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10 Aprile 518
Domenica 26 Febbraio 2023
Billund
Finora tutto liscio a dispetto delle mie preoccupazioni. La piccola folla che siamo riusciti a portare in piazza si è rivelata pacifica e ben disposta, molto più di fosse lecito sperare. Gli oratori improvvisati hanno avuto la loro tribuna, hanno detto quello che dovevano per poi venirsene giù dal palco, senza incidenti e senza che le loro parole accendessero entusiasmi pericolosi. Mille cose potevano andare storte e invece niente, solo qualche mugugno isolato, più che comprensibile in una città occupata da un esercito nemico e costretta alle privazioni di un assedio.
E' arrivato quindi il momento di Mastro Billund.
Mi ci è voluto un bel po' di pelo sullo stomaco, non lo nego, per trattare con questo erudito sprezzante, caustico e sfrontatamente senzadio: a sentire i miei compagni ed in particolare Engelhaft non avrei mai dovuto concedere alcun credito ad un trombone del genere né tantomeno alla consorteria che rappresenta. Sarò uno sprovveduto ma tendo a dare il beneficio del dubbio a chi non fa nulla per apparire migliore di com'é: se c'è una cosa che le taverne malfamate di Achenar mi hanno insegnato è che sarà sempre il biscazziere più affabile e gioviale, quello che ti ha pagato da bere e ora ti sta seduto accanto e brinda alle tue mani fortunate (e di tanto in tanto adocchia con discrezione il tuo borsello, ma tu sei troppo ciucco per accorgertene) a piantarti un coltello tra le scapole non appena sarai uscito nel vicolo a pisciare.
Quanto alle Genti di Ghaan, con chi altri negoziare questa pace? Chi altri avrebbe potuto stringere la mano che Yara, con il suo azzardo disperato, è venuta qui a tendere? Non certo gli Eredi dell'Avamposto, che hanno trascinato il loro popolo in questo conflitto infernale stringendo patti indicibili e macchiandosi di ogni genere di nefandezza pur di riprendersi la Sacra, consumati dall'odio e dall'ambizione. Non potrà mai esserci pace con costoro, né perdono.
Se penso alle Genti, invece, mi tornano in mente gli uomini e le donne di Ghaan con cui, pur nemici, siamo venuti a patti. Ardee e il suo plotone, al cui fianco ci siamo battuti per difendere Madreselva dai tagliagole della Lega del Torto; Dan Bucky, che per primo ci ha aperto gli occhi su cosa stava davvero succedendo a Ghaan, sulla natura degli Innalzati e delle forze demoniache che li generano, su quali fossero realmente gli oscuri disegni di Aghvan l'Invitto; Darkhan, Khzar, Ayza, che si sarebbero rivelati cruciali per l'abbattimento di Estov Ghaan e senza i quali non saremmo mai riusciti a recuperare Madre Magdalene e Padre Klaus Fedmann; il caporale Gron e i suoi commilitoni, che di fatto ci hanno consentito di ricongiungerci ai nostri compagni prestando fede alla parola data. Ripenso poi a quella sventurata di Jamie Mourne, alla sconcertante innocenza dei pensieri rimasti intrappolati nel suo diario, a come persino dopo la morte il suo spirito ha combattuto per porre un argine all'orrore provocato dagli esperimenti di Geinsberg, Messer Raemon e Vorkhan...a come in quelle pagine Manuel Raven viene dipinto con una luce assai meno sinistra di quanto avremmo potuto immaginare.
In un modo o nell'altro se oggi siamo qui è anche grazie ad ognuno di loro.
Ma ecco, Billund sta per parlare. Osserva gli astanti con la sua solita supponenza mentre si schiarisce la voce. Prima di iniziare mi dedica un'occhiata e sospira. "Speriamo solo che Crystal sia all'altezza dell'introduzione che le sto per fare." Rimane una testa di cazzo fatta e finita, di quelle che fanno di tutto per andarti di traverso finché non si sentono soddisfatte del rispetto gli mostri... e non lo sono mai, vista l'immensa considerazione che hanno di sé.
In due parole, è Damon Dust.
