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Le cronache degli eroi che salveranno il mondo
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25 novembre 517
Venerdì 26 Luglio 2019
Storia di una lunga guerra
Dicono che il Dio dei Nordri sia cieco da un occhio: a quanto pare i nostri non hanno neanche quello, visto come stanno andando le cose ultimamente. Io per fortuna ne ho ancora due, anche se la sorte ce l'ha messa tutta per fare altrimenti. La fortuna nella sfortuna; la parte di mela senza il verme; il bicchiere mezzo p...
Fanculo. Ne ho abbastanza di bicchieri mezzi pieni, ho voglia di farmi una bevuta come si deve. Come quella notte in cui Roy crollò ubriaco sulle assi sgangherate della capasanta e si svegliò in mezzo al Traunne, con un cartello al collo con su scritto... Cosa c'era scritto? Non me lo ricordo più. Vasq se lo ricorderebbe, visto che l'aveva scritto lui; e anche Duncan, visto che fu lui a caricare Roy sulla barchetta di Jebediah e poi a spingerla nel fiume. Sembra una roba di secoli fa, invece è successa solo... secoli fa.
Prima di prendere la torcia dal muro mi fermo un momento a contemplare il fuoco: il riflesso delle fiamme guizza tra le spille e spillette che ricoprono la mia armatura: stelloni, scudetti, croci, e poi lui, lo scudo dell'ultimo, eroica celebrazione del mio fallimento: non mi riesce di tenere un plotone mezzo pieno, figuriamoci un bicchiere.
Queste scale le avrò percorse mille volte: quasi sempre da guardia, in un paio di occasioni da prigioniera. Mai per fare quello che sto per fare oggi. Raggiungo la porta e busso: nessuna risposta. Il tempo di individuare la chiave giusta, girarla nella toppa e muovere un passo, e sono dentro.
La torcia non illumina granché, era lì da troppo tempo e in questo momento non siamo abbastanza per cambiarle quando è ora. Saremo nuovamente abbastanza, prima o poi? Chi lo sa. Tra poco non sarà più un mio problema.
Non distrarti, scema: la cella sembra vuota, ma non sei sola. Tu sei praticamente cieca, lei no.
Mi cade addosso dal soffitto, come un ragno. La torcia mi viene strappata dalla mano sinistra e rotola a terra; la destra scatta istintivamente sull'elsa di Ametista, ma morde il vuoto. Poco dopo la sento sulla schiena, la punta che mi viene spinta contro e penso che tutto sommato potrei pure starci, che in fondo forse è l'ultima occasione di poter morire qui, a casa mia: e invece no, resta lì, incagliata tra una vertebra e l'altra.
"Cosa vuoi?"
"Ciao Ani", esclamo. "Come va?".
"Ti ho sentita fin da quando eri sulle scale". Il fiato delle sue parole che mi arriva sul collo, freddo come il Vento del Nord.
"Mi hai sentita? Dai passi?"
"Dall'odore".
"Ma se mi sono appena lavata...".
"Per il tuo naso, forse: per il mio puzzi come una scrofa".
"Non mi sembra una cosa carina da dire".
"Neanche rinchiudermi qua dentro è stato carino".
"Hai ragione. Ma bisognava farlo, dopo quello che è successo".
Silenzio.
"Così penseranno che sono uguale a lui".
"... o magari lo abbiamo fatto per darti modo di provare che non è cosi".
"... o magari pensate tutti che sia così".
"Ti sbagli".
"... Magari lo pensi pure tu".
"Ti sbagli".
"Magari lo dici solo perché hai una spada tra le scapole".
"Se tu fossi come lui mi avresti già sbranata. E poi, da quando in qua te ne frega qualcosa di quello che pensano gli altri?".
Silenzio. Aspetto che sia lei a parlare: ha tutte le ragioni per volersi sfogare.
"...Ti hanno mandata a uccidermi, Ali?"
"Sciocchezze. Se avessi voluto ucciderti, non avrei bussato: e saresti già morta".
"Forse un tempo: ora non più".
Eh no: quando è troppo è troppo. Mi getto in avanti di scatto, poi mi giro e le sferro un calcio sulle mani, tra le dita e l'elsa: la spada sfugge alla sua presa e sbatte sul muro della cella, quindi ricade in terra, in mezzo a noi. Restiamo entrambe a guardarla, in silenzio, per un pò.
"Visto? Sei più forte di prima, ma devi ancora mangiarne di panini prima di...". Mi interrompo: non ricordo se può ancora mangiarli, i panini.
"Come hai..."
"E' un trucchetto che mi ha insegnato Ramsey: arriverà il giorno in cui saprai farlo anche tu".
Annie guarda me, poi la spada, quindi volge lo sguardo verso la porta aperta. "Ma hai abbandonato l'ingresso: se ne avessi voglia, ora potrei scappare".
