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23 gennaio 518
Giovedì 22 Ottobre 2020
Sei mejo te
Come va, vecchio mio?
Mi piacerebbe dirti che qui più o meno stiamo tutti bene, come si fa di solito in questi casi, ma a giudicare dalle urla di dolore che ho sentito negli ultimi venti secondi credo che le cose siano appena peggiorate.
Quanto a me, diciamo che me la cavo: continuo ad avere questo rendimento un pò a singhiozzo, alternando grandi colpi e trovate mediocri. Penso che sia anche un pò colpa tua, visto che la tua daga continua a portarmi una sfiga del cazzo... o magari è solo colpa del fatto che non riesco a maneggiarla come si deve. Del resto se l'avessi saputa usare a quest'ora starei maramaldeggiando in giro per la foresta vestito come un idiota a spadroneggiare insieme agli altri Kraighar, non certo a farmi massacrare di botte da uno di loro.
Già, perché questa bestia che mi si para innanzi con il suo occhio marcio e un puzzo di cadavere da fare invidia ai risvegliati sembra proprio essere uno dei tuoi compari. Anche lui orbo, anche lui vestito come un coglione. Anche lui con la sua sporta di trucchetti del cazzo.
La mia lama non è abbastanza lesta per impedire il suo attacco: una vampa di freddo e tenebre attraversa il mio corpo e riporta la mia memoria a quella maledetta notte di Ostàra in cui mi portasti a vedere il mondo come lo vedi tu. Ma la trovata del tuo epigono non sembra essere all'altezza di quell'orrore, limitandosi a fiaccare il mio braccio e rendendo il primo colpo che riesco a sferrare facile preda del suo claidheamh mòr. Poi sento il tonfo di Sven che rotola in terra alle mie spalle e capisco che no, la barzelletta era buona, sono io a non averla capita: sono solo stato fortunato.
O forse per nulla.
In piedi siamo rimasti io, lui, Colin che sta cercando di salvare la vita di Kailah e uno dei loro rintanato nella boscaglia che tra non molto sarà pronto a colpire. In un modo o nell'altro questa faccenda va chiusa nei prossimi dieci secondi. Io non ho l'elmo, lui ha delle strane fiammelle che gli circondano il collo. Riuscirò ad avere la meglio?, penso mentre sferro il mio secondo attacco. Neanche a parlarne, ovviamente: il mio braccio dà il suo peggio e lui non si fa sfuggire l'occasione per colpirmi la gamba, eludendo ogni mia difesa. Vorrei poter incolpare le botte che ho preso, la stanchezza degli scontri già sostenuti o il torrente di tenebra che mi ha rovesciato addosso, ma la realtà è che non ce l'avrei fatta comunque: quello spadone non ammette alcuna scusa. Non posso far altro che negoziare una tregua, mostrando l'arma che un tempo ti appartenne e che bene o male ho il diritto di brandire. Ancora una volta il tuo nome è oggetto di scherno, ancora una volta vieni descritto come un vile reietto che ha fatto la fine che meritava. Certo che hai lasciato davvero un bel ricordo, eh? Stavolta però non c'è bisogno di dire nulla: lo spaccone che deride le tue imprese è vivo soltanto grazie a una freccia che ha colpito alle spalle il prete che gli stava tenendo testa, il suo giudizio vale meno degli occhi che si ritrova.
Faccio un debole tentativo di spiegare perché ci troviamo lì e il motivo che ci spinge a voler proseguire. Fiato sprecato: "in quella torre per voi c'è solo la morte". A quel punto prende la parola Colin, che cerca nuovamente di far valere le nostre ragioni sottolineando l'urgenza di fermare ciò che sta accadendo prima che sia troppo tardi: arriva persino a raccontargli la triste storia di Muireal, la guerriera Elsenorita che venne per suonare e finì suonata. Niente da fare, il nostro ha già pronta un'altra secchiata di merda da gettare anche su di lei: debole, sprovveduta e dunque meritevole di morire. Ma ha anche dei difetti, verrebbe da aggiungere.
E allora sai che ti dico? Amen: sei mejo te. Fanculo al demone, a Elden Page e a questa foresta del cazzo: il nostro tentativo di salvare il mondo finisce qui. Del resto, considerando quanto andate d'accordo e vi stimate l'un l'altro, non mi stupirei affatto se quel diavolo d'un topo riuscisse a farvi ammazzare tutti a vicenda nel giro di un paio di settimane.
7 dicembre 517
Sabato 30 Marzo 2019
Vado per uno
"Qual è il tuo nome, soldato?"
"Vodan, signore".
"Bene, Vodan. Parli la loro lingua, vero?"
"Qualcosa".
"E loro non capiscono un cazzo della nostra..."
"Poco e niente".
"Ok, Vodan, ascolta: come puoi vedere, io qui vado per uno... E loro sono due. Ma se farai quello che ti dico, stasera in locanda avremo una storiella di cui vantarci".
"Ricevuto".
Quanti anni sono passati, esattamente? Sei o sette, credo. Ero una recluta nella guarnigione di Nuova Lagos e avevo una voglia matta di ubriacarmi e spaccare teste Elsenorite: il rifiuto di Eòran e Cathàl di portarmi con loro al Lughnasad mi bruciava ancora. "Choigear air Choigrich", straniero tra stranieri: fanculo a loro e alle loro regolette del cazzo. E il bello è che uno ci è crepato e l'altro è diventato un coglione. Ricordo che passavo le giornate a litigare con Branna e le serate a scolarmi gli avanzi del vino con cui mia madre cucinava: riusciva a mettere il vino dappertutto, quella cazzo di ubriacona: persino dentro le mele. Chissà che fine ha fatto. Prima o poi spero che si ripresenti, così magari le restituisco un pò delle botte che mi ha dato.
Il sergente maggiore Greg è l'unica cosa positiva che ricordo di quel periodaccio: una specie di leggenda vivente, protagonista di innumerevoli scontri tra Rastan e Leduras e poi spedito controvoglia su Ilsanora a reprimere le intemperanze delle popolazioni locali.
Fu lui che mi convinse ad entrare nella guarnigione, il giorno che mi presero con le mani nel sacco e mi portarono al suo cospetto. "Ti dice culo che servono uomini: o ti arruoli o ti sbatto dentro, decidi tu". La classica offerta che non si può rifiutare. Eppure fu la cosa giusta, soprattutto quando Eòran e Cathàl decisero di andarsene da soli affanculo e mi tolsero dall'imbarazzo di avere il piede in due scarpe: al sergente maggiore Greg gli elsenoriti stavano parecchio sui coglioni, se avesse saputo che stavo con i Dìolan Loch mi avrebbe fatto a pezzi. O forse lo aveva sempre saputo e non gliene fregava niente, in fondo gli stava sul cazzo pure la Guarnigione.
"Adesso scegline uno, quello che ti sembra il più coglione, e digli qualcosa... prendilo per il culo".
"..."
"Che c'è, Vodan? Sei sordo?"
"No, signore... è che mi sembrano entrambi coglioni".
