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« Si piega l'Equilibrio costretto dalla sorte, e salva la Speranza che befferà la morte »
- Quentin -
 
Il fondo del barile
Grom
 
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5 dicembre 517
Mercoledì 13 Novembre 2019

Dal diario di Marv Fedai



5 dicembre 517

Morto Adrien, improvvisamente si sono ricordati di me. È venuta lei in persona a chiedermi di sostituirlo in uno spettacolo commemorativo, dal nome solenne di “La tempesta imperfetta”.
Si è inginocchiata vicino alla poltrona, coi capelli sciolti sulle mie ginocchia inerti, profondendosi in lacrime. “Eravate amici, abbiamo bisogno di te, della tua arte… solo tu puoi aiutarci a mettere in scena lo spettacolo che Adrien merita
Avrei voluto rifiutarmi, dopo quel che è successo tra di noi, ma non ce l’ho fatta, non ne ho avuto il coraggio.
Sono di nuovo schiavo di Lucida, e stavolta per sostituire dietro le quinte del Gran Teatro il vecchio amico che me l’ha portata via. Dannazione. Perché sono così debole?

La morte di Adrien mi ha preso alla sprovvista. Le circostanze del suo ritrovamento, ignobili e misteriose, lasciano interdetti.
Non so se abbia prevalso in me il dolore o un vago e vergognoso senso di soddisfazione. Era più un amico o un rivale?
Che poi rivale… chi credo di prendere in giro? Sono tutte illusioni! So bene di non avere mai avuto possibilità. Le lusinghe di Lucida hanno sempre e soltanto riguardato le mie capacità magiche. Diverso sarebbe se non fossi un uomo spezzato: ho colto più di una volta in passato gli sguardi di lei verso mio fratello, leggendo in essi il rimpianto di ciò che avremmo potuto essere. Se la mia mente e il mio cuore albergassero nel corpo intatto di Theo, Lucida avrebbe scelto me.

Oggi pomeriggio mi farò accompagnare al Gran Teatro e Ruyard mi spiegherà che genere di effetti spettacolari servono per “La tempesta imperfetta”. Voglio superarmi: sarà il più grande spettacolo mai messo in scena a Feidelm dai tempi di Ukut-Testa-Di-Martello.
Lo faccio per Adrien, in memoria della nostra vecchia amicizia, o per dimostrare che sarei stato migliore di lui? Oppure lo faccio per Lucida, per quei capelli biondi su cui solo poche ore fa ho posato la mano?
Forse non ha importanza. Ormai cosa cambia?

6 dicembre 517, a notte

È fatta. Dei, che spettacolo!
I morti si risvegliano e muovono arti inerti e putrescenti, mentre dalle onde emergono creature fantastiche e sensuali…
Lucida ha indossato il suo abito nuziale: che bella. Ho i brividi al solo pensiero.
Mentre da dietro i fondali guardavo le danze e mi lasciavo trasportare dalla voce di Ruyard e del coro, ho avuto per un momento la sensazione di poter io stesso fluttuare, libero dalla mia prigione di legno e metallo.
Adesso sono sfinito, già so che non riuscirò a chiudere gli occhi per l’eccitazione, mi sento svuotato da ogni stilla di potere magico. Ho dato tutto, e adesso la mia mente è leggera, al punto da spingermi a fantasticherie impossibili e bellissime.
Chissà, forse potrei accettare di rifarlo.


7 dicembre 517

Theo stamattina mi ha portato il famoso Darkenblot a casa.
Ancora non mi ero finito di preparare, dopo la notte piacevolmente insonne che ho trascorso. Quante volte mi aveva parlato di questo Darkenblot, io chissà che mi aspettavo. E invece è soltanto Jeremy Overdeen, che tante volte ho incontrato alla bottega di Mastro Mortimer buon’anima e persino una volta o due al banchetto di Frumentario.
Ci siamo salutati, con grande stupore di Theo, che pensava che non ci conoscessimo.
Overdeen per farla breve mi dice che servirebbe il mio aiuto per liberare un suo amico, ingiustamente rinchiuso nelle segrete della Chiesa del Radioso.
Io che c’entro?” gli ho chiesto.
Dopo la morte di Adrien, Overdeen non ha nessun mago su cui contare, questo è il succo. Nessun mago, quindi si rivolge a me.
Da mesi sapevo che Theo faceva parte dell’organizzazione di Darkenblot, e che Theo abbia un fratello mago – storpio – non è un segreto per nessuno. Ma solo ora che è morto Adrien, nientemeno che il temuto Darkenblot si scomoda per venire a trovarmi a casa.
La cosa divertente è che gli ho detto di arrangiarsi, e che ho già consumato ogni briciola di potere magico ieri sera allo spettacolo: adesso sono più inutile di un comodino.
Overdeen ha un po’ insistito, ma ha presto capito che nemmeno i maghi possono fare l’impossibile.
Ci siamo salutati cordialmente, se in futuro dovesse servirgli il mio aiuto, nei limiti del ragionevole, glie lo fornirò volentieri. Lo devo a Theo, più che altro. Con tutto il daffare che mio malgrado gli do, credo sia giusto ricambiare.



