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Forum di Myst

 
« Si sta risvegliando il corpo, ma si è addormentato il cervello »
- Vodan Thorn -
 
Il fondo del barile
Sid Caesar
 
creato il: 07/04/2007   messaggi totali: 36   commenti totali: 30
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25 Aprile 517
Domenica 7 Giugno 2015

Un debito d'onore



Se avessi ancora labbra, Vodan, sorriderei per la tua ingenuità. Se avessi ancora occhi, mi godrei il curioso spettacolo che mi stai offrendo...quello di un uomo che lotta con accanimento contro la sua stessa ombra. Chi è mai costui che si getta nella polvere e, mani alla gola, tenta di strapparsi via il guinzaglio che gli strozza il respiro? Davvero non si accorge che anche l'altro capo è ben stretto nel suo pugno? Il mio allievo così testardo, così promettente... se avessi ancora braccia certo le solleverei, e a quello stolto mostrerei i miei palmi vuoti: egli mi accusa di averlo tratto in schiavitù, quando in verità è solo schiavo di se stesso. Noi tutti lo siamo... è la nostra vittoria suprema, la nostra definitiva sconfitta.

Non ho forgiato io il collare che ti opprime, né sono io a manovrare la catena da cui ti senti strattonato, che disapprovi o meno il tuo cammino. E come potrei, del resto? Non sono che l'ultima eco di un ululato un tempo spaventoso, che per un istante ancora si attarda nelle valli prima che il vento la disperda. Di quali portenti mi credi capace? Non sono che lo spettro di un sogno, un riflesso sempre più diafano e confuso destinato a svanire al primo capriccio della luna. La memoria delle mie imprese già sbiadisce assieme a quella dei miei delitti...persino il mio nome ora appartiene a qualcun'altro. Chiunque egli sia, confido che saprà accrescerne la gloria più di quanto abbia mai fatto io.

Tu però non mi dimenticherai, vero?

Ti ho trovato ad aspettarmi all'inizio del Sentiero del Primo. Non eri pronto allora ad imboccare questa via, così come non sei pronto adesso...eppure nella notte di Eostar hai saputo sbaragliare il suo Guardiano, eppure oggi conquisti il privilegio di poter dirigere altrove il tuo vagare. Fui tuo avversario in quella sfida, e forse tuo alleato in questa. Ma dal nostro ultimo incontro non ho mai infiacchito il tuo braccio, né l'ho reso più possente; non ho mostrato ai tuoi occhi nulla che essi stessi non vedessero; la lama del tuo Seaxe non ha mai danzato ad un canto che non fosse il tuo...talvolta hai esitato, la voce ti è mancata, ed è allora e solo allora che il ferro ha perso la sua grazia. Quand'anche fossi capace di una simile maledizione, non è dal mio rancore che devi guardarti, poichè non ne ho per altri che me stesso.

Quando i Clan si davano battaglia su questa terra era assai diffusa la convinzione che la virtù di un uomo coincidesse con la sua capacità di onorare i propri debiti, a qualsiasi prezzo. Chiunque per incapacità o malizia si trovasse a mancare a questo sacro obbligo cessava di essere un figlio, un fratello o un amico, e diventava un perfido straniero, indegno del suo nome e persino della vita. Le antiche tradizioni sono sopravvissute all'acciaio di Greyhaven, e tuttora le Lande di Ledhar restano patria di uomini d'onore...orfani della Legge degli Dei essi da secoli obbediscono alla propria. Credi che io sia in debito con te? Credi che l'aver preso le mie parti, l'aver impugnato il maglio che fu mio abbattendolo sullo scherno di Kraighar Taerbeck ti abbia vinto la mia riconoscenza?

Saresti uno sciocco se davvero lo credessi. Ciò che di me è stato detto è la verità, poichè in piena libertà mi sono posto al di sopra degli insegnamenti di Uthun dando prova della mia presunzione, della mia cecità, insultando il Maestro e i Sette, deformando secondo il mio capriccio persino i precetti dello Yog. Non è per questo, Vodan, che la lama di Kraighar Taerbeck ha mancato le tue carni: nel vendicare il mio nome hai inteso preservare il tuo, ed in questo hai già trovato la tua ricompensa.