E come il nostro mascalzone preferito (cui siamo debitori della pelle ormai non so più quante volte), alla prova dei fatti Mastro Billund non delude: ecco che si impadronisce del palco col piglio dell'affabulatore navigato e cattura l'attenzione di tutti, popolani e soldati, ghaanesi e stranieri. La folla ascolta in silenzio la rievocazione appassionata, seppur condita da un'abbondante dose di ironia spaccona, delle gesta degli eroi dei Cinque Lustri di Tenebra e di quelli del tempo che seguì.
Storie di onore, di lealtà e di coraggio, certo, di cavalieri valorosi e di nobili signori che per più di vent'anni difesero e guidarono l'Avamposto attraverso i pericoli di una landa selvaggia nuovamente dominata dalle tribù sanguinarie del Khanast di Feith... ma il racconto di Billund abbraccia soprattutto l'epopea dei poveri diavoli che versarono sangue e sudore sotto gli stendardi dei baroni, dei loro figli e nipoti che finita la guerra contro il Khanast si mischiarono con i nemici superstiti e si fecero un solo popolo.
Piccoli eroi delle più disparate ed umili provenienze che dovettero imparare a riconoscersi reciprocamente, a stringere alleanze e ad onorarle. Con la tenacia dei pionieri costoro riuscirono strappare, generazione dopo generazione, brandelli di pace ad un destino che pareva aver condannato questa terra a secoli di discordia e di violenze. E ci riuscirono di volta in volta con l'ingegno, con la testardaggine, con la generosità o talvolta solo per uno sfacciato colpo di fortuna. Le parole di Billund sono come pennellate, e tutti noi restiamo rapiti dal suo incantesimo, e ci sembra di averli proprio qui davanti ai nostri occhi, questi meticci coriacei e ammaccatti, sudici eppure fieri come granduchi, mentre si vantano nella loro lingua bastarda di imprese roboanti ed incredibili.
Ci sembra di vederli perché in fondo siamo anche noi quegli uomini e quelle donne, non importa se siamo figli di Ghaan, di Angvard, di Uryen o se siamo giunti da lontano in questa frontiera infestata di demoni e di spettri. Come gli eroi plebei di Ghaan siamo partiti da Greyhaven, da Surok, da Gulas, da Amer, persino da Elsenor e da Norsyd. Come loro ci siamo affrontati da nemici, ci siamo conosciuti, ci siamo rispettati ed ora ci siamo radunati nel giorno consacrato a Dytros per chiedere la Sua benedizione sul più sacro dei patti: una pace di giustizia per coloro che sono qui oggi e per coloro che verranno domani.
10 Aprile 518
Martedì 21 Febbraio 2023
Horrenda
Il giorno sacro a Dytros è infine giunto. Nella manciata di giorni trascorsi qui a Ghaan abbiamo fatto quel che potevamo per realizzare il disegno mistico di Madre Magdalene: non ci resta che attendere che la celebrazione, per quanto miseramente propiziata, abbia luogo.
Per ingannare un po' il tempo lustro di malavoglia la Pipa Horrenda. Ancora non mi capacito di come si possa intagliare con tanta perizia qualcosa di così egregiamente imbecille. Di solito avere per le mani questo insensato attrezzo mi calma i nervi, strappandomi un sorriso anche nelle situazioni più tese. Non oggi...oggi penso a quanto in parti uguali mirabolante e idiota deve apparire la nostra impresa agli occhi dei nemici, e mi pare di risentire la prosopopea canzonatoria di Mastro Billund su quanto effimeri siano i nostri successi.
La verità è che abbiamo sparso una magra semente su un campo spaccato dall'arsura e brulicante di passeri affamati, e ora siamo in ginocchio ad implorarli di non divorare l'ultima speranza di raccolto che ci resta.
Siamo giunti a Ghaan al termine di un viaggio insidioso e sfiancante per ricongiungerci a quel che resta dei nostri commilitoni di Uryen e di Angvard. Ad attenderci non abbiamo certo trovato un esercito di conquistatori: della forza possente partita da Angvard mesi or sono non restano che poche manciate di sopravvissuti esausti e spauriti...invasori per Ghaan, disertori per le loro terre d'origine, banditi traditori per la legge del Duca.