16 dicembre 517

Che gli Dei mi perdonino.
Vale forse l’amor fraterno più del rispetto di ciò che è sacro?
L’incantesimo che da anni studio in segreto, le carte preziose di Frumentario, gli scritti antichi che custodisco, a questo forse sono destinati?
La Chiesa del Radioso è il luogo in cui, da bambini, mio fratello ed io ci recavamo alle funzioni, insieme ai nostri genitori. Ricordo l’atmosfera solenne, il profumo delle candele, la penombra satura di santità. Potevo ancora camminare, e correre, a quei tempi. Ignoravo di possedere il dono della Magia. O forse non lo possedevo, ed è stato proprio l’incidente a trasformarmi.
Il Potere si manifestò poco tempo dopo. Chissà se si sarebbe palesato ugualmente, se non fossi caduto: eppure è bizzarro che, di due fratelli gemelli, soltanto uno sia capace di dominare il Potere Magico. Proprio lo storpio, il debole, il moribondo: io.
Avrei barattato tutta la Magia del mondo per poter correre di nuovo, per arrampicarmi, per poter sognare un giorno di possedere una donna… ma il mio destino ha scelto diversamente. Mi ha inchiodato ad una sedia, all’immobilità, ad uno studio incessante e solitario. Intanto Theo correva, si arrampicava, cresceva. Viveva.
Nessuno è senza peccato. Theo ha fatto le sue scelte, non tutte le condivido. Conosco le sue frequentazioni e so capire se, quando a notte tarda rientra a casa, mio fratello ha versato del sangue, o ha giaciuto con una donna, o nel vino ha trovato lo sfogo delle sue immense energie vitali.
Immense energie vitali.
Sarebbe patetico se negassi di invidiare con struggente rancore tutta la vitalità di mio fratello. Ma tu hai più cervello, direbbe Theo se mi sentisse.
Ho più cervello, forse. E a che mi giova? Se vivo inchiodato ad una sedia semovente, incapace persino di liberare i miei intestini nella domestica solitudine di una latrina?
Theo è la mia finestra sulla vita. Vivo attraverso i suoi racconti, i suoi sguardi, i segni che porta indosso. Inutile consigliarlo, inutile dirgli di stare alla larga da certi soggetti desiderosi soltanto di sfruttare la sua smisurata energia.
Theo ha fatto le sue scelte, molte sbagliate.
Eppure chi sono io per colpevolizzarlo?
Io vivo grazie alle ricchezze che Theo guadagna con la vita che ha deciso di condurre. Pago i costosi libri di cui ho bisogno con i suoi soldi, con i soldi di Overdeen. Ho necessità di servitori che mi puliscano e mi nutrano, di medicine per alleviare il dolore, di reagenti.
Theo non mi ha mai detto di no. Mai.
Diceva nostra madre, prima che Kayah l’avesse in gloria, che Theo aveva la “melanconia del sopravvissuto”. Diceva che in quel momento, sotto le ruote del carro, sarebbe potuto scivolare lui al mio posto, e che è soltanto un caso se sia rimasto io con la schiena spezzata. “Si sente in colpa per non essere lo storpio, si sente in colpa per non essere te”.
Non so leggere così a fondo nel cuore di mio fratello, ma nostra madre era una donna saggia. Theo non mi ha mai fatto mancare alcunché, si è sempre preso cura di me con dedizione e amore fraterno.
Amore fraterno.
Torniamo al nodo che mi stringe la gola. Vale l’amore per un fratello abbastanza da immolare ad esso la propria anima?
Perché è l’anima in gioco, quando si accetta di compiere un destino così sacrilego, profanare la Chiesa più santa, presso l’altare che vide sposi mio padre e mia madre.

Ed è così che sto qui, ad angosciarmi al lume di una candela, mentre aspetto l’alba. Domattina dovrò dare la mia risposta a Darkenblot.
Non condivido i suoi ideali, mi ripugna il solo pensiero di compiere un simile abominio. Ma Theo è prigioniero nelle segrete di questa Chiesa, che da luogo santo diventa carcere, seggio di tortura e di sopraffazione.
Non c’è altro modo per liberarlo, dice lui. Non ha abbastanza uomini per forzare il blocco, per entrare e tirarlo fuori con la forza. Dice che non c’è tempo da perdere, non si può aspettare che arrivino i rinforzi, perché Theo potrebbe venire assassinato da un momento all’altro.
So che l’interesse di quell’uomo risiede più nel fatto che mio fratello non riveli quello che sa, rispetto a che abbia salva la vita. Ma l’eccezionalità delle circostanze mi spingono a prestargli aiuto.

Conosco un solo incantesimo che possa servire a liberare Theo dalle segrete. Non l’ho mai provato ad evocare, anche se l’ho studiato a lungo, per anni. Nel libro si parla della possibilità di dare ordini ad una Creatura dai poteri immensi, una Creatura prigioniera di altri mondi. Due ordini, forse tre ordini, non di più. E poi la Creatura sarà libera, con tutti i pericoli che da ciò possono derivare.
Se deciderò di evocarla, di compiere questo rituale, ogni atto successivo della Creatura ricadrà sotto la mia responsabilità.
Potrò convivere in seguito con una simile consapevolezza? Oppure un fardello così gravoso sulla mia coscienza sarà troppo pesante da portare, al punto da spezzare il mio cuore, dopo la mia schiena?
Non lo so.
Ma non posso permettere che Theo, il mio unico e adorato fratello, cada per mano di impostori travestiti da guardie civiche, rapitori e assassini, ricattatori. Non posso restare con le mani in mano.
Se avessi ancora l’uso delle gambe, se avessi braccia forti, andrei a combattere a viso aperto contro di loro. Sono però soltanto un povero storpio, con la Magia come unico talento.