Sospetti, lo so, che attraverso di te io abbia cercato un'ultima occasione di rivivere la gloria di un duello tra Guerrieri: ma non c'è più vita per me, o gioia, o gloria e neppure nelle tue imprese avrei di che trovarne...l'orgoglio per aver visto due fratelli onorare se stessi in battaglia, però, quello è riuscito a far tremare persino queste ossa annerite, te lo confesso.

Kraighar Taerbeck ti avrebbe imposto di brandire le mie armi contro il tuo volere, costringendoti a trascinare la mia carcassa sulle tue spalle per il resto dei tuoi giorni... la Nagath che già ingombra la tua schiena avrebbe finito per accogliermi sotto il suo manto nero, non ne dubito. Non se la prenda, non è perchè disdegnassi la sua compagnia che ho voluto altrimenti. In apparenza ti sei battuto bene. Agile e preciso nei tuoi assalti, hai approfittato della sorpresa del tuo avversario per metterlo alle strette, per imporre il tuo ritmo all'antica danza di morte in cui vi siete cimentati. Sei stato timido in difesa, però...non perchè temessi il Guerriero Bisonte o il suo Glaidheam, ti conosco troppo bene per sospettarti di vigliaccheria, ma perchè da un momento all'altro ti aspettavi che il mio mazzafrusto si ritorcesse contro di te come un serpente infido e traditore, pronto a cogliere il momento propizio per consegnarti alla sconfitta e magari alla morte.

La verità, Vodan, è che non avevi molte speranze...un mio malevolo intervento avrebbe solo affrettato l'inevitabile.
I colpi che hai sferrato, pur notevoli, non sono stati sufficienti ad arrestare la furia del Bisonte, e molto presto egli si sarebbe risolto a metter tutto se stesso nello scontro. La sua lama si sarebbe abbattuta su di te, ancora ed ancora, ed il campo sarebbe infine stato suo. Ciò non è stato, e per un istante hai compiuto un balzo oltre la materia di questo nostro mondo, come solo chi cammina lungo i Sentieri del Primo è in grado di fare. Un piccolo inganno, sufficiente a far credere al tuo avversario che indubbiamente avevi il diritto di far ciò che più desideravi delle armi di un Kraighar...perchè Kraighar tu stesso. Un inganno per cui nulla mi devi, un inganno per un inganno: si saprà ad Uthun che Tarkhun ha coronato la sua ambizione, egli è divenuto Maestro senza mai abbandonare l'antica Casa, unico tra i Sette a non aver mai, neppure per un momento, ripudiato il vessillo del Faul-Warg. E in fondo quanto c'è di vero in questo, e quanto è menzogna?

Questo è lo Yog dell'Abbandono: spezza le tue catene e coloro che le hanno forgiate. Se sei tu il fabbro delle tue catene, spezza te stesso.

La catena che minacciava di legarti per sempre a questo spettro è infranta. Sei libero di scegliere le tue battaglie così come le armi con cui combatterle, come è prerogativa di un Guerriero. Non avrei desiderato per te altro che questa libertà, che tu lo creda o no...ha poca importanza, ormai. Ciò che conta è che oggi hai contratto un debito, e fintanto che non l'avrai onorato non potrai dirti migliore di me.

No, stai pur sicuro che a me non devi niente. E' al fiero Protettore le cui zanne porti sul collo, alla Bestia che vigila su ogni tuo passo, e che ogni notte vaga inquieta attraverso i tuoi incubi, che devi la tua libertà. Egli è per te muto, ma il suo ruggito di rabbia e disperazione è assordante, e giunge fino a me, attraverso i mondi devastati che un tempo calcò il tallone di suo Padre...nostro Padre, Vodan.

Egli già da tempo vegliava su di te, schiavo di una vile stregoneria. Persino durante il nostro primo duello. Ricordi quanto è stato semplice prevedere ogni mia mossa, non ti sei stupito di quanto efficace ogni tuo contrattacco, quasi che i tuoi sensi scorgessero ogni mio movimento prima ancora che io decidessi di compierlo? E' rimasto però un servitore scostante, costretto ad accompagnarti solo in virtù del maleficio che profana le sue ossa.