Che ne è dell'indomito Capitano Marvin Barun dalla scorza di pietra e dalla voce di tuono? Un tronco marcio divorato dalle piaghe, il petto un tempo possente squassato da rantoli sanguinolenti. Che ne è della splendida Dama che a cavallo di un drago dalle scaglie lucenti ha guidato questa spedizione sventurata? Che ne è della sua promessa di vittoria e di giustizia? Sprofondate entrambe in una prigione tenebrosa da cui non sembra poterci essere scampo. Che ne è degli eroi di Uryen e di Angvard, che con un'ultima carica gloriosa attraverso l'Altopiano del Tuono avrebbero dovuto porre fine una volta per tutte ad una guerra fratricida e diabolica? Rintanati come topi in trappola entro mura ostili, inchiodati in una landa mortifera che la Carminia ha trasformato in un paesaggio da incubo, senza più neppure una patria a cui fare ritorno, alla mercé di un nemico astuto, paziente e implacabile che li tiene stretti nella sua morsa come questo grottesco pugno d'avorio intarsiato fa col fornello al suo interno.
E poi c'è questo presentimento sinistro che da stamattina ammorba l'aria come una cappa pestifera rendendomi penoso il respiro. Questa notte accadrà qualcosa di terribile. Non importa quanto sciocco possa apparire loro il nostro tentativo di riportare, anche solo per un momento, il nome di Dytros sulle labbra e nei cuori di genti che da generazioni lo hanno relegato all'oblio, o peggio, ne conservano un ricordo distorto di usurpazione e tradimento... i nemici più mortali della pace che stiamo provando a costruire non resteranno a guardare. Uno di loro, l'Innalzato cui Ayza attribuisce il nome di Sami l'Orbo, già una volta è emerso dalle tenebre per dispensare morte. Mi domando quanti come lui sono rimasti in agguato qui a Ghaan... e quanti si raduneranno stanotte per trasformare questo giorno consacrato al Dio che più disprezzano in un carnevale di sangue e terrore.
D'un tratto non riesco più a sopportare la vista dello sgorbio che tengo tra le dita e alzo lo sguardo. I miei occhi incrociano quelli di Kailah. E' di buon umore, al contrario di me. Del resto lei è così, la prospettiva di festeggiamenti spensierati, di musica, di vino e di risate in compagnia degli amici è sufficiente a scacciare ogni ombra dal suo viso. "Dove stai andando?" le chiedo, pensando dentro di me che dietro ad ogni circostanza in cui ci perdiamo d'occhio può nascondersi un pericolo. Soprattutto oggi. "Salgo un momento da Giada..." mi risponde sgattaiolando via senza darmi occasione di replicare. Poco male, senza di lei che si lamenta posso farmi due boccate in santa pace. Carico il tabacco, aziono l'acciarino, inspiro lasciando che il fumo dolciastro mi invada il palato.
Me ne resto così per chissà quanto, cercando di rallentare i pensieri che si rincorrono.
"Quella roba puzza come la merda secca di cavallo che i Songkhram usano per accendere i fuochi dei loro accampamenti, te l'ho mai detto?" borbotta ad un certo punto Sven, intento ad affilare la lama del suo pugnale.
"Ogni tanto sarebbe bello se sul tuo mantello si sentisse l'odore dell'incenso, invece di quella porcheria da frequentatore di postriboli" gli fa eco Engelhaft mentre solleva il breviario che stava consultando e lo sventola teatralmente per respingere il fetore.
"Va bene, va bene...vado a farmi un giro, ho capito" sbuffo, alzandomi dal tavolo. "Tanto tra poco dovremo muoverci in ogni caso." E così faccio per scendere in strada. Sul pianerottolo mi imbatto in Skald Jotnar che sta per imboccare le scale. Ha stampato sul volto il solito mezzo sorriso insopportabile di quelli della sua gente, lo stesso che immagineresti sul muso di una faina che sta spiando di soppiatto un pollaio incustodito. Mi guarda un momento e si fa serio. "Tutto bene?", gli dico. Fa un passo verso di me e si mette a studiare con occhio esperto la pipa che stringo tra i denti. "Quello zanna di hrosshvalr. Preziosa." "Ti piace? L'intarsio è molto ben fat..." Lui scuote la testa e mi interrompe. "Tu sembra trúður. Buffo. Triste. Io guarda te e no sa se ridere o piangere." Dal piano di sopra arriva l'eco di risate femminili. "Loro ride" aggiunge "...forse te visto." Dannato figlio di puttana, ci mancavi solo tu oggi.