"Ah-ah! Non farmi ridere, che muoio dissanguato: tiratene addosso uno e cerca di convincerlo che sei più pericoloso di me, altrimenti siamo morti".
Andare a stanarli a casa loro si rivelò un'idea del cazzo fin dall'inizio. L'informatore ci aveva assicurato che erano in quattro, e invece erano in sette: un pò troppi per un sottufficiale e tre reclute male assortite... Persino se il sottufficiale era una bestia come il sergente maggiore Greg. Ricordo ancora i miracoli che gli vidi fare prima con l'arco e poi con la spada: poi il loro capo, un certo Aomach, riuscì a colpirlo all'addome. Le immagini di quel giorno scorrono nitide davanti ai miei occhi, spinte dalle numerose analogie con quanto sta accadendo adesso.
Già, adesso. Ricapitoliamo: ho sguainato la spada e per poco non l'ho data in testa a Balestrone Uno, che per pararla s'è preso due sberle ed è andato fuori gioco. Dopo un paio di giri a vuoto sono riuscito a piantare la spada in testa al mio avversario e mi sono potuto girare sull'altro, facendomi grossomodo perdonare. Il problema è che questo non è il solito cazzone con l'arma a due mani: ha lo scudo e lo sa pure usare. Cerco di prenderlo un pò per il culo, sperando che Balestrone Uno di sgattaiolare via. La manovra in qualche modo riesce, ma questo mi risponde vomitandomi addosso uno Scaith che non ho mai sentito e piantandomi la spada tra le costole come l'ultimo dei figli di quella zoccola di sua madre.
"Ehi, ha funzionato! Cosa gli hai detto?"
"Che suo padre lo ha partorito dal culo..."
"Ci sei andato leggero!"
"... dopo che glielo abbiamo sfondato".
"... Ah."
"Eh".
"Ciòè, proprio che glielo abbiamo... in due. Io e te".
"Si, signore".
"Capisco. Beh, a lui dovrai sfondarglielo da solo, mentre io mi libero di quest'altro idiota. Pensi di farcela?".
"Ci provo".
"Fare o non fare, Vodan: provare è morto inculato".
"... Come il padre di questo qui?".
"Esatto: così impara a fare i figli stronzi".
"Ce la farò".
"Bravo".
Anche allora, proprio come oggi, ero un cazzone che parlava tanto e combinava poco: per poco quello non fu il mio ultimo combattimento. Venti secondi che mi sembrarono ore, fino a quando il sergente maggiore non riuscì ad avere la meglio sul suo e venne ad affiancarmi, reggendosi la pancia con il braccio dello scudo. Sulla carta eravamo due contro uno, ma quello sano non aveva alcuna possibilità di farcela e a quello ferito restavano uno, due colpi al massimo; mentre il nostro avversario stava bene e brandiva uno scudo. Lui aveva tutto il tempo del mondo, noi no.
Il ricordo vivido di ciò che accadde dopo mi è sufficiente per capire cosa devo fare. Osservo Colin che si avvicina, la punta del suo stocco che mi si affianca: il nostro avversario sa come sto messo e ha tutto il tempo del mondo, proprio come quella volta... Solo che stavolta quello forte e che va per uno sono io. Continuo a insultarlo: è importante che colpisca me, o meglio che NON colpisca me, lasciando Colin libero di attaccare. Il primo colpo non riesco a evitarlo, ma l'armatura decide di graziarmi. Colin ricambia il favore: ancora nulla di fatto, ma riesce a togliergli il tempo e a sferrare un secondo fendente. Ci siamo: Colin ha fatto il suo, adesso devo pensarci io. Questo scontro finirà nei prossimi cinque secondi, in un modo o nell'altro: ci serve una specie di miracolo, proprio come andò in quel giorno di settembre quando il sergente maggiore Greg sferrò l'ultimo colpo di spada che gli restava in corpo e...
"Sei stato bravo, Vodan: adesso abbiamo la nostra storiella da raccontare".
"Grazie, signore".
"La finisci di chiamarmi signore? Mica sono tuo nonno: chiamami Greg".
"Va bene, Greg".
"Adesso me lo dici cosa gli hai detto davvero, a quell'elsenorita?"
"Che suo padre..."
"Non prendermi per il culo: gli avrai detto tre parole in tutto...".
"E' una lingua sintetica: poche parole, tanti concetti...".
"Ah-ah! Sei proprio un cazzaro. Adesso tagliamo la corda, prima che ne arrivino altri".
"Ma la ferita? Non mi sembra uno scherzo...".
"Nah, è solo un graffio. E poi lo sai come funziona su Ilsanora, no? Se non torni con una ferita ti prendono per il culo, sembra che non hai combattuto e che hai mandato avanti gli altri: con un taglio del genere, nessuno si permetterà di farlo".
"Una vera fortuna, allora".
"Tu piuttosto, non hai paura di essere preso per il culo? Siamo ancora in tempo per rimediare..."
"Sto bene così, grazie".
"Sicuro? Neanche una freccia nella spalla, magari di striscio?"
"Magari un'altra volta".
"D'accordo. Vorrà dire che farai una figura di merda in locanda, stasera..."
"Sopravviverò".
Anche questa è andata. Mi metto a sedere lungo il corridoio, cercando di non pensare al dolore, mentre Colin si accinge a prestarmi le prime cure. Spada-e-Scudo si dibatte come un pesce sulla riva a meno di un metro, cercando invano di tamponare il fiotto rosso che gli zampilla dal collo. Speriamo che non facciano pulire a noi.
Chissà che fine ha fatto, il sergente maggiore Greg: prima o poi spero che si ripresenti, così magari gli restituisco un pò delle botte che mi ha dato.
9 luglio 517
Lunedì 25 Aprile 2016
Riportando tutto a casa
Le macabre guglie della Stretta Osservanza scompaiono dietro le nostre spalle mentre ci allontaniamo. Nessuno ha voglia di parlare molto. Persino i cavalli tengono la bocca chiusa, intenti come e più di noi a scrutare la nebbia che ci circonda: una coltre bassa e pesante di fumo bianco che sembra essere appena uscita dal terreno. Ogni tanto il vuoto del paesaggio si interrompe, lasciando intravedere qualcosa: alberi scheletrici, sagome indistinte che vagano in cerca di cibo, qualche rovina bruciata o distrutta, probabilmente infestata.
Difficile credere che qualcuno abbia mai vissuto da queste parti. Pensare che qualcuno tornerà mai a farlo lo è, se possibile, ancora di più.
D'un tratto avverto un fastidio familiare: schiaffoni di sabbia ci sferzano la faccia, costringendoci ad alzare il bavero dei mantelli. In condizioni normali avrei fatto volentieri a meno di questo bentornato, non dissimile da quello che ricevevo da mia madre le volte che rincasavo a notte fonda: eppure, viste le circostanze, viene voglia di accettarlo quasi di buon grado. Niente paura, vento del cazzo, stiamo tutti bene.
Ma è davvero così? Non saprei dirlo. I volti dei miei compagni scompaiono rapidamente alla mia vista, nascosti dalla stoffa. E' stata una missione come un'altra, in fondo. Gente da ammazzare, informazioni da recuperare, stronzate da evitare: talvolta, perché no, anche qualche poveraccio che è valsa la pena di salvare.