Che gli Dei mi perdonino, se possono. Ma devo seguire il mio dovere più profondo, devo salvare mio fratello, anche se so che le conseguenze potranno essere nefaste.


17 dicembre 517


È mattino finalmente!
Una notte interminabile di insonnia e angoscia, dubbi e silenzio viene cancellata dai raggi gelidi del primo sole. È Pyros in persona che emerge dalle nuvole invernali per illuminare la giornata del mio sacrilegio?
Tutta la notte mi sono logorato nell’incertezza, ma ecco che il mattino porta decisione.

Overdeen si è presentato alla mia porta ai primi chiarori. Era livido per il freddo, con il suo bel mantello macchiato di sangue. Non ho osato chiedergliene il motivo.
Ha confermato il piano che mi aveva anticipato ieri sera, senza nemmeno prendere in considerazione la possibilità che io potessi nel frattempo decidere di rifiutarmi.
E dunque si farà.
Oggi pomeriggio, durante la funzione in suffragio per i defunti, nella Chiesa del Radioso, evocherò una creatura demoniaca per ordinarle di liberare mio fratello.
Ma c’è una novità: Overdeen vuole cogliere l’occasione per colpire le guardie corrotte che hanno rapito Theo. Se, come è probabile, si presenteranno alla funzione, un uomo di sua fiducia mi darà un segnale, e sarà proprio allora che compirò il mio rituale.
Liberare Theo e vendicare il suo rapimento, due obiettivi con un solo, eclatante gesto. Non solo: come se non bastasse, sembra che quelle stesse persone siano anche responsabili dell’assassinio di Adrien; danno da giorni la caccia a Ruyard, ed è probabile che presto o tardi aggrediranno anche la povera Lucida.

E se le guardie corrotte non verranno? ho domandato a Overdeen. In quel caso attenderò la fine della cerimonia, mi ha risposto, aspettando che i fedeli defluiscano dalla Chiesa, in modo da non esporre al pericolo più persone dello stretto necessario. Mi sembra ragionevole.

Oggi pomeriggio passerà l’uomo di Overdeen: sarà lui ad accompagnarmi alla Chiesa del Radioso. Meglio così, non voglio che i miei servitori mi vedano mentre compio il rituale, né mi farebbe piacere metterli in pericolo.
Adesso devo radunare le mie carte, i libri ed i reagenti. Ho una sola possibilità, non posso fallire… e sanno gli Dei quanto è difficile un nuovo incantesimo, la prima volta che si prova a lanciarlo. Ma ho studiato tanto, credo che il mio destino sia questo e che riuscirò ad aprire un varco tra questo mondo ed un altro.
Un bel volo di fantasia, per uno storpio.

Marv Fedai - Immagine
scritto da Marv Fedai , 14:02 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
4 dicembre 517
Venerdì 15 Febbraio 2019

Il modo più veloce di fare carriera



E anche stavolta è scampata.
Quei cretini hanno abboccato alla classica storiaccia di corna: spero che abbiano causato abbastanza casini a quella stronzetta. In ogni caso me li sono levati di dosso per il tempo necessario a raccogliere le mie cose e fare il vento.

Se c'è una cosa che ho imparato, in tanti anni di "cattive frequentazioni", è capire quando è il momento di levarsi di torno. Sparire, evitare rogna. Evitare guai.

Qualcuno ha fatto fuori Adrien. Eh.
Anche il buon vecchio Oskar è irreperibile, mi chiedo se sia stato più veloce di me a far perdere le proprie tracce, o se ripescheranno pure il suo cadavere tra gli scogli del Fronte del Porto.

Dispiace... un po'. Fa rosicare. Ma qual è il modo più veloce di fare carriera, se non sopravvivere a quelli avanti a te? Ed io ho appena fatto due passi avanti.

Adesso la prima cosa è capire chi è l'assassino e che ne è stato degli altri: quel bel deficiente di Heywood, i due fratelli elsenoriti... non credo proprio che sia stato il falegname a farli fuori. Chissà a chi li ha venduti. E in cambio di cosa.

Quanto alle guardie nuove dagli accenti esotici, da dove sono spuntate fuori? Niente male l'amerita. Sicuramente la sanno più lunga di quel che sembra, sembrano di un'altra pasta rispetto ai rammolliti del Caporale Jonas. I rammolliti... superstiti. Ops.

Sta succedendo qualcosa di interessate in città. Già sento il richiamo della notte. Non vedo l'ora di saperne di più. Ed è questo il momento di usare il cervello, muoversi con cautela senza però perdere troppo tempo. Tante piste aperte, occhi aperti e chiappe strette, come si dice. Si dice così, giusto?

Per fortuna dove sono cresciuto l'abitudine è di avere sempre un piano B... e un piano C... e un piano D... la vecchia Generalessa sarebbe orgogliosa di me. Se non fosse per la fine che le ho fatto fare. Ma è acqua passata. Senza rancore, noi non siamo mica i buoni.

Rudyard Doll - Immagine
scritto da Rudyard , 12:48 | permalink | markup wiki | commenti (1)
 
1 novembre 517
Domenica 28 Ottobre 2018

L'Ammazzasette



Non credo di averne mai visti così tanti: per ogni testa che spacco ne spuntano tre. Arrivano da tutte le parti, ancora memori del richiamo del risvegliato di Shaalaren: avanzano tutti verso la stessa direzione, come se a guidarli fossero i battiti ormai sempre più rarefatti del cuore pulsante di Claire.