6 Aprile 518
Sabato 29 Ottobre 2022
Ali
Dicono che eri magnifica in sella al wyrm, un'eroina degli antichi Runi tornata a sfrecciare nel cielo azzurro. Dicono che il sole scintillava sulla punta della tua lancia mentre le immense ali della bestia si dispiegavano sotto di te.
Eccomi di nuovo al tuo cospetto, Yara. Da molti giorni sapevo di ciò che ti era accaduto, eppure ho sperato fino all'ultimo che quelle di Vengar fossero solo le farneticazioni di un innalzato ormai sprofondato nella follia...ma il tuo volto è una maschera spenta e smagrita che non lascia più spazio ad alcuna illusione. Poco fa ho detto a Crystal che io e lei siamo gli ultimi Paladini di Angvard ancora in condizione di servire, e dovevi vedere con che faccia stupita ha accolto le mie parole. Sembra passata un'eternità da quando vi ho comunicato il mio desiderio di servire presso di te una volta onorati i giuramenti che mi vincolano all'Esercito di Uryen...e quel momento, almeno nel mio cuore, è finalmente arrivato: il Soldato della Fede Bohemond D'Arlac è qui per farti il suo primo rapporto.
Ti racconto allora del viaggio che abbiamo affrontato per giungere a Ghaan e dei mille ostacoli che abbiamo dovuto superare, delle cose mostruose che ancora infestano la via per Angvard e di quelle che abbiamo abbattuto. Ti riporto la notizia del sacrificio di Stephen Cork e di Rak-Jim: ho affidato la sua ascia ai difensori della Sacra affinché sia custodita con gli onori che merita accanto alla spada di Brian. La Sacra, sì, ti dico di come siamo riusciti a raggiungerla superando l'assedio dei Nordri di Ymir, della situazione disperata che vi abbiamo trovato, di come abbiamo fermato il successore di Joad Kempf prima che il suo piano per aprire una breccia arrivasse a compimento. Rimpiango di non essere stato al fianco di Brian quando avete riconquistato la Sacra, ma sono felice di aver contribuito a mettere al sicuro il frutto della vostra vittoria...quanto ai Nordri che ancora lo minacciano, ti riferisco dell'emissario che è giunto qui con noi per trattare la pace, e che smania per avere udienza da te.
La pace, già...con i predoni Nordri e con le genti di Ghaan. Perché le forze demoniache che approfittano della confusione della guerra per prosperare a danno degli uomini tutti siano infine estirpate. Perché questa terra martoriata possa cominciare a guarire. Saranno necessari compromessi dolorosi, non illudiamoci, e bisognerà trovare il coraggio di guardare con giustizia nella causa nemica e riconoscerne, al di là dei crimini e dei sacrilegi indicibili per essa compiuti, le ragioni...di guardare con la stessa giustizia alla nostra causa e trovarci, oltre alla rettitudine e allo zelo nel perseguimento di una santa missione, il difetto. "Questa è una guerra di uomini, non di Dei" ripeteva Padre Valon Treize ad Uryen, "non dovete mai dimenticarlo!" e Yara, oggi tu sei l'unica che può porvi fine dando un senso al prezzo terribile che abbiamo dovuto pagare. E' agli uomini prima ancora che agli Dei che dobbiamo questa pace. E dunque è imperativo che tu ti desti, mia Signora. Mentre rimani nella morsa di questo maleficio tutto ciò per cui abbiamo combattuto sta per andare in frantumi.
Non c'ero, quando solcavi i cieli a dorso di drago come Ilmatar rediviva. Ma quando sei accorsa in armi per difendere Angvard dai mostruosi servitori di Kraalor, il corpo e lo spirito ancora segnati dall'oltraggio subìto da Ymir, allora io c'ero, e ti ho vista coi miei occhi riprendere il tuo posto nella lotta a dispetto del dubbio e della vergogna. Hai affrontato altre cadute e ti sei rialzata, più forte di prima. Ti rialzerai anche stavolta, e tornerai a volare, Difenditrice dell'Antico Scudo dell'Eroe: i tuoi Paladini sono pronti a farsi ali per te.