Persino nella morte ho potuto udire le sue implorazioni, ed ho placato la sua ira, risvegliando in Lui il ricordo della grandezza del Primo. Gli ho mostrato i segreti che i suoi fratelli hanno dimenticato e che noi ancora custodiamo, affinchè li mettesse al tuo servizio fino al momento in cui tu saresti stato pronto a rendergli la libertà. Se sei riemerso dal Cairn di Lamaynn, se le imboscate dei Gaunt non ti hanno colto impreparato, se oggi sei sfuggito al ferro di Taerback, è soltanto lui che devi ringraziare. Forte di una forza non tua, estorta mediante le arti più nere...seppure inconsapevole porti su di te lo stesso marchio di infamia che per sempre mi condanna, diversamente da me però tu sei ancora in tempo per cancellare questa vergogna. Non desidero compagnia nella mia dannazione.

Spezza la sua catena, figlio ripudiato di Elsenore, così come egli ha spezzato la tua. Lascia che il suo spirito ora asservito al capriccio dell'uomo torni presso le antiche foreste, fa' che esso dia nuovo vigore alla sua stirpe, e che ispiri la caccia sanguinaria dei suoi fratelli nelle gelide notti di Northsyd. Sia implacabile la sua vendetta su chi lo fece schiavo! Presto giungerà la Luna di Beltane, propizia alle imprese del Primo, e la Bestia ti apparirà per condurti da me, per l'ultima volta, così che io ti mostri cosa deve esser fatto. Riconosci come tuo questo debito, onoralo, ed avrai la libertà che tanto agogni.






scritto da Tarkhun , 23:28 | permalink | markup wiki | commenti (1)
 
10 Aprile 517
Domenica 26 Aprile 2015

Un ultimo sogno



Mi resta da condividere con te un ultimo sogno, Protetta di Kayah. Molte volte ci siamo incontrate in spirito in questi giorni, anche se tu non ne conservi memoria. Spesso sono rimasta nell'ombra a guardarti danzare, sospesa tra gli spettri del passato e quelli del futuro, prigioniera delle tue gioie e delle tue paure; talvolta, lo confesso, ho finito per scivolarvi io stessa. So che quest'idea ti ripugna, ma ogni volta hai scelto tu quale maschera attribuirmi... a me non è restato che indossarla. Ti ho sussurrato con la voce dolce e paziente della vecchia Fraziska, ed ho schiuso la tua mente di bambina ai segreti del Sangue; come Conrad ho approfittato di te e della tua ingenuità, e le mie sciocche risate hanno reso ancor più dolorosa la tua umiliazione; mio è stato il volto di tuo padre, livido di disprezzo e frustrazione, e mia è stata la sua mano mentre ti spingeva nel letto di Alyster Forge...mio, infine, il fiato del tuo ospite sul tuo collo, ancora fetido del vino della tua casa.

Mi hai mostrato gli orrori delle tue peregrinazioni in questa terra antica e maledetta su cui è tornato a strisciare Kuru R'khai... sono stata i tuoi compagni, i tuoi nemici, le cose senza nome che in fondo ai tuoi incubi si contorcono senza sosta, cieche e affamate. Quante volte hai versato il fuoco liquido del tuo nuovo Mentor sulle mie ferite sanguinanti, senza mai renderti conto che mentre mormoravi alla tua Protettrice una preghiera disperata, avevi gli occhi fissi nei miei?

Un ultimo sogno, Kailah, e poi ti lascerò libera...così come mi sono fatta strada nei tuoi ricordi tormentati, ecco, lascio che tu ti avventuri nei miei. E' un palcoscenico che riconosci immediatamente, vero? Il grande tendone azzurro, punteggiato di stelle d'argento, i carri sgangherati e variopinti, l'incedere scomposto dei saltimbanchi sui lunghi trampoli, la grazia furbesca degli acrobati...ma soprattutto le grida gioiose e ammirate dei bambini, estasiati dalle meraviglie del Circo delle Galassie. Hai difficoltà a riconoscere tra loro i volti della tua infanzia, ma non te ne curare, quando il Circo delle Galassie si fermò ad Ammerung molti di loro, come te, dovevano ancora nascere. Lascia che ti mostri la bimba sola e sperduta che si aggira in silenzio tra gli echi festanti di un passato che non ti appartiene ancora. Nessuno sembra curarsi di lei, nessuno può sapere che gli uomini di suo padre le stanno dando la caccia, e che presto la riporteranno in un luogo di tenebra e di dolore.