Mi sarebbe piaciuto conoscerti, Claire: dovevi essere una tipa davvero cazzuta. Anche il tuo nome di battaglia lo era: "Claire dell'Uragano", così ti chiamavano. Non si scherza con gli uragani! E poi anche quell'altro che avevi... "Il Secondo dei Sette". Io, a forza di ammazzare Risvegliati, sono diventata "la Sterminatrice". Niente male per la figlia di un mugnaio, intendiamoci: ma di sterminatori ce ne sono tanti, mentre gli uragani come te sono, anzi erano, soltanto sette.

Appena Manuel mi rivelò il tuo nome, gli chiesi se conosceva anche quelli degli altri sei: incredibilmente li sapeva tutti... probabilmente li aveva sentiti da Aghvan.

Aghvan l'Invitto, Primo dei Sette
Claire dell'Uragano, Secondo dei Sette
Levon dagli Occhi purpurei, Terzo di Sette
Horace il Corrotto, Quarto dei Sette
Shade, Quinto di Sette
Lysia delle Acque Scure, Sesto di Sette
Elmer l'Immortale, Ultimo dei Sette


Claire Hymn - Immagine 2

"Serrate i ranghi! Toglietevi da lì!". Le grida di Dharkan riportano i miei pensieri a rimbalzare da un Risvegliato all'altro come la mia spada. Mi basta una torcia accesa nelle vicinanze per vederla bene, anche nel buio pressoché totale che ormai ci circonda: il problema è avere il tempo di accenderle, le torce. Da quante ore stiamo combattendo, esattamente? Quanti di noi sono già morti, e quanti moriranno prima che sorga il sole?

La voce di Dharkan arriva da lontano, a portarla è questo vento freddo che ci accompagnerà fino al termine di questa ennesima lunga notte. Al suo fianco riesco a sentire Khzar, immerso nella sua imperturbabile tranquillità. A quanto pare, quel lato regge.

Un Antar, sperando di confondersi nel frastuono, spicca un salto da un albero vicino: vorrebbe atterrare sul braciere con l'intento di rovesciarlo... Invece, con sua sorpresa, finisce sulla punta della mia spada. Non pensarci neppure, secco: queste fiamme ci servono ancora.

Per un istante il suono di un corno squarcia l'aria, strozzandosi in un modo che non lascia presagire nulla di buono: è la squadra di Ronnie, a guardia dell'entrata secondaria.

"Ayza, vieni con me!" grida Manuel. "Ripieghiamo verso il segnale". La sua sagoma mi precede nell'oscurità, facendosi strada a colpi di spada: nell'istante che impiego a raggiungerlo fa in tempo ad abbattere un Rannar con un fendente. Come accidenti fa a vederci lo sa soltanto lui: non è un innalzato e non ha alcun potere, ma combatte come noi... no, meglio di noi. Persino di notte.

"E' che siete giovani, vi manca esperienza: tra qualche anno mi farete un culo così". Questa frase me l'hai detta la prima volta che siamo andati a letto insieme: una bugia per farmi stare bene quando non sapevo ancora che quegli anni non li avrei mai visti. Quando non sapevo ancora che eri il più grande bugiardo di Ghaan.

Dopo poche decine di metri prendiamo alle spalle un gruppetto di brocchi che incede lungo il sentiero: ne uccido quattro nel tempo in cui lui ne riesce a decapitare uno. Il suo cuore batte forte: comincia ad essere stanco.

L'entrata secondaria è in realtà una uscita, aperta dai soldati di Uryen per portare in salvo la druida. Madre Magdalene... se soltanto fossimo riusciti a prenderla forse avremmo potuto escogitare un piano un pò meno schifoso di questo e non esporre i nostri compagni a morte quasi certa. Con lei all'interno, i risvegliati non sarebbero potuti entrare. Ma è andata così, segno che così doveva andare.

Raggiungiamo il gruppo di Ronnie, o quel che ne resta. Manuel non può rendersi conto della scena per via del buio, ma gli è sufficiente avvicinare la torcia alla mia faccia per comprendere l'entità di quello che vedo. Che disastro: sembra che sia passata un'orda, invece è opera di due sagome minacciose che camminano lentamente verso la spaccatura. "Armiger", esclamo, indicando la direzione: "un paio".

I Risvegliati che si ricordano come usare le armi sono spesso degli ossi duri anche per me: non sentono il bisogno di attaccarmi, ma gli scampoli di memoria che ancora vagano nelle loro teste di rape putrefatte li spingono a rispondere agli attacchi come facevano quando erano soldati... E a contrattaccare. L'unica buona notizia è che camminano lentamente, cosa che ci consente di tagliar loro la strada a qualche metro dall'inizio della caverna di Claire. Lo scontro non è immediato, ma alla fine riusciamo ad avere la meglio su entrambi.

"Sai per caso a che punto stiamo?" Mi chiede Manuel, ravvivando la torcia.

Scuoto la testa. "Questa stupida grotta non mi fa capire niente... Non ci resta che sperare che Aghvan ci abbia preso".

"Lo sai che è così. E' sempre così".

E' vero: il Gran Mentecatto non sbaglia mai. Anche per questo non lo sopporto. L'incapacità di commettere errori è un limite, un simbolo di mancanza di umanità. Se c'è una cosa che rimpiango di come ero prima sono le decisioni impulsive e avventate che potevo permettermi di prendere: adesso le arrabbiature, così come qualsiasi altra emozione forte, mi costano troppo. Quella stupida filattiera s'è presa le mie urla e le ha trasformate in sbadigli. Stupida, stupida filattiera.

