il rifugio di Mor, e nella notte danno fuoco al simbolo di Eos. Intanto il gruppo � accampato nel bosco. Si vedono fiaccole che scendono sul crinale, ma hanno parecchie ore di ritardo.
"Perch� non ho pi� voce, dannazione!" esclama Anders.
"Perch� il tuo corpo non parla pi� da 400 anni"
Non si puo' far altro che pregare. Sieghard ha una strana visione in cui sovrappone le figure dei suoi compagni ad altre, molto piu' antiche, quelle dei Santi di allora. Solo Mor � sempre lo stesso. Nel buio il simbolo di Eos sulla vetta arde cupamente.
L'indomani il gruppo � molto mal messo e scende per la collina, Scarlet sta male e non riesce quasi a camminare, nevica e fa freddo, anche Gisela � esausta.
Il giorno cala prestissimo, ci si accampa ed � necessario fare un grande fuoco per non morire assiderati. La serata � pessima, i piedi semicongelati. Tutti pregano alacremente, a partire dallo smarrito eremita che non sa piu' chi e'.
In lontananza sembra di sentire l'abbaiare di cani.
E' il giorno tra il 623 e il 624, il risveglio � difficile. Vincent non apre gli occhi, ma � assalito da un delirio in cui tanti pesciolini gli divorano le estremit�. Anche le ragazze e Ben sono febbricitanti.
Ma ecco che si odono dei fruscii per la boscaglia, il suono di un corno, e un gruppo di soldati � subito loro addosso.
Lo scontro � cruento, i nemici sono sei. I cavalieri e Scarlet ne affrontano una gran parte, Mor ne abbatte uno con l'arco. Alle spalle per� Gisela e Ben vedono un tizio, grosso e brutto, che avanza verso di loro. Per proteggere Ben, che prova a fermarlo con il suo pugnale e viene ferito ad una gamba, Gisela decide di utilizzare i suoi poteri magici.
E la ragazza esagera.
Il suo potere fluisce violento, come una luce violetta, assale il tizio e gli si incolla sopra, lei avverte il delirio della potenza di aver totalmente in pugno il suo opponente e ne vede altri che arrivano da lontano, anche su di loro indirizza il suo potere, � invincibile.
Mor stride: "la strega sta risvegliando i dem�ni" e le si butta addosso per fermarla. Sieghard anche cerca di placarla, prova a legarla ma lei con la magia brucia le corde con cui cercava di immobilizzarla. Lui � costretto a darle una botta in testa per farle perdere i sensi.
Degli assalitori ce ne sono due vivi, uno dei quali viene subito ammazzato, gli uomini contro cui Gisela ha indirizzato il suo potere sono tutti morti, in modo molto truculento.
Ben, credendo che Gisela sia morta, si arrabbia con i cavalieri, e anche quando la ragazza, trasportata di peso da Mor, riprende i sensi, inizia ad inveire.
Vincent interroga il prigioniero butterato, dice di chiamarsi Fredrick, ed ha molta paura di fare anche lui una brutta fine. Dice che prima lavorava con Sir Edward, e dopo la caduta del Monastero della Selva Nera il capitano ha deciso di muovere contro la citt� di Zagan - Mor sorride - e a lui sembrava una follia, e poi Hordak, insieme agli stregoni che accompagnavano i nipoti del Cardinale, offriva pi� soldi, e a lui i soldi servivano...
Interrogato espressamente, Fredrick racconta che il Monastero � caduto, e che Leblanc � morto combattendo contro Hordak, ma che stranamente Padre Logan e quasi tutti quelli che si erano rifugiati nella fortezza non sono stati trovati: mentre Leblanc bloccava Hordak in combattimento, sacrificandosi, quelli sono riusciti a fuggire.
Adesso Hordak indossa il mantello bianco di Leblanc.