Eppure, al tempo stesso, non lo è stata. I nostri obiettivi sono morti, ma erano pesci piccoli in un mare freddo, agitato e pieno di squali. Abbiamo scelto di farci coinvolgere, cosa che ci ha permesso di vedere bene questi bestioni dallo sguardo cattivo che nuotavano appena sopra le nostre teste. La realtà è che prima o poi ce ne saremmo accorti, anche se ci fossimo fatti i cazzi nostri fin dall'inizio: certe cose non puoi non vederle, anche se ti sforzi al massimo.
Abbiamo provato ad abbatterli, questi squali: i più deboli sono caduti, altri sono riusciti a scappare, continuando a mietere vittime. Il risultato è che la loro fame, così come la nostra, è cresciuta anziché diminuire, provocando un gran numero di morti senza che nessuno sia riuscito realmente a prevalere. Colin la vede come una tragedia inutile, un massacro fine a se stesso che forse, tutto sommato, si poteva evitare: per me, più semplicemente, è una cosa inevitabile, una conseguenza naturale di quello che oggi esiste in questo angolo di mondo. Non so se dipende dal fatto che sono uno squalo anch'io, oppure perché non mi piace sentirli che mi nuotano sopra la testa, o magari tutt'e due le cose. Chi se ne frega del perché, funziona così e basta. Il fatto che questa gente abbia ammazzato un branco di preti, si sia data un pugno di regole e abbia tirato su una palizzata sfruttando l'indolenza della maggior parte dei loro concittadini non li legittima in alcun modo, né mi fa passare la voglia di farli fuori tutti. Anzi.
A questo proposito, una cosa è certa: senza il valore e il coraggio miei compagni, anche quel "poco" che abbiamo ottenuto sarebbe stato impossibile. Non solo hanno avuto il mio stesso impulso, ma si sono battuti come dei leoni in ogni circostanza. Spero che Barun scherzasse quando mi ha detto che questa sarebbe stata la mia ultima missione con loro: rimpiangerò di certo la forza di Sven, la spada di Bohemond, le riflessioni di Colin e, che la Nagath possa cavarmi gli occhi se mento, persino il bastone del prete. Tutto quello che abbiamo fatto insieme ha funzionato alla grande, anche quando non ci avrebbe scommesso nessuno. "Forse non è questo il momento giusto per affrontarlo": quando Bohemond mi ha detto questa frase, entrambi pensavamo che dietro a quella maschera si nascondesse Caister. La mia freccia non era d'accordo e lui si è fidato, un istante dopo era di fianco a me con la spada in pugno insieme a Sven. Non sarà facile mantenere questo livello. Spero che mi manderanno da qualche parte da solo, se non altro non sarò costretto a fare confronti impietosi. Mi auguro che questa non sarà l'ultima volta che oltrepasserò quel ponte: comincio ad avere fin troppi conti in sospeso su questa sponda del fiume.
Poco fa sono andato a salutare Ardee. Spero che quello che le ho detto a proposito dei Risvegliati le faccia venire qualche dubbio. Le auguro di uscire viva dalla Tomba della Regina, magari a mani vuote. Prima o poi ci rivedremo, forse persino a Ghaan, ma temo che non sarà la rimpatriata che immagina lei. Cominciamo ad essere lontani, neanche la torre di Madreselva si vede più. Chissà se quella notte è esistita davvero o se me la sono sognata: è stato quattro giorni, tre scontri e almeno dieci morti fa.
La Pipa Horrenda, la Lanterna di Arrok, la Mosca Zirconata, l'Anello di Melkor, un discreto mucchio di monete d'oro e d'argento: questi i tesori che abbiamo recuperato e che riporteremo a casa. E non vorrei che, nascosta in qualche zaino, vi fosse anche la testa rinsecchita del prete di Aràk: ammetto di averne perso le tracce, spero che qualcuno abbia pensato bene di seppellirla.
Avrei preferito di gran lunga staccare la testa di quella zoccoletta di Carnage: un vero peccato non essere riusciti ad entrare in quella casa. Cosa sarebbe successo, se avessimo tentato? Alcuni di noi sarebbero morti, questo è poco ma sicuro. Caister non se ne sarebbe mai andato da solo, l'ombra di Morte che segue ogni suo passo non lo avrebbe permesso. Meglio non pensarci: ci saranno altre occasioni. O perlomeno altri squali.
Anche questa è fatta. Avanti i prossimi, finché ce n'è.
5 Luglio 517
Martedì 5 Aprile 2016
Damhan-Allaidh
Ash, oggi hai avuto un assaggio di cosa vuol dire essere un soldato. Non sprecherò il poco tempo che abbiamo a parlarti dei ragni, dei ponfi, della paura e del dolore: sei sveglio a sufficienza per capire che non è la prima volta e non sarà l'ultima. Col tempo ti abituerai a tutte queste cose.
Quello che mi interessa sapere è se ti senti ancora motivato. Magari la prima volta che ne abbiamo parlato non avevi le idee chiare, ma adesso è diverso: nel giro di pochi giorni hai visto all'opera noi, il gruppo di Ardee e una masnada di altra gente che ha combattuto con e contro le nostre spade. Tutti soldati, dal primo all'ultimo: amici o nemici, leali o serpenti, abili o scarsi, coscritti a forza o per scelta in qualche esercito oppure mercenari al soldo di qualche mercante. La differenza è poca, anche perché hanno quasi tutti l'impressione di essere dalla parte della ragione.
Prendi Ardee, ad esempio: ha una storia molto simile alla mia, al punto che sono abbastanza certo che, se mi fossi trovato al suo posto, avrei fatto le sue stesse scelte. Non so dirti se valga il contrario, non ce la vedo a mangiare persone... Ma non divaghiamo.
Il punto è che si tratta di un lavoro in cui bisogna prendere spesso decisioni difficili. Come se non bastasse, il più delle volte non sarai tu a prenderle, soprattutto all'inizio: il tuo primo compito sarà quello di ubbidire e tu con questo potresti avere qualche problema. A me la cosa non ha mai pesato troppo, anche perché ho avuto sempre la fortuna di trovarmi bene con i miei comandanti: quando questo non accade, diciamo che cerco il modo di ubbidire a modo mio. Ho anche un mio codice, tutto sommato piuttosto semplice, che mi aiuta a capire quando stiamo facendo la cosa giusta e quando invece ci stiamo imbarcando in una stronzata. Se vorrai continuare su questa strada dovrai averne uno anche tu. Ma che sia buono, però, non come le cazzate che potrebbe averti detto Caister.
Lui ti ha salvato, su questo non ci sono dubbi, e ti ha anche insegnato come sopravvivere in queste lande selvagge e desolate. Ti dico però che non sarà l'unico a cui dovrai mostrare riconoscenza, perché di gente che rischierà il culo per salvarti la pelle ne incontrerai parecchia, dentro e fuori dall'esercito. Certi saranno anche degli stronzi, ma con un pò di fortuna pochi di loro sceglieranno di prestare servizio al fianco di una bambina pazza che fa mangiare le persone dai bacarozzi.