"Sarà. Ma aveva anche detto di tenersi a una certa distanza da Claire", aggiungo. "O ricordo male?"

La mia risposta arriva correndo sulle gambe di un Rannar, che punta dritto verso la spaccatura. Il suo tentativo si infrange sulla spada di Manuel. "Vedi alternative? Se anche uno di loro entra in questa grotta rischiamo di ritrovarci con un nuovo Araldo".

Annuisco. "Potevamo farla difendere ai suoi abitanti, però: non so se mi piacerebbe crepare su quest'isoletta per difendere questo santuario, quando persino la padrona di casa è scappata a gambe levate...".

"Sai bene che da soli non ce l'avrebbero mai fatta. E comunque, certo che ti piacerebbe. Vuoi una morte eroica, come Ilmatar... come tutte le ragazze combattenti delle lande".

Alzo le spalle. "Guarda che Ilmatar non muore. Devi leggerlo meglio, quel libro... o fartelo raccontare".

"Non l'ho mai letto: da ragazzino non sapevo come fare. Guardavo i disegni e i bassorilievi... e le statue. Soprattutto le statue. Ce n'era una, a Feith, che aveva due bocce così".

"Te ne approfitti perché sai che non mi posso più arrabbiare."

Poi avverto qualcosa di molto sgradevole, e la voglia di scherzare mi passa subito.





"Altri Risvegliati?" Mi chiede Manuel.

Scuoto la testa, poi corro verso il corpo ormai esanime di Ronnie. "Ha mormorato qualcosa, prima di...".

"Cosa?"

"Uno... dentro".

Manuel si volta verso la fessura nella roccia: un istante fa sembrava sottile, adesso appare improvvisamente gigantesca.

"Cazzo... quindi erano in tre".

Annuisco. "Purtroppo là dentro non sento niente. In compenso, dalla boscaglia ce ne sono altri che vengono dritti verso di noi".

"Non fa niente", mi dice: "vado io".

"Da solo? Non mi sembra proprio una buona idea".

"E' soltanto uno: gli altri li terrai a bada tu".

"Aghvan ha detto di non entrare: nessuno di noi".

"Aghvan dice un sacco di stronzate".

"Tranne quando non sbaglia mai".

"Vedi alternative?" La mia risposta non gli interessa: ha già deciso.

Scuoto la testa: "è troppo rischioso. Suona il corno, chiama qualcuno".

"Non farebbero mai in tempo: la risolvo io. Tu pensa a tenermi fuori gli altri". Così dicendo, scompare nella fessura di fronte a noi: un angusto buco nero dove io non posso entrare.

Alzo le spalle. Resta calma, Ayza. In fondo è soltanto uno. Pensa piuttosto a non farne entrare altri. Ma capisco presto che è molto più facile a dirsi che a farsi. Una picca di ferro scuro sbuca dalla boscaglia, seguita da una coppia di lance e scudi. Sull'estremità dell'asta penzola sinistro lo stendardo di Feith, ancora gocciolante per la traversata... Chissà, magari è arrivato a nuoto dalla città sacra.

Normalmente, affrontare tre Armigeri non sarebbe un problema: uno scontro lento ed estenuante tra creature che non si stancano, fino a quando una di loro non avrà la meglio... idealmente, io. Sono lenti, posso tenerli a bada. Il problema sono i Rannar che cominciano a spuntare di lì a poco: loro sono tutto fuorché lenti. I primi due li riesco a respingere, il terzo lo inchiodo a un passo dall'ingresso. Ma poi gli Armiger mi raggiungono, e mantenere la mobilità diventa un problema sempre più grosso: prima uno, poi due, poi tutti e tre. Non gliene frega niente di uccidermi, vogliono solo tenermi bloccata per dare ai loro "compagni" la possibilità di entrare.

Con uno sforzo sovrumano riesco ad abbatterne uno, ma gli altri due mi tengono ferma quel tanto che basta da consentire a un quarto Rannar di varcare la soglia. Lancio un primo grido di avvertimento a Manuel. Poi un secondo, e poi ancora un terzo. Tre Rannar, oltre all'Armiger davanti a lui... Può ancora farcela. Poi vedo, e prima ancora sento, l'Antar che si prepara a saltare dentro: eh no, quello non posso proprio farlo entrare. Salto anch'io con l'intenzione di colpirlo a mezz'aria, ma un Armiger mi colpisce al ventre con lo scudo, sbattendomi con forza all'interno della grotta. Accidenti e accidentacc...

Dolore.

Dolore immenso.

Sento il sangue diventare fuoco nelle mie vene. Mi rotolo a terra cercando di spegnerlo, mentre l'Antar mi passa accanto, correndo dentro la grotta.

Dolore inaudito, indicibile, insopportabile.

Come aghi che mi trafiggono gli occhi, come melodie stridule e graffianti che mi penetrano nelle orecchie, come gocce di acido in bocca, come lava bollente nel naso. Insomma, fa tanto, ma proprio tanto tanto male.

Riesco in qualche modo a rotolare fuori, dove gli armigeri mi aspettano per riempirmi di botte. Sento una lancia trafiggermi la schiena, mentre la lama della picca si solleva implacabile sopra la mia testa.

"Una morte eroica, come Ilmatar".