A sera Mor comincia a riprendere lucidit� e a sentirsi se stesso e non piu' Anders, nonostante le due identit� siano ancora molto confuse. Trova un rifugio in una grottina e li' il gruppo si ripara e cerca di riprendersi dalle intemperie.
Sono tutti turbati per il comportamento di Gisela, che ha fatto una pericolosa stregoneria.
L� Ben discute animatamente con Sieghard: "tu noni hai mai fatto un'azione buona, Sieghard: come osi rimproverare Gisela?"
Mor fa pregare il prigioniero (terrorizzato) e poi disegna a terra il simbolo di Eos e lo indica a Ben.
"Questo � pazzo" commenta il ragazzo. L'eremita vuol farlo pregare, ma lui si rifiuta.
Gisela spiega, per giustificarlo: "adesso Ben prega altri dei... la religione della natura"
Cala il gelo.
Ben infine dice che non vede l'ora di andarsene. Vincent cerca di mettere pace e ringrazia Gisela per aver salvato Ben, anche se utiilizzando i poteri magici.
Durante la notte Gisela percepisce qualcuno che, non tanto lontano, sta compiendo incantesimi.
L'indomani ancora nevica, si riparte, a mezzogiorno viene raggiunto il crinale e si vede in lontananza Hordak che avanza con il mantello bianco. Gisela dice che potrebbe scatenare una valanga su di loro, Sieghard glie lo vieta. E l'indomani, quando loro sono in basso e Hordak e gli altri inseguitori sopra, dopo il suono di un corno i ruoli si ribaltano: qualcuno utilizza la magia, ed ecco una valanga cade su di loro.
Tutti si trovano coperti di neve, alcuni anche feriti, in particolare Scarlet e il prigioniero si fanno molto male. E' difficile ormai proseguire, a sera si avanza con le torce e finalmente viene raggiunta la valle, con la foresta. Qui � pi� facile far perdere le prorpie tracce, il gruppo si accampa vicino al fiume.
Sieghard pensa che, visto che mezzo gruppo � ferito e gli inseguitori sempre pi� vicini, potrebbe servire fare un rito naturale, un sacrificio. Lei � d'accordo a provare, fanno un cerchio protettivo attorno al campo, pregano, e poi la ragazza chiede di farsi marchiare a fuoco il simbolo di Eos sui palmi delle mani.
Lei si concentra per sacrificare il suo potere, viene arroventato un simbolo di Eos di metallo e lei stringe i palmi delle mani su di essi. Il dolore � atroce, i cavalieri la tengono ferma, lei stringe i denti piu' che puo' e riesce a trattenere le grida.
Ma quando allenta la presa sul simbolo e le appaiono le piaghe gonfie e doloranti sulle mani, la ragazza scopre con orrore che il simbolo di Eos si � spezzato tra le sue mani, e che adesso il marchio sulle sue mani � sbagliato, rotto e deformato. Questa amara scoperta l'addolora molto.
"Quando la tua fede sara' pi� forte di ogni tentazione e la tua conversione completa, vedrai Gisela, quel simbolo tornera' integro" la consola Sieghard.
Lei � assalita dalla febbre e passa una notte terribile. Ben sacrifica se stesso dormendo al freddo fuori dalla tenda e l'indomani sta malissimo, con i primi sintomi di una polmonite.
Il viaggio riprende nel bosco, si va senza sentiero, gli inseguitori li hanno superati senza accorgersene. Il gruppo devia verso ovest, la meta � Mistelbach: si vuole contattare Padre Rodenbas.
Sieghard obbliga Gisela a giurare sulla sua vita che non utilizzer� mai pi� i suoi poteri magici. La ragazza alla fine acconsente e giura. Sieghard l'avverte che lui stesso concretizzer� le minacce qualora lei violasse il giuramento.
Si avanza per la campagna deserta e coperta da nevischio triste.