Annuisco. "E' quello che spero: sono venuta apposta".
Annie mi osserva. Nel buio pressoché totale che ci circonda l'unica cosa che riesco a distinguere sono i suoi occhi, rossi come braci: lei invece ci vede benissimo. Al punto da capire che sto dicendo la verità.
"Vuoi che io venga con te...".
"Si".
"Vi serve un innalzato e sono l'unico che avete".
"Mi servi tu".
"Perché sono innalzata: altrimenti non saresti neppure qui".
"Oh, quanti cazzi, Ani. Sei in prigione perché sei un'innalzata, ti voglio con me perché sei un'innalzata, penseranno che sei come lui perché sei un'innalzata... Lo sai che ti dico? Hai rotto i coglioni. Il mondo non gira attorno a te e al tuo innalzamento. Sei un soldato, o l'hai dimenticato?".
"Sono stata sospesa".
"Ti sto reintegrando adesso".
"Perché ti servo".
"Sai com'è, funziona così: quando un soldato serve, lo chiamano; quando non serve, non lo chiamano".
"Vi faccio schifo. Vi faccio paura".
Scuoto la testa. "Né l'uno né l'altra".
"Barun non..."
"Barun ha puntato su di te dal primo momento. Ti ha mandata in missione appena ha capito che non eri contagiosa, sfidando il parere contrario di molti. Era convinto che ce l'avresti fatta quando non ci credevi neppure tu, quando stracciavi i coglioni a tutti ogni giorno dicendo che saresti morta l'indomani".
"Barun neanche sapeva che esistevo, a momenti".
"Ti ha reinserita nell'esercito due settimane dopo il tuo ritorno da Ghaan".
"Voleva togliermi dal servizio attivo".
"Ti ha mandato contro la bestia del ponte".
"Mi ha messa in quarantena...".
"Ti ha dato una casa a dieci metri dalla Rocca! Sono stata più in quarantena io quando avevo i pidocchi".
"... Perché vi servivo!"
"... Esatto! E ci servi ancora! Per questo sono qui. E non per i poteri, ma per il fatto che li controlli. Cosa vuoi, Ani? Che ti apprezzino per quello che eri e non per il fatto che ora sei così? Se la pensi in questo modo sei tu che ti fai schifo, sei tu a metterti in quarantena da sola. A me non frega nulla del colore dei tuoi occhi, che non hai fame, o che i risvegliati non ti mordono: il mio compito è far sì che quelle schifezze non mordano nessuno, e se ti importa ancora qualcosa dello stendardo che porti e all'armatura che indossi dovrebbe importare anche a te, e dovresti agire di conseguenza".
I due puntini rossi cominciano ad assumere una forma più naturale: piano piano, comincio a distinguere il suo volto. E' sempre lei, è sempre Annie. In barba alla prigione, a Ghaan, a Mirai, e all'anima de li mortacci loro.
"... Anche a lui hai detto le stesse cose?"
Mi mordo il labbro. Devo restare calma. "Ci abbiamo provato". La voce mi esce rotta, uno spezzatino di sillabe. "Abbiamo fatto del nostro meglio: non ci siamo riusciti".
"Cosa ti fa pensare che con me sarà diverso?"
"Perché ti conosco da una vita, e so che ce la metterai tutta".
"Stronzate, Ali: non mi conosci, non sai niente di me. non mi hai mai considerata: per te ero la figlia incapace di un cliente di tuo padre, il capo della locanda".
"Abbiamo giocato insieme per anni".
"Tu decidevi tutto, io seguivo: anzi, eseguivo".
"Ero più grande! Che diamine, volevi comandare tu?"
"Sono entrata nell'esercito perché c'eri tu".
Scuoto la testa. "Non è così: sei entrata perché ti piaceva quello che facevo, quello che si faceva qui, e volevi farlo anche tu".
Silenzio. C'è ancora qualcosa che vuole dirmi, ma le serve tempo.
"Tutte le volte che mi hanno messa in mezzo... tu non mi hai mai difesa".
"Se lo avessi fatto sarebbe stato molto peggio. Lo sai come si dice qui, no? Ciascuno deve imparare a pulirsi il culo con le mani sue".
"Quando Varchmann mi ha presa di mira, tu non hai alzato un dito".
"Sei uscita da quella cella dopo tre giorni".
"Non mi hai difesa".
"Sei uscita dopo tre giorni!".
Mi guarda: "Adesso mi dirai che è stato grazie a te...".
Sorrido. "No, testona: è stato grazie a te. E' così che funziona, è così che deve funzionare: hai fatto tutto da sola e non devi ringraziare proprio nessuno, perché ti sei pulita il culo con le mani tue. Quella spada, quell'armatura, te le sei meritate. La verità è che sei un bravo soldato, Annie: lo sei sempre stata. Quindi vanne fiera, smettila di piangerti addosso, e...".