No, non stanotte. Lascio che il sangue degli Antecessori invada il mio corpo e poi spicco il volo, librandomi con un balzo nel cielo sopra alla picca dell'Armigero che si schianta violentamente al suolo. Osservo la lancia che fino a un istante fa si trovava dentro al mio costato e penso che, tutto sommato, rispetto al dolore di prima non sento quasi niente.

Atterro sull'Armiger che mi voleva decapitare. Com'è che si dice? Chi di spada ferisce... Non so dov'è finita la mia spada ma non mi importa, non mi serve: afferro l'elmo con le mani, mentre i miei artigli squarciano i guanti dell'armatura: sento il rumore del ferro che si spacca. Infilzo e giro, quindi tiro forte finché non si spacca anche tutto il resto. Il prossimo.

Le parole di Manuel mi risuonano in testa: "Combattere a mani nude contro i Risvegliati non è mai una buona idea, Ayza: per quanto forte tu possa essere, rischierai sempre di prendere il morbo". Quanto tempo è passato? Mesi? Anni?

Raccolgo la picca: non credo di averne mai usato una, ma c'è sempre una prima volta. Il mio secondo avversario deflette con lo scudo i primi due colpi, il terzo lo colpisce al ventre, il quarto subito sotto alla gorgera dell'elmo, che schizza via dal collo portandosi dietro il cranio. Il prossimo.

Il terzo mi agguanta, cercando di immobilizzarmi. Doveva essere abituato a combattere con le donne. Un tempo questa mossa era il mio punto debole: adesso, per sua sfortuna, sono più forte io. A questa distanza la picca serve a poco, ma la punta dello stivale si rivela una valida alternativa. Mentre lo prendo a calci, sento Khzar avvicinarsi con il suo gruppo.

Khzar e Dharkan - Immagine

"Manuel?" Mi chiede Dharkan: gli basta vedere dove punta il mio sguardo per capire quello che bisogna fare. "Avanti, tutti dentro!" esclama, correndo verso la spaccatura.

"L'entrata principale?" chiedo, preoccupata che altri possano essere entrati da lì.

"L'abbiamo fatta franare insieme ai soldati del Santuario", risponde Khzar, avvicinandosi a me. "Dovrebbe reggere: comunque, ci stanno loro".

D'improvviso, la terra comincia a tremare. Lampi di luce balenano nel cielo, mentre una fitta pioggia comincia a cadere sulle nostre teste.

"Ci siamo", esclama Khzar. "Proprio come diceva Aghvan".

Già. Il Gran Mentecatto non sbaglia mai.



Dharkan sa bene che abbiamo i minuti contati, ma il pensiero di abbandonare Manuel non lo sfiora neppure. Lo osservo mentre entra nella fessura, seguito da altri sei dei nostri. Gli ultimi rimasti, temo. Sanno che Aghvan ci ha detto di non entrare, e invece stanno entrando tutti: bene così. Chissà se avremo occasione di sfruttare questa disubbidienza? Il cielo, la terra, la pioggia, il vento: non c'è elemento della natura che non ci stia urlando in faccia la sua risposta.

Osservo Khzar, l'unico che resta fuori oltre a me. Tra poco, quando sarà il momento, lui prenderà Dharkan e io Manuel: nessun altro ce la farà. E se qualcosa andrà storto, neppure noi.

Il tempo passa.

"Riesci a sentire qualcosa?" Mi chiede: la sua voce è totalmente priva di emozioni, ma si sente che è preoccupato.

"Nulla. E' come se quel luogo non esistesse".

Annuisce. Un poderoso fulmine cade a poca distanza da noi, schiantandosi su un albero.

"Da piccolo mi terrorizzavano", mi dice. "Adesso, neanche me ne accorgo".

"Se ti prende, vedrai che te ne accorgi".

Gli attimi che passano ci sembrano ore, mentre il tremore della terra si fa più intenso e i lampi intorno a noi si intensificano. Poi, improvvisamente, li sentiamo: una moltitudine di anime spente che emergono dalle acque gelide e risalgono lungo i confini dell'isola come una marea. Sono tantissimi: troppi, persino per due innalzati ultra-simpatici come noi. Avanzano compatti verso i due accessi della grotta, senza più alcun ostacolo in grado di fermarli o rallentarli.

Khzar fa qualche passo verso la spaccatura. "Dobbiamo allontanarci appena escono i nostri". Annuisco, avvicinandomi a mia volta. La luce dei lampi è più che sufficiente per guardarci negli occhi. Nessuno dei due ha intenzione di andarsene da solo: ci salveremo in quattro, oppure non si salverà nessuno.

La terra trema ancora, stavolta in modo più intenso: tra poco restare in piedi sarà impegnativo anche per noi. Alcune rocce si staccano dalla volta della spaccatura, rischiando di chiudere la via d'uscita ai "nostri", come li chiama Khzar: e la cosa peggiore è che non possiamo fare niente, a parte ascoltare l'incedere inesorabile della morte che, sempre più vicina, cammina intorno a noi. Il tremore cresce fino a diventare un terremoto, mentre lampi e fulmini danzano nel cielo, si nascondono tra la pioggia e colpiscono a morte gli alberi intorno a noi.

Poi, proprio mentre i Risvegliati cominciano ad affacciarsi sul limitare degli alberi, tre dei "nostri" emergono dall'oscurità sorreggendosi a vicenda: sono Dharkan, Alan e Manuel. Non c'è tempo di vedere come stanno, dobbiamo and...