Ash, tra poco arriverà il momento in cui ti toccherà decidere da quale stronzo preferirai farti salvare. Io non ci tengo a influenzarti, ritengo che tu sia abbastanza maturo per distinguere la merda dalla roba commestibile: ti dico però che a occhio mi sembri sufficientemente figlio di puttana per meritarti una casacca nell'esercito di Uryen. Per questo, se riuscirai a portare la pelle a casa, racconterò la tua storia al nostro Capitano - o quantomeno al Sergente - e dirò che secondo me dovresti entrare. Sono certo che i miei compagni faranno altrettanto.
Oh, intendiamoci: non pensare che ti daranno subito una spada e un cavallo, eh? Nella migliore delle ipotesi entrerai come sguattero nelle cucine, dove marcirai per tutta l'estate: poi ti farai qualche mese di gavetta con uno dei tanti sergenti spaccaschiena insieme a tanti compagni più grandi, forti e abili di te che ti prenderanno per il culo e ti rovesceranno secchiate di piscio in testa... io al posto loro lo farei. Ma se riuscirai a resistere e lavorerai duro, prima o poi diventeranno tutte persone su cui potrai contare: maschi e femmine, colonnelli e reclute, vecchi e ragazzini.
Un'ultima cosa: sai come si dice "ragno" su Elsenor? E' una parola composta che, sul Continente, si potrebbe tradurre anche come "piccolo cervo feroce". Tremendamente efficace, a dispetto delle sue dimensioni ridotte. Ti fa per caso venire in mente qualcuno?
Fammi sapere quando hai deciso, io nel frattempo vado ad ammazzare un pò di gente.
4 luglio 517
Giovedì 25 Febbraio 2016
Arcas Nàr
Stanotte per me non c'è verso di dormire. Le urla di dolore di Arthur ignorano il silenzio offerto dalla coltre di nebbia che ci circonda e si ostinano a risuonarmi dentro, mentre le immagini della sua morte atroce scorrono per l'ennesima volta davanti ai miei occhi. A Nuova Lagos correva la voce che gli Elsenoriti mangiassero gli insetti; qualcuno si spingeva addirittura oltre, sostenendo che mangiassero anche le persone. Un giorno chiesi a Branna se era vero: Arcas nàr, mi rispose. La fame non conosce vergogna. Non potevo immaginare cosa avrebbero significato per me quelle due parole di lì a poco, prima nella stiva di una nave distrutta e poi dentro le vecchie prigioni.
Da queste parti la situazione è degenerata fino a raggiungere una sorta di perverso e grottesco equilibrio: le persone mangiano gli insetti, gli insetti mangiano le persone. Niente di troppo strano, in fondo: è così anche con gli animali, alla fine penso che sia una banale questione di dimensioni e di fame. Quando ho visto Lucano e Cador venire sbranati dalle locuste non ho battuto ciglio: una parte di me era persino contenta, visto che presto o tardi avremmo dovuto ucciderli in ogni caso.
Con Arthur è stato diverso: forse perché dopo di lui sarebbe toccato a me, se Ash non fosse riuscito ad impedirlo. O magari per via della presenza di scarafaggi ancora più grossi, come la bambina bionda che osservava la scena con sguardo compiaciuto o il balordo che ha preso a far da maestro ad Ash. Gente di merda, tanto quanto chi ha consentito loro di prendere il potere. Carnage, Masnadieri, Procacciatori, SenzaOmbra... c'è differenza? Probabilmente no. Ciascuno ha armi, uomini, mezzi e cavalli che mette al servizio dell'altro in cambio di denaro, favori o altra merce di scambio. La cosa risulta evidente fin dalla prima occhiata, ma ci siamo anche imbattuti in carte e racconti che lo provano al di là di ogni ragionevole dubbio: dai riferimenti che puntano ad Alec e ai suoi uomini alle guardie del corpo di Carnage, dall'ignominia di Arrok alle scorribande di Trevor e Leith.
C'è chi, magari in buona fede, può scambiare questa serie di accordi incrociati per una spregiudicata ma necessaria strategia di sopravvivenza: un modo come un altro per restare vivi in questo lurido bordello a cielo aperto, dove gli scarafaggi sono grandi come vacche e agli uomini non resta che farsi piccoli come formiche o strisciare come vermi. Arcas nàr. Forse è questo che pensa Colin, quando dice che Alec in fondo è soltanto un povero stronzo, oppure quando sottolinea che abbiamo sconfitto queste persone fingendo di essere amici loro. A tal proposito, mi chiedo cosa avrebbe pensato se quell'idiota di Procacciatore, anziché travestirsi da donna, si fosse nascosto come si deve, costringendomi ad agire: probabilmente non avrebbe più riso alle mie battute.
Fortunatamente, chi ci ha mandato ad ammazzare questa gente la vede in modo molto diverso. Infiltrarsi, colpire, tornare. Questo ci hanno detto di fare, probabilmente a conti fatti era l'unico modo per riuscirci. Sono soddisfatto di come abbiamo condotto questa operazione: tutti i miei avversari sono caduti con l'arma in pugno, liberi di scegliere se morire sul campo o a seguito di una resa. Tutto considerato, è molto più di quanto non abbiano offerto alle loro vittime.
Non restano che due cose da fare, prima di tornare a casa.
La prima si chiama Kelly. Non ho visto da nessuna parte gli uomini di cui mi ha parlato e questo è un male, perché quello che mi ha dato è un messaggio che mi sarebbe piaciuto consegnare. Ma oggi abbiamo trovato la sua spada e qualcosa mi dice che non è una coincidenza. Per questo, prima di sterminare quel che resta dei SenzaOmbra e dei Procacciatori, sarà il caso di far loro qualche domanda. Sui SenzaOmbra posso stare tranquillo, visto che non sopravviveranno all'interrogatorio in ogni caso: per i Procacciatori la faccenda è diversa... Se gli raccontiamo troppo, potrebbero provare a fotterci urlando qualcosa di fronte ai soldati di Ghaan.
La seconda si chiama Ardee. Finora con lei ho sempre agito d'istinto ed è andata bene: non sospetta niente, ci aiuta, ci dice quello che pensa: prima o poi capirà tutto e si prenderà a schiaffi, ma quel giorno sembra essere ancora lontano. Adesso l'istinto che ho è quello di salire in camera sua e fare quello che andrebbe fatto prima che sia troppo tardi, vista l'aria che tira. Magari neanche lei riesce a dormire. I miei compagni si fiderebbero ugualmente, sapendo che ci vado a letto? Probabilmente si, ma meglio non correre rischi. Eppure sarebbe bello riuscire a strapparla via da Ghaan: la vedrei bene a Uryen, darebbe del filo da torcere persino ad Ali Shark... Se non fosse che la sbatterebbero in cella e butterebbero via la chiave.
Branna, Dina, Ardee... Prima o poi devo cominciare a farmi piacere qualcuna che non abbia come obiettivo quello di uccidere me e tutti i miei amici.