L'indomani vengono trovate per caso nella campagna le rovine di una citt� morta da 200 anni, Agondar. Il luogo � inquietante, sembra che ben pochi l'abbiano visitata da allora: c'� una grande chiesa nella quale giacciono centinaia di scheletri ormai scarnificati.
La parete sul fondo rappresenta una scena ambientata a Memedir, un baule che viene aperto e tanti infedeli. Il prete scheletrito non ha pi� le mani, giace davanti all'altare. Appeso al muro c'� un ex voto che sembra essersi accartocciato con gli anni. Il gruppo non indaga oltre, animato da strani presentimenti.
Ben, che suona il flauto sul campanile, si trova proiettato in una sensazione quasi onirica, gli sembra che il mondo al di fuori di quelle mura non esista pi�.
Il gruppo, turbato, si accampa l�, recupera un po' di monete come autofinanziamento.
"Non credo che qui il problema sia Kelost" dice Mor, "ma coloro che ci stanno giocando. Il demonio ancora non si � svegliato e se non viene sfruculiato non si sveglier�" L'indomani riparte. Si avvicinano delle colline, sulle quali la notte si intravedono delle luci.
Un paio di giorni dopo � raggiunto il gruppo di fattorie dove giunsero mesi addietro i Visitatori Notturni. Il gruppo ci passa vicino con malinconia. La sera si � ospiti di una fattoria molto sospettosa: il prete ha detto di non aprire a nessuno per nessun motivo dopo il tramonto. E solo Ben viene ospitato, il povero ragazzo continua ad avere sintomi di malattia.
Ed ecco Mistelbach, il giorno dopo, a sera.
La palizzata � chiusa, viene chiamato Mark il figlio del capo delle guardie, che li conduce da Padre Rodenbas. La citt� � sguarnita di guardie, spiega Mark, quindi anche il prete ha preso servizio. Gli uomini abili sono infatti in gran parte partiti per Memedir, e il pericolo dei banditi � molto elevato: assaltano le fattorie e infestano le strade, dove colpiscono specialmente i messaggeri.
E cos� trovano padre Rodenbas nell'altro casottino di guardia, che veglia e beve vino caldo, come un soldato.
Scambio di informazioni, il prete ascolta attentamente e si stupisce molto: "Eos � grande" commenta cupamente.
Dice poi che Hordak e i suoi sono passati un paio di giorni prima, diretti a Zagan. Racconta anche che a Vallombrosa stanno ricostituendo l'ordine monastico: alcune donne si sono sistemate tra le mura del Monastero, che poco a poco ricostruiscono. Una di loro � la madre di una monaca uccisa e di un ragazzino fuggito di casa. Ben fa finta di niente.
Il gruppo va in canonica a riposare e pregare, Mor dice a Ben che deve scegliere se continuare o no, lui dice di s�, ma che non lo fa per Eos.
All'alba torna padre Rodenbas, Mor gli chiede se pu� dire messa alla cerimonia del Saluto e il prete acconsente.
"I sacrifici fanno guadagnare del tempo prezioso"
Mor fa una funzione alla quale vengono molte persone e ascoltano con stupore la predica secondo il rito antico, sebbene la predica � tradotta, non in Soter. Le parole di Mor non sono rassicuranti, tutt'altro: sono tempi molto bui e se ne preannunciano di peggiori. La gente se ne va perplessa, e Mor si sente molto male, sente il sangue che gli ribolle cupamente.
L'indomani il gruppo parte per Havel, attraverso la via interna: la meta � Sir Faulkner.
Fredrick si � comportato tanto bene che � stato nominato compagno, non pi� prigioniero. E continua a seguire il gruppo spontaneamente per aiutare.
Lungo la strada si trova una fattoria popolata di omaccioni banditeschi e donnine, gente fuggita all'arruolamento per Memedir. Offrono un tetto e un pasto alla compagnia, Sieghard fa domande a Sam, il pancione capo, il quale gli mostra il cadavere di uno degli uomini di Hordak, che � passato e si � comportato male.