Le nostre azioni vengono interrotte da un frastuono micidiale, simile a una esplosione, che sembra scaturire dalle viscere della terra.

Un fortissimo getto d'aria bollente ci investe, togliendoci il fiato e sbattendoci violentemente contro gli alberi, nel cuore della marea di Risvegliati. Sento i loro piedi sulla schiena, mentre mi travolgono uno dopo l'altro. E' finita, penso: nessuno di noi ce la farà. Ma questa certezza non mi impedisce di incendiare nuovamente le mie vene del sangue degli Antecessori, di roteare la spada all'altezza delle loro teste, di ucciderne più che posso, di cercare di recuperare i miei compagni. Hai ragione, Manuel: forse una morte eroica non mi farebbe poi così schifo, ma prima di trovarla mi piacerebbe portare a termine quello che abbiamo iniziato. Cominciamo a regalarla al Gran Mentecatto, la morte eroica: poi si vedrà. Khzar mi si affianca, anche lui non ha intenzione di mollare.

"Li vedi?" Grido, cercando di sovrastare il rombo inaudito che gorgoglia tutt'intorno a noi. Annuisce, me li indica. E' notte, ma qualcosa sta illuminando a giorno questo fazzoletto di terra in mezzo al fiume. Li vedo. Per qualche assurdo e fortunato scherzo del destino, sembra che i Risvegliati non se la stiano prendendo con i nostri compagni: stanno correndo tutti verso la spaccatura, precipitandosi verso l'interno, come a cercare riparo dalle lingue di fiamme che precipitano intorno a loro. I miei occhi si inerpicano lungo quegli strali di fuoco e incontrano il miracolo di distruzione che si sta compiendo tra la terra e il cielo. L'apocalisse. La fine del mondo. L'inferno di fuoco sulla terra. La volta celeste che sanguina stelle infuocate, precipitandole verso di noi. Accidenti, Claire: e io che pensavo che il tuo Uragano fosse quello di poco fa!

Sia io che Khzar sappiamo cosa fare: farci largo tra le schiere dei Risvegliati, prendere l'unica persona che possiamo ragionevolmente salvare, correre a perdifiato, raggiungere il promontorio sperando che non sia franato e poi, una volta lì, spiccare il salto più alto e più lungo che possiamo compiere, sperando di riuscire a ripetere la prodezza compiuta ieri nell'unica prova che siamo riusciti a fare...

...E poi giù, nell'acqua, sperando in un miracolo.

Abbiamo soltanto una possibilità.

O la va, o la spacca.

[...]



[..]

"No, non se ne parla. Non lo permetterò".

Dharkan ripete ad alta voce quello che pensiamo tutti: l'unica differenza è che lui può farlo con l'emozione giusta, accompagnando quel diniego con tutta la rabbia che questa situazione merita.

"Lo sapete pure voi che è la cosa migliore da fare. E' l'unico modo per trasformare questa... cosa... in un'opportunità". Manuel parla lentamente, senza tradire alcuna emozione. Scandisce le parole una ad una: mentre parla osservo la sua mano destra, stretta con forza intorno al collo, premuta contro quell'assurdo squarcio a cui la parola ferita non renderebbe alcuna giustizia.

Dharkan scuote nuovamente la testa. Anche lui tiene la mano stretta, serrata in un pugno che sembra non vedere l'ora di schiantarsi su qualcosa. "Anche se volessi, non riuscirei mai a farlo. Non riuscirei a mentire in modo credibile... non su questa cosa".

"Ce la farai. E poi... è quasi la verità, in fondo".

"Passerai alla storia come il braccio destro di Aghvan. Penseranno che eri un pazzo esaltato come lui".

Manuel tossisce sangue, sforzandosi di sorridere. "Anche questa... sarebbe quasi la verità, in fondo".

"Dharkan ha ragione", esclama Khzar. "Hanno il diritto di sapere da che parte stavi, alla fine. E poi, nessuno di noi avrebbe potuto fare quello che hai fatto tu in tutto questo tempo: sono anni che ci stai lavorando. Il nostro obiettivo non avrebbe alcuna credibilità se non spiegassimo anche il ruolo che...".

"Cazzate", lo interrompe Manuel. "Le persone che vi ascolteranno non sanno niente di Ghaan e di chi ha fatto cosa. Ma questa faccia... la mia faccia, se la ricordano bene. E tutto quello che sanno di me confermerà pienamente la versione che gli darete".

Manuel Raven - Immagine

"Dai per scontato che ci vorranno parlare e che ci ascolteranno..." Le parole mi escono da sole: non tradiscono alcuna emozione, come quelle di Khzar. Manuel sta morendo davanti a me e io non provo assolutamente niente. Ironia della sorte, l'unico che riesce ancora a sentire qualcosa sarà la persona che dovrà tirare la sua testa fuori da un sacco e mostrarla alle persone che dovremo cercare di convincere, consegnandolo alla loro memoria come il fedele scherano di un pazzo indemoniato.

"Credimi, Dharkan... Non appena vedranno la mia testa... diventerete i loro migliori amici".

"E quella ragazza, Annie?" Chiede Khzar. "Lei lo sa, che l'hai risparmiata. Che l'hai protetta..."

"Protetta?" Manuel tossisce ancora. "Non farmi ridere. Ho solo impedito che qualche idiota le mettesse le mani addosso. Per il resto, è stata segregata per settimane in mezzo ai topi... Per mia volontà...".