... Com'è che si chiamava la Kraighar femmina?
1 Luglio 517
Martedì 5 Gennaio 2016
Prima Base
Eccoti di nuovo, amica mia: finalmente riusciamo a scambiare due parole come ai vecchi tempi.
Certo, non sei neanche lontanamente bella come la prima volta che ti vidi, quando le sapienti mani di Branna disegnarono le tue forme sinuose e sconosciute sul retro di una pergamena ingiallita. Ricordo lo stupore con cui osservavo quel carboncino muoversi velocemente, mentre la Morte prendeva vita sotto di lui.
Ti piace?
Cazzo, se mi piaceva: così tanto che di lì a poco quel disegno me lo ritrovai sulla schiena. Ma soprattutto, mi piaceva lei. A volte mi chiedo cosa sarebbe successo se quella notte, invece di riprodurre le tue vesti, Branna avesse disegnato un topo con una carota nel culo: me lo sarei tatuato lo stesso? No, probabilmente no. La verità è che fu amore a prima vista: in qualche modo la tua figura in quel disegno mi rappresentava, era già parte di me prima ancora di essere impressa per sempre dagli aghi.
Quella notte stessa sognai la Figlia delle Ombre, o almeno credo che fosse lei. L'avevo vista una volta sola, da molto lontano: esile e incappucciata, proprio come te. Quando chiesi a Branna se si fosse ispirata a lei per disegnarti, scosse la testa. Cominciò a parlare, mi raccontò la storia di Morrigan e della sua trina incarnazione. Non capivo una parola, inutile dirlo: eppure riuscivo lo stesso a seguirla, mi bastava guardarla negli occhi e vederli brillare mentre descriveva i miti e le leggende con cui era cresciuta. Tu, la Signora della Vita e della Morte, eri la sua preferita: una condottiera invincibile e fiera, fonte di ispirazione per i più forti tra i guerrieri di tutti i Clan. Mi spiegò che i popoli del Continente, incapaci di comprenderne le molteplici sfaccettature, avevano volutamente distorto la tua figura attribuendole un ruolo esclusivamente malvagio: l'incarnazione vivente di Shub Nagath Elemnai, Dio della Morte e Signore dei Demoni, venerato solo dagli eretici più empi e blasfemi.
Shub Niggurath.
Tale, dunque, è il volto che ti hanno dato da queste parti: una lancia che spunta da un altare sconsacrato, con la testa rinsecchita di un povero stronzo conficcata sulla punta. Perdonami, ma mi sembra assai più simile al topo con la carota nel culo che non all'effigie spettrale che porto sulla schiena. Questo simulacro non ti fa onore, amica mia: non c'è da stupirsi che la gente venga qui a fare tutt'altro.
Eppure ti è bastata una sola notte per ridare a questo luogo un senso di solennità. Da Tina ai Madrigali, dalle zoccole che sono sopravvissute ai carristi barzotti con la bombarda: tutti spacconi fino all'istante in cui devono varcare l'ingresso, poi improvvisamente il fiato e la baldanza vengono a mancare. E scende il silenzio.
Non che io faccia eccezione. Negli ultimi mesi ne ho viste tante, ma non posso negare di trovarmi di fronte all'operato di una forza superiore mentre osservo questa miriade di Kreepar che ti circondano come un mantello: ne basterebbero tre o quattro per fare a pezzi me e...
Ardee mi stringe la mano. E' tesa, ha paura: non penso che abbia idea del perché l'abbia portata qui. Probabilmente è il posto meno adatto di tutto il monastero per... A parte il cesso pieno di Kreepar dove sono crepati Cador e Lucano. Diciamo che è il posto peggiore tra quelli dove non si ha la certezza di morire divorati.
O almeno spero.
Mi guardo intorno: porca troia, quanti sono. Se soltanto qui ne sono arrivati centinaia, quanti saranno in tutto, nascosti sottoterra, nei cunicoli, lungo le strade? Diecimila, forse di più. Ardee segue il mio sguardo, senza dire una sola parola. Abbiamo parlato fin troppo, ora è il momento di starsene zitti ad ascoltare il silenzio assordante di questo posto. Non c'è dubbio, Signora della Morte: questa non può che essere una delle tue tante dimore, a dispetto di quel macabro spaventapasseri che ti hanno dedicato.
Lo osservo ancora, poi guardo Ardee: lei fa lo stesso, poi mi annuisce. Chissà che cacchio pensa che siamo venuti a fare. Te lo spiego subito, caporalessa: stiamo per prenderci gioco di questa zucca vuota che fa finta di guardarci e vedere che succede. Come dicevano ad Elsenor? is cuma liom sa diabhal: alle ombre non frega un cazzo. Il che significa che la vecchia signora non dovrebbe aversene a male, se ho capito bene come funziona. Cosa di cui dubito, peraltro. Del resto, non vedo come potrebbe andare peggio di così: se i Kreepar scenderanno a mangiarci ce ne faremo una ragione, vorrà dire che entrambi riceveremo un encomio per ammazzato un soldato nemico. In caso contrario, almeno uno di noi si sarà divertito.
E di certo l'altro non può mettersi a urlare.
Ma poi, perché mai dovresti? Sei pure più vecchia di me, se penso a come sarai tra qualche anno dovrei essere io a urlare.
Per fortuna nessuno di noi avrà mai modo di godersi la scena.
30 giugno 516
Domenica 13 Dicembre 2015
Eroi
... E con questo sono quattro. Dovrebbe essere l'ultimo, almeno per adesso. I resti della porta non si vedono neanche più, sommersi da una catasta di zampette intinte nella melma scura e circondate da una moltitudine di minuscoli insetti neri dall'aria minacciosa. Approfitto della pausa per dare un'occhiata ai miei compagni di stanza: Colin è stato colpito un paio di volte, ma a giudicare dall'espressione trasognata con cui guarda la carcassa dello stercoraro gigante che ho steso poco fa direi che l'armatura ha fatto il suo dovere. Ash se ne sta rannicchiato in un angolo con la sua solita espressione del cacchio, metà spaventata e metà compiaciuta alla vista dell'ennesimo casino: sono contento che stia bene ma in realtà non avevo dubbi, quel moccioso ci seppellirà a tutti. Li guardo e penso che dopotutto è stato un bene che la porta si aprisse verso l'esterno in modo da impedirmi di uscire: queste bestie picchiavano di brutto, se me ne fossi andato per salvare la puttana non penso che ce l'avrebbero fatta.
Chiedo ad Ash come vanno le cose nell'altra stanza, sperando che abbia tenuto l'orecchio da quelle parti come gli avevo chiesto quando gli ospiti hanno bussato. Di là erano in tre a menare, non dovrebbero aver avuto problemi. Mi dice che sono usciti, forse per venire da noi.
"Bohemond, pensa Nestor del Borgo di Volta che grigliata si farebbe adesso!"