E dire che era arrivata qui piena di speranze dopo aver conquistato la libertà con tanta fatica, dando fondo a tutta l'astuzia di cui la sua mente ancora acerba potesse essere capace...ma guardala bene, guarda lo scoramento nei suoi occhi, quando si rende conto che non è la magia ad animare il Circo delle Galassie, che tutto è solo un gioco di specchi, fumo, corde e pulegge. Camminale accanto negli angusti passaggi, e spiate insieme gli inganni con cui la gente del Circo ammalia i bambini, i trucchi colorati dei pagliacci, la pece del Mangiafuoco, le daghe di stagno dell'Amazzone di Abbul. La bimba singhiozza sconsolata: era venuta qui per rubare un pizzico dell'Incanto del Circo, chi mai se ne sarebbe accorto in un posto così splendido e fatato? Avrebbe preso solo quel tanto che poteva bastare a darle ciò che suo padre pretendeva per lei, e allora lui non l'avrebbe più costretta a buttar giù l'intruglio nauseante che la faceva diventare così stupida, per poi lasciarla sola con l'Uomo con Due Facce e con i suoi aghi spaventosi. O chissà...magari il Re del Circo avrebbe acconsentito a prenderla con sé, e tutti insieme sarebbero volati via nel cielo stellato per andare nascondersi dietro alla Luna, e a quel punto né il padre né l'Uomo con Due Facce sarebbero mai riusciti a trovarla.

Quanto è più piccola la tua delusione rispetto alla sua...forse vorresti consolarla, ma non ne hai il tempo. Ecco che mani rudi e forti si fanno largo nella penombra del tendone, e l'afferrano. Lei non prova a gridare, e neppure appare sorpresa. Vi guardate un istante negli occhi...dimmi cosa vedi, vuoi? Una Maschera bianca che piange lacrime di sangue vermiglio, e lame affilate, liquami ribollenti, e un fuoco ghiacciato che brucia implacabile...

...e poi solo carne, carne straziata che si fa via via più nera, dura e morta come una spina di pietra che cresce rabbiosa verso il cielo.

scritto da Nimrod , 17:12 | permalink | markup wiki | commenti (1)
 
21 Marzo 517
Mercoledì 11 Febbraio 2015

Lo Yog dell'Abbandono



Pochi istanti ancora e sarò chiamato a percorrere il Sentiero del Primo per l'ultima volta: esso inevitabilmente mi condurrà tra le lame snudate degli uomini di Feidelm. Ho riportato molte ferite eppure non sento alcuna sofferenza, solo un freddo torpore che pare giungermi fin nelle ossa, e che rende i miei movimenti goffi e stentati. Non ho scampo. Lacrime ghiacciate di vergogna mi solcano il viso, ben celate dietro l'eterno ghigno di Kraighar Tarkhun. Non sembrano offuscare affatto la mia visione, che non è mai stata così chiara. Guardo la vita fluire via dal corpo spezzato di questo figlio di Muddan, l'ultima spoglia di guerra che mi spetta, un vapore pallido che via via si disperde nel vento di questa landa senza nome. Presto condividerò il suo destino.

Più in alto, oltre il crinale, posso scorgere macchie di luce filiformi che volteggiano tra le nubi tempestose, lente e aggraziate. Predatori antichi che certo hanno fiutato il sangue di questa battaglia, e contano presto di banchettare sulle nostre carcasse. Ahimè, rimarranno delusi. Preferirei restare qui e offrire il petto ai loro becchi affilati, pur di non dover lasciare ad uomini indegni le insegne e le armi del Kraighar, a suggello della mia ignominia; a nessun uomo però fu dato di attardarsi sul suolo calcato dal Primo, che sia egli vivo o morto.

"A nessun uomo...ma non ti abbiamo forse reso molto più che un uomo?"

Non è che un sussurro eppure mi assorda, lacerante come il lamento del ferro stritolato dalla morsa di un gigante. Provo a voltarmi, ma mi rendo subito conto che le mie membra sono pressoché paralizzate dal gelo. Insisto, sacrificando a questo sforzo