"Non l'hai consegnata ad Aghvan, quando te l'ha chiesta".

"Dan ha raccontato loro la stessa cosa che ho raccontato io ad Aghvan: la Mantide non lo avrebbe mai permesso. E in fondo, era grossomodo la verità... aveva detto... di non ucciderla...".

"L'hai liberata, gliel'hai riconsegnata: hai organizzato lo scambio...".

"Roba normale... in guerra", taglia corto Manuel. "L'ho semplicemente trattata... come un normale prigioniero... come tutti gli altri. Smettila di dire str..." Si interrompe, tossisce ancora: la mano comincia ad allentarsi, mentre i rivoli di sangue si moltiplicano lungo la sua armatura. "Sta morendo", dico rivolgendomi a Dharkan: "hai intenzione di fare come dice, o preferisci aspettare che si risvegli?"

"Non... v'azzardate..." Mormora con un rantolo. Se ne sta andando. Se ne sta davvero andando.

Accidenti e accidentaccio.

"Manuel!", esclamo, cercando di tenerlo sveglio. Voglio tenerlo sveglio.

"...Ayza..." mi guarda, ma non so se riesce a vedermi. E' notte, la luce del fuoco è debole, e ha perso davvero troppo sangue. "...Dimmi..."

"... E' vero che l'hai uccisa?"

Mi guarda sorpreso, non sembra capire. "...Chi? ...Annie? ...no..."

Sorrido. "No... Claire. Dharkan mi ha detto che l'hai trafitta con la tua spada, un attimo prima che..."

Scuote la testa. "...che dici... non..." Per un attimo, sembra che sorrida anche lui.

"... Ah no? Beh, mi sa tanto che lo racconteremo lo stesso. Del resto, se ti piace l'idea di farci dire le bugie..."

Mi guarda, continuando a scuotere la testa: cerca di dire qualcosa, ma il sangue in gola glielo impedisce. Nonostante tutto, però, sorride. Mi chino su di lui, così da assicurarmi che mi possa sentire. "Congratulazioni, Tenente Comandante Raven. Hai ucciso Claire l'Uragano, Seconda dei Sette. Lo sai questo cosa fa di te?"

Osservo per l'ultima volta i suoi occhi spenti: adesso non potrebbe vedermi neanche in pieno sole. Mi avvicino ancora: i miei capelli scivolano a nascondergli il viso, mentre scendo a sussurrargli all'orecchio un'ultima parola. La sente, prova invano a dire qualcosa... ma escono solo sangue e colpi di tosse. Poi china la testa su un lato, privo di sensi. Di colpo, non sento più il cuore.

"Credo sia morto", dico. Khzar annuisce.

Mi allontano: ho il suo sangue addosso. Il primo pensiero è quello di lavarlo via: potrebbe essere infetto. Questo è ciò che sono diventata. Stupida, stupida filattiera.

Poi giro lo sguardo su Dharkan.

"Devi farlo", esclamo.

Sospira. "Adesso ti ci metti anche tu?"

Indico Manuel: "devi farlo per lui". Poi indico il corpo di Alan, riverso al suolo in una pozza di sangue semicongelata: "devi farlo per lui". Infine indico la palla di fuoco che brilla in mezzo al fiume, a poche centinaia di metri da noi. "E devi farlo per loro".

Dharkan mi guarda, senza dire niente.

"E ti dovrai pure impegnare", aggiungo. "Ci dovremo impegnare tutti: quando sarà il momento di tirarla fuori lo faremo sfoderando un bel sorrisetto, come se mostrassimo la testa di un manigoldo qualsiasi...".

Dharkan scuote la testa.

"... Una canaglia della peggior specie. Un masnadiere senza scrupoli, un farabutto che...".

"Va bene, va bene: piantala con questi insulti stupidi". Sospira. "Ho capito".

"Ha ragione", aggiunge Khzar: "è l'unico modo per non rendere la sua morte totalmente inutile".

"Guardate che è normale che la morte sia inutile, eh? A non essere normale è la volontà di farla servire a qualcosa! Ah, ma che parlo a fare di queste cose, con voi. La verità è che vi state perdendo, tutti e due. Che Dio ci salvi tutti."

Io e Khzar lo guardiamo mentre si allontana.

"Dio? Quale Dio?"

Khzar scuote la testa. "Lascia perdere... Gli passerà presto".

"Prima che Manuel si risvegli, spero".

"Tranquilla. Ha capito, gli serve solo un momento".

Annuisco, poi indico il corpo riverso di Alan. "Mi spieghi come hai fatto a trasportare anche lui? Io non ci sarei mai riuscita..."

"A dire il vero, non lo so: credo che sia stato lui ad aggrapparsi a me... Davvero un peccato che non ce l'abbia fatta".

"Già".

Mi chino a osservarlo. Povero Alan, e dire che eri uno dei pochi ad aver pescato la pagliuzza fortunata: saresti dovuto restare a guardia del ponte, senza bisogno di venire a crepare sull'isola insieme a noialtri. Se fossimo riusciti a prendere la druida non avremmo avuto bisogno di te e magari adesso saresti ancora vivo insieme a qualcun altro... E forse anche Manuel.

Ma è anche vero che avremmo corso altri rischi, forse persino peggiori. A ben vedere, non c'è davvero nulla da recriminare: c'è solo da andare avanti e vedere che di che morte varrà la pena morire.


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scritto da Ayza Reich , 06:42 | permalink | markup wiki | commenti (2)
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