Bohemond risponde, tutto a posto. Avverto che è ora di uscire, poi mi accingo a liberare l'ingresso: l'idea, a quanto pare, è di andare a stare da loro. Mentre ci spostiamo, la domanda è inevitabile: come se la passano i nostri amici di fronte? Alziamo gli occhi per dare un'occhiata: sulle prime non si capisce nulla, poi a un certo punto li vediamo. Uniti e compatti, impegnati in una sortita che non sembra avere altro scopo se non quello di tirare dentro un paio di disgraziati in fin di vita. E' buio e c'è casino, non si riesce a vedere molto: distinguo a malapena i capelli biondi della caporalessa, intenta a dare ordini brevi e concisi, mentre un altro dei loro brandisce quella che sembra una spada fiammeggiante.
Mecojoni.
Questa scena sembra essere fatta apposta per crearci problemi: se non sapessi che è impossibile mi verrebbe da pensare che li abbiano evocati loro, questi scarafaggi, per farci vedere quanto sono bravi ed eroici. Più la guardo e più mi sembra un dipinto, di quelli che hanno una scritta sotto che riassume il senso delle immagini mostrate.
Non rompeteci il cazzo.
Questo c'è scritto. Una frase che si può leggere in due modi.
Il primo è una richiesta:
Non rompeteci il cazzo, perché siamo soldati anche noi e come tali salviamo vite tanto quanto voi. Avremo pure fatto le nostre cagate ma eseguivamo degli ordini, esattamente come voi.
Il secondo è un avvertimento:
Non rompeteci il cazzo, perché siamo ben organizzati, abbiamo una spada di fuoco e chissà, potremmo persino rompervi il culo.
Stanotte la squadra di Ghaan ha dimostrato di avere un cuore. In parte lo avevamo già capito: sono gli esseri umani più ragionevoli con cui abbiamo parlato finora, probabilmente degli eroi se paragonati al branco di masnadieri che vive da queste parti. Ci serviva una conferma del fatto che non potevamo attaccarli di sorpresa? Ora ce l'abbiamo.
Non solo: hanno anche dimostrato di valere qualcosa. Avevamo bisogno di sapere quanto sarebbe rischioso affrontarli all'ultimo sangue? Ora lo sappiamo.
Questo cambia forse qualcosa? Direi di no. Quello che dobbiamo fare non è condizionato dalla loro bravura o dal buon cuore di cui sono dotati, ma da quello che sono venuti a fare qui ed ora: se fossero in libera uscita, cosa assai improbabile, potremmo anche decidere di lasciarli stare; ma visto che con tutta probabilità eseguono gli ordini del nemico, il nostro compito è trovare il modo per ostacolarli.
Quanto alla spada di fuoco... Ho visto di peggio, e anche i miei compagni. Abbiamo pestato gente grossa, in un modo o nell'altro ce la faremo anche con questi. Il problema è restare in piedi per fare anche il resto.
Ripenso alle possibilità che abbiamo.
Seguirli senza farsi notare: ipotesi che ha ben poche speranze di riuscita: se sono in missione ci toccherà intervenire, in caso contrario potrebbero comunque sorprenderci loro. A ben vedere non sarebbe che un modo per rimandare il più a lungo possibile la scelta di una opzione realmente risolutiva, ovvero una delle successive.
Scontrarci con loro, ovvero ucciderli/farli prigionieri oppure soccombere/essere fatti prigionieri: in tutti i casi significa mandare a monte la nostra missione principale e forse anche la nostra copertura, a meno di non essere così fortunati da ucciderli tutti senza subire perdite significative. In questo ci viene più che mai in aiuto la spada fiammeggiante, fulgido esempio di come un simile lieto fine sia altamente improbabile.
Risolverla con un duello: una ipotesi affascinante, che fa tesoro dell'esperienza vissuta nel cariceto di Amedran. Ma abbiamo realmente l'autorità di negoziare un accordo di questo tipo? Possiamo impegnarci a dar via la nostra identità, nonché a mentire ai nostri superiori quando ci chiederanno cosa è successo? Per quanto l'idea possa essere buona, l'ipotesi di dover tenere la bocca chiusa con chi combatte dal mio stesso lato del campo non mi piace per niente.
Nulla di fatto, ognuno per la sua strada: loro con la missione compiuta e la nostra identità, noi con le informazioni raccolte su di loro. Non mi fa impazzire ma la preferirei al duello, se non altro non ci costringerà a mentire. Il problema è che neanche loro saranno costretti, quindi le rispettive identità saranno rivelate ai rispettivi capi: se non ricordo male ci hanno ordinato di non dire chi siamo, a differenza loro che non sembrano farne alcun mistero.
A ben vedere, ciascuna di queste opzioni rischia di portarci dritti dentro un vicolo cieco. Più ci penso più mi convinco che far capire a questi signori da che parte stiamo sia un errore. Forse dovrei dare ragione a Colin e pensare seriamente a scoparmela, quella donna. Ma non fisicamente, però: con la testa, usando il cervello. A ben vedere abbiamo già cominciato a farlo, raccontandole una storia che nel bene e nel male deve essersi bevuta, altrimenti non saremmo qui a dormire a pochi metri da loro. Dobbiamo continuare così, cercando di restare fedeli a quello che abbiamo raccontato, senza mai rivelarci. In fondo il vero scontro che dobbiamo provare a vincere è questo: riuscire ad essere più svegli di loro, più furbi, più capaci. Assodato che siamo due squadre nemiche e contrapposte, possiamo ancora dimostrare di essere più bravi di loro, magari prima ancora di sguainare le armi. Anche senza una spada di fuoco.
Come potremmo fare? Provo a buttare giù un paio di ipotesi.
O la borsa o la vita: Potremmo pensare di avvicinarli dando l'idea di volerli rapinare, costringendoli - a loro scelta - a uno scontro oppure a un duello: non sarebbe molto diverso rispetto all'ipotesi originaria, il vantaggio è che saremmo visti come briganti e non come soldati nemici. In questo modo potremmo permetterci di perdere il duello o di lasciare vivi i superstiti dello scontro. Non è poco, tutto considerato.
Reclutateci: Li seguiamo senza farci notare per quanto possibile: non appena ci notano gli diciamo che vogliamo provare ad arruolarci nell'esercito di Ghaan, chiedendo loro di metterci alla prova: in fondo siamo buoni combattenti rimasti disoccupati, e Ghaan dovrebbe avere un disperato bisogno di uomini. Se rifiutano, proveremo comunque a capire cosa sono venuti a fare e decideremo il da farsi all'impronta a seconda delle informazioni che riusciremo a recuperare: se accettano, vorrà dire che ci uniremo a loro per il viaggio di ritorno, salvo poi mollarli sul più bello... magari portandoci via l'oggetto e/o le informazioni. Anche in questo caso penseranno quasi certamente a dei briganti e la nostra identità sarà grosso modo salva.
Al momento non mi viene in mente altro. Chissà se queste idee piaceranno ai miei compagni. Ne parleremo stanotte: del resto, con tutti questi ragnetti, dubito che riusciremo a prendere sonno.