"..."
"... e vieni con me. Adesso".
"Dove?"
"Al di là del Traunne. Alla Fortezza dei Difensori. A Ghaan".
"A Ghaan? Ma è inverno! E' un viaggio suicida, adesso..."
"Ma non sei tu quella che non sente il freddo?"
"Io si, ma tu..."
"Non preoccuparti per noi: è proprio perché non se lo aspettano che andiamo adesso!" Ok, detta così è una mezza cazzata, ma tanto tra poco le dirò tutto. Indico la porta aperta: "allora, ci stai?"
Resta ferma, fissandomi con quelle due torce rosse che ha al posto degli occhi. "... Mi vuoi soltanto perché i tuoi compagni sono morti quasi tutti".
"..." Respiro. Mi mordo le labbra.
"Scusami. Non volevo".
"Anche io sono entrata nel terzo plotone perché erano morti tutti. Per la precisione, erano morti tutti i fratelli del mio plotone precedente. Hai visto le loro tombe, no?".
"Scusami".
Annuisco. "Scuse accettate. E comunque... non siamo morti tutti: tanti soldati sono ancora qui. Io sono ancora qui, e ti assicuro che per me questa guerra è appena cominciata".
"..."
"E tu, Ani? Sei viva o sei morta, sotto quelle occhiaie e quelle vene viola? Perché se ti senti morta io non ho problemi a lasciarti qua, o a farti uscire da quella porta e lasciarti libera di andare dove ti pare. Per me te la sei guadagnata, la libertà. Ma se invece ti senti viva, per me dovresti smettere di frignare e venire via con me finché ancora possiamo, perché io sto andando a prendere a calci nel culo tutti, ma proprio tutti... anche quelli che ti hanno fatto quello che ti hanno fatto."
Annie mi guarda, poi guarda la porta, quindi torna a guardarmi: "in che senso, finché ancora possiamo? Non è Barun a mandarti?"
Scuoto la testa. "Sai cosa ho fatto, prima di venire qui? Ho svuotato un secchio che stava da giorni sotto al culo del messo Ducale che è venuto a consegnare a Barun il testo dell'armistizio con Ghaan. In questo momento stanno parlando..."
"... Vuol dire che tra poche ore non ci sarà più la guerra?"
"Vuol dire che tra poche ore non ci sarà più Barun al comando della Rocca".
"...che dici..."
"E' così: fidati di me. Adesso non ho tempo di spiegarti, lo capirai da sola quando saremo fuori di qui".
"Quindi... mi stai facendo fuggire..."
"Si. E' la prima evasione che organizzo qui dentro. Come sto andando? Pensavo che sarebbe stato semplice, ma il prigioniero non collabora".
"Ma cosi daranno la colpa a me..."
"... A entrambe, direi".
"Quando torneremo, sarò degradata. Mi butteranno fuori".
"Ti hanno già buttata fuori, no? Semmai sono io che mi sto fottendo la carriera!"
"Penseranno che sono come lui..."
"No. Perché non ammazzerai nessuno. Uhm... Non al di quà del Traunne, almeno".
"Non appena sapranno che sono scappata, non mi perdoneranno mai: non potrò tornare piu".
Alzo le spalle. "Ammesso che qualcuno di noi torni. Hai capito cosa andiamo a fare, no?".
[...]
L'aria della notte è fredda da morire. Almeno per la mia faccia, visto che Annie non sembra curarsene. Non dice una parola da quando abbiamo lasciato la Rocca. A cosa starà pensando? E' appena tornata da un viaggio in cui ha vissuto le pene dell'inferno e io la sto riportando lì. Sono una pessima amica, oltre che un pessimo sergente... Del resto, se l'avessi lasciata in quella cella, non so proprio cosa sir Gadman Scherer avrebbe potuto fare di lei. E' da quando sta nell'esercito che entra ed esce da una prigione, adesso basta.
"Ali?"
Mi fermo e mi giro a guardarla: "dimmi".
"Tu sarai con me? Quando morirò?"
"Sempre".
"... se non muori prima..."
Sorrido. "Impossibile".
Annie ricambia il sorriso: il primo che le vedo fare da non so quanto tempo.
Ci rimettiamo in marcia, non manca molto all'accampamento: con un pò di fortuna, tra poco la neve coprirà le nostre tracce.
"Senti, Ani, ma..."
"Si?"
"Davvero puzzo come una scrofa?"
"Beh... un pò si...".
"Ma anche adesso? Con questo vento freddo e la mantella pesante addosso?"
"Beh..."
"Va bene, ho capito: come non detto".
"Ma comun-"
"Basta, d'accordo? Non voglio saperlo. Non parliamone più".
Abbiamo rotto il ghiaccio, proprio ora che sta per nevicare.