Il viaggio si rioprende verso Velsen, da cui deviare per Havel. Il ponte � a Velsen.
Il gruppo vuole passare senza farsi notare, soggiorna nella locanda "la societ� dei magnaccioni" e la mattina presto riparte, oltrepoassato il ponte, per andare fuori citt� e poi a sud, ad Havel.
Alle porte pero' Fredrick riconosce un tizio, uno degli uomini di Sir Edward, che con fare sornione sorvegliava chi passava per le porte. Era quello che gi� aveva a suo tempo sorvegliato Anders e i cavalieri alla Selva Nera. Si torna indietro per farci due chiacchiere ma non c'� piu'.
Chiedendo informazioni a un tizio che gli stava vicino, si viene a sapere che alloggia alla locanda "Il Rosmarino". Tutti si dirigono l�, mentre Ben chiede ad altra gente e trova il posto giusto, "insalata mista".
Entrano Mor e i cavalieri, il tizio sta parlando con un altro, ad un tavolo, un uomo cicciotto e sornione. Gisela avverte Ben, da fuori, che il tizio � un mago.
Sieghard si avvicina all'oste e gli fa mandar via gli altri avventori e chiude la locanda. In quel momento Ben entra dalla finestra gridando: "attenti, � un mago!"
Stanno per andargli addosso, che dal mago si sprigiona una forte spinta che butta tutti a terra, Mor cade e si taglia, il sangue gli ribolle ed � assalito da una grande sete di violenza, vuole una spremuta di sangue e inizia a gridare: "portatemi via o l'ammazzo!!".
Sieghard cerca di trascinarlo via, in attimi concitati, mentre questi si dimena, il sangue di Mor cola freddo su di Sieghard, come se agognasse di strisciare fino alla scatoletta. Sieghard grida a Ben di togliergli la scatoletta, mentre lui sbatte fuori Mor, che � come impazzito.
Nel mentre Wolfried uccide il soldato con un colpo e manda al tappeto con una botta il mago, che perde i sensi. Gisela entra gridando: "uccidilo! uccidilo!" e appena Sieghard torna dentro Wolfried completa il lavoro.
La gente in strada comincia a radunarsi, le grida e i rumori si sono fatti notare. Si comincia ad andar via dalla porta sul retro, un avventore corre in strada gridando "ASSASSINI!! ASSASSINI!!" e Sieghard sale a cavallo e lo insegue, si scatena un parapiglia, tutti salgono a cavallo e corrono verso le porte per fuggire dalla citt�.
La voce tuttavia si sparge pi� in fretta e sono costretti a tornare indietro. Nella confusione il gruppo si sparpaglia, Sieghard travolge un poveraccio, Mor e Fredrik si fermano a soccorrerlo, Ben si nasconde tra la folla per non dare nell'occhio.
I cavalieri arrivano al ponte, che � sorvegliato. Una guardia nota il sangue e inizia a far domande, ma Wolfried, lapidario, gli dice che loro sono cavalieri di Eos e che fanno quel che il Dio ordina loro, e che lui non deve osare interferire. L'autorevolezza del tono e la minacciosit� dei suoi modi convincono la guardia a spostarsi, e tutti passano il ponte.
Ben raggiunge Anders e Fredrik, che si sono mischiati alla folla e sono riusciti ad uscire dalla porta sud.
Il gruppo dunque � diviso: Sieghard, Vincent, Wolfried, Scarlet e Gisela sono dal lato sbagliato del fiume, il prossimo ponte � ad Havel e la strada passa vicino alla Piana delle Lacrime, luogo che Mor insisteva a evitare perch� l� fu sconfitto Kelost.
Mor, Ben e Fredrik sono dal lato sud del fiume.
Sono tutti diretti a Zagan, da Sir Faulkner.

Continua nel capitolo sesto: la Piana delle Lacrime