29 giugno 516
Sabato 5 Dicembre 2015
Ardee
Se Colin sapesse come sto messo sarebbe più difficile dargli a bere che voglio portarti a letto. Dina sostiene che è solo questione di tempo: "tutto guarisce, niente perduto": spero sia vero, l'ultima volta che mi ci sono messo faceva così male che per poco non ammazzavo di botte quella poveraccia di... come si chiamava? Lorna, mi pare. Lorna di Feidelm. Neanche se ne sarà accorta, pareva di colpire il sacco da allenamento della Rocca di Tramontana.
"Io non credo alle coincidenze", così mi hai detto poco fa. Neanche io: per questo non penso che la tua squadra sia qui per caso, né che la vostra missione sia diversa dalla nostra. Siete venuti a trattare con le stesse persone che a noi hanno chiesto di uccidere: gente che prospera rubando medicinali ai nostri compagni per venderli a una fiera di paese, ai quali avete chiesto aiuto per recuperare armi o informazioni da usare contro di noi. Sarebbe bello farti andare via con le mani piene e le gambe sane, ma qualcosa mi dice che non finirà così: mi sa che dovrai rinunciare a qualcosa. O magari non tornerai proprio.
Sei mai stata circondata? Sembra di no, a giudicare da come ti sei affrettata a commentare la mia ferita alla schiena. Dovresti sapere che di solito non è chi scappa che prende le sveglie, ma i poveri stronzi che restano a combattere da soli. La vicenda che hai raccontato di aver vissuto a Feith mi suona familiare. La differenza è che a voi è andata meglio: se non altro non siete stati spazzati via. Dovevate essere un bel gruppo, altrimenti non si sarebbero messi a stanarvi con il veleno. Il che ci porta al vero problema, al motivo per cui non riusciremo a farti cambiare idea. Quanta gente hai perso in quell'inferno? Quanto ti rode il culo sapere che molti di loro camminano ancora? Ho vissuto anch'io una cosa del genere. La differenza è che a voi è andata peggio: è probabile che mia madre sia morta tra le fauci di un ciccione dalla pelle scura, ma almeno non ho il dubbio che stia vagando in mezzo alla neve brancolando come una scema.
I miei compagni ti trovano la persona più ragionevole del circondario, ma a giudicare dai devòti ministri della parrocchia che ci ospita mi sembra un complimento modesto. Colin spera che riusciremo a farti aprire gli occhi, io penso che preferirai farteli strappare piuttosto che concedere il beneficio del dubbio... E proverai anche a strapparli a noi. Sven è sveglio, anche lui ha capito subito che qui si rischia di dover far fuori una intera squadra. Entrambi vorrebbero evitare il peggio.
La vedo dura.
Del resto, detto tra noi, sarebbe anche giusto. Severo, ma giusto. Devi ammettere che, risvegliati o no, avete fatto un sacco di cagate. Molte le ha ricordate Bohemond poco fa, altre vengono raccontate alla Rocca di Tramontana nelle notti di pioggia, quando a nessuno va di uscire. Saranno pure discorsi fatti ad arte per imbonire la truppa, ma noi quello siamo: truppa. Ammazzarci a vicenda è il nostro lavoro, togliervi di mezzo significa salvare vite. Sven in fondo lo sa già, a Colin basterà dire che ti faremo qualche domanda sulle porcherie che avete fatto mangiare a quella scrocchiazeppi di Annie.
Guarda il lato positivo, da queste parti coi cadaveri ci sanno fare.
Dormi bene.
1 maggio 517
Domenica 14 Giugno 2015
Fear
I sacerdoti di Nuova Lagos detestavano Beltane, per loro era una festa pagana priva di significato. L'Arrivo della Primavera per loro cadeva oltre un mese prima, durante la settimana che iniziava con le notti di Ostara e finiva con il giorno dedicato alla Dea della Natura. Mia madre, che era convinta che tutti i preti del continente venissero da Delos, attribuiva questa diversità di vedute a ragioni legate alla temperatura.
"A marzo a casa loro farà senz'altro fin troppo caldo, ma qui fa ancora un freddo del cazzo". Facile indovinare quale preferisse celebrare tra le due. Come darle torto?
A Elsenor si festeggia otto volte l'anno: Samhain, Imbolc, Beltane e Lughnashad, e poi Yule, Ostara, Litha e Mabon. Le prime quattro corrispondono ai giorni più importanti dell'anno, le altre assai meno. A Beltane si attraversano le fiamme e si diventa uomini, a Ostara accendi una candela e la guardi bruciare insieme a una donna. Durante Beltane si stringono patti e alleanze, durante Ostara al massimo ti scopi la cugina o la migliore amica con la scusa del cero. Questa è grossomodo la differenza e chiunque vivesse nell'Isola lo sapeva bene, con buona pace dei sacerdoti di Nuova Lagos.
Quando ho fatto l'attraversamento del fuoco avevo appena compiuto 18 anni. Ricordo che per impressionare Branna scelsi di uscire camminando lentamente, col risultato che il fumo quasi mi fece svenire dentro la capanna in fiamme. Chissà se qualcuno ci crepa, ogni tanto, dentro quelle capanne del cazzo: probabilmente si, l'Isola è piena di idioti spacconi che non vedono l'ora di danzare sul ciglio del burrone e non pensano che basta mettere un piede in fallo per restarci secchi. Magari la cerimonia serve proprio a questo, a togliere di mezzo chi è troppo scemo per diventare un uomo. O troppo impacciato.
Uomo. Fear, nella lingua dell'Isola. Branna mi spiegò che, tra gli elfi, quella parola assume un significato molto diverso. Paura. Così viene chiamato chi attraversa il fuoco, così viene riconosciuto dal suo Clan. Da quel momento, se lo desidera, gli è concesso recarsi al Lughnashad e sostenere la Prova: ma può anche fregarsene e vivere comunque la sua vita affermandosi come combattente, soldato, avventuriero, pirata, contrabbandiere o qualsiasi altra cosa. Ma un Lupo, quello non potrà mai diventarlo: non fino a quando non sopravviverà alla Prova.
I sacerdoti di Nuova Lagos dicevano che la lingua di Elsenor non era che una perversione della lingua degli Elfi. I Clan dell'Isola, inutile dirlo, sostenevano l'esatto contrario. L'unica cosa certa è che le due lingue sono collegate tra loro. Paura, dunque. Di diventare uomini? O forse di dover scegliere se diventare Lupi? Il sergente Greg una volta ci disse che un uomo è tale in virtù delle sue paure: non esiste chi non teme nulla, solo chi non ha visto abbastanza. Per questo ci fanno passare attraverso il fuoco.
In queste ultime settimane ho visto fin troppo. La Prova che a lungo ho voluto disputare e dalla quale fui ingiustamente escluso è venuta a prendermi con la violenza di uno stupratore: prima Tarkhun, poi Taerbeck, infine un lupo gigantesco uscito da chissà dove. Roba da cagarsi sotto per tutta la vita. Eventi che si riassumono in una manciata di parole: un sacco di culo, un sacco di sfiga e un sacco di botte. Date, ma soprattutto prese. Le stesse che risuonarono durante il massacro di Nuova Lagos, poi tra gli alberi dell'isola di Cabal e quindi nei corridoi sporchi e angusti delle vecchie prigioni.
Niente di nuovo, dunque. Mi sforzo di pensarlo mentre osservo una gamba irriconoscibile, masticata fin quasi all'osso. Chissà se ho avuto davvero scelta, se ho agito d'istinto o per senso del dovere. So solo che non ho avuto alcun dubbio a spaccare quella collana, nonostante fosse un trofeo di guerra che mi ero guadagnato. A ben vedere ho distrutto metà delle cose che possiedo e neanche so bene perché l'ho fatto. E' venuto da dentro, come un colpo di tosse. L'unica cosa che ho capito è che qualcuno c'è rimasto davvero male, quindi se non altro ne è valsa la pena.
Guardiamo il lato positivo: mi resta un boccale, segno che l'ultima bevuta deve ancora venire.
Alla tua, chiacchierone... E tante grazie per lo scudo.
25 aprile 517
Domenica 7 Giugno 2015
Saoradh
E così alla fine ce l'hai fatta. Hai avuto quello che volevi, lo scontro epico in cui risorgere a nuova vita rinnegando quella non-morte alla quale ti eri improvvidamente condannato.
E dire che ho fatto il possibile per mandartela per storto: sapevo che prima o poi i tuoi fratelli sarebbero venuti a chiedere conto della tua roba. Quel duello a Maben non l'ho certo perso apposta, ma mi ha dato modo di passare per uno scemo qualsiasi che si era imbattuto per caso in qualcosa di molto più grande di lui: magari, chi può dirlo, ha contribuito a velocizzare l'inevitabile. Del resto, a ben vedere, non è una storia troppo diversa dalla realtà.
Ero certo che il pezzo che avevo preparato per il loro arrivo ti avrebbe sorpreso, proprio come quando ti piombai addosso dall'alto in quella lunga notte di Ostara. "Avete ragione, non ho alcun diritto di portare questa roba: riprendetevela pure e tanti saluti". Niente più scontri all'ultimo sangue, duelli o prove di valore: le armi del Kraighar sarebbero tornate a Uthun, in attesa di essere impugnate da un altro formidabile guerriero. Ciascuno per la sua strada, senza rancore. Il sergente Rock avrebbe capito, così come i miei compagni: stiamo combattendo una guerra contro morti risvegliati, non abbiamo tempo per coltivare il nostro e l'altrui ego né per aprire il fianco a nuovi nemici.
Scommetto che non lo avresti visto arrivare, contrariamente a quel singolo pugno che cercai invano di darti quando avevi ancora l'occhio buono.
Invece sei stato tu a sorprendermi: tutto potevo immaginare tranne che fossi riuscito a farti detestare persino dai tuoi compagni, gli stessi che pochi giorni prima avevano unito le loro armi alle tue.
"Vile nella morte come nella vita".
Tale, dunque, è il ricordo che hai lasciato presso i tuoi alleati. Quella frase mi ha spiazzato, lo ammetto. No, di più: ha spazzato via in un lampo tutto quello che avevo pensato di dire e di fare. In quale casino ti eri ficcato, Tharkun? Cacciato e disprezzato persino dal tuo branco. Roba da non credere. E tutto per quella donna, magari. Per cosa ti sei fottuto l'anima, esattamente? Per una stronza con una maschera ancora più ridicola di quelle che indossate a Uthun? Per un vaso da notte con una bambina dentro? Spiegamelo, una di queste notti, perché non riesco a capirlo.
Eppure è proprio quella frase che devi ringraziare più di ogni altra cosa. Un conto è pretendere le armi di un guerriero, ben altro è mancare di rispetto alla sua memoria e, di conseguenza, a chi lo ha combattuto. Ero pronto a cederla, quella catena, non certo a farmela strappare di dosso neanche fosse la sottana di una serva. Fanculo ai buoni propositi, di punto in bianco non desideravo altro che spaccare a Corna di Bisonte quell'elmo ridicolo, a costo di morire nel tentativo. Le parole hanno cominciato a uscire da sole, fermandosi soltanto dopo aver fissato l'appuntamento con la morte che tanto agognavi.
Quello che è successo dopo lo sai. Lui che proclama le sue condizioni: l'impegno, in caso di sconfitta, a far mia l'arma che tu impugnasti fino a diventarne degno. La mia voglia di farlo incazzare, così forte da spingermi a usarla subito al fine di mostrargli quanto grande fosse il suo errore. Il rosso della lama della sua lancia, così simile a quella che quasi mi tolse la vita sull'Isola, ansiosa di tagliarci in due. Ti sento felice. In fondo lo sono anch'io: vendiamo care queste armi, facciamoci fare a pezzi come si deve. Se non altro, mi viene da pensare, neanch'io mi risveglierò. Ci viene chiesto cosa vogliamo in cambio. Come se facesse differenza. Come se io volessi tutto questo, come se tu potessi aspirare a qualcosa di diverso. Mi hai fregato, diavolo di un orbo: le spire della tua catena mi inchiodano a questo ultimo scontro, la morte che ghermisce le mie spalle è pronta ad abbracciare entrambi. I compagni capiranno, le mie sorelle se ne faranno una ragione, Dineartach tirerà una manciata di semi sopra una merda di capra e dirà qualcosa come: "tutto vive, niente perduto". Maledetta. Mi stupisco di ricordare ancora il suo nome completo, dopo mesi e mesi che la chiamo Dina.
E poi lo scontro. Il tuo maglio affamato che morde ad ogni colpo, spinto dalla mia mano; la mia voce che accompagna gli insperati successi, dal suono così simile alla tua; la lancia che dovrebbe tagliarmi il braccio e che invece fende l'aria, per colpa o merito di una tua decisione. Per un istante vedo il mondo come lo vedi tu: il mio avversario ne scorge il riflesso dentro ai miei occhi e decide di cedere il passo. "Questo scontro è tuo". Terzo duello in un mese. A Krandamer morirebbero d'invidia.
"Porta quelle armi con fierezza, poiché ti appartengono". E io che avevo in mente di lasciarle in questa palude.
A Elsenor si dice che non puoi sconfiggere un demone senza conoscere il suo nome. Chiedo a Corna di Bisonte di dirmi il vostro: Taerbeck e Tarkhun. Finalmente.
Mi hai fregato, Tarkhun. Avevi deciso da tempo di andartene da Uthun ed io esaudirò questo tuo desiderio, ora che mi sono assicurato che nessuno possa mai ricordarti come un vile. Ma è l'ultima volta. Questa vittoria mi dà il diritto di lasciare voi Kraighar sul posto, di non essere risucchiato ulteriormente dalla vostra visione del mondo. E' questa la ricompensa che chiedo, penso di essermela guadagnata. Ho vinto, ho avuto fortuna: ma ho dato anche a ciascuno di voi la possibilità di recuperare i vostri soldi. Adesso è arrivato il momento di alzarsi dal tavolo: ho voglia di tornare a Uryen, riempire il mio boccale di birra decente, rivedere le mie sorelle, prendere a testate Dina. Maestro di me stesso, nel bene e nel male. Voi non seguitemi, io non tornerò.
Ah, ancora una cosa...
Ma vostra madre lo sa che vi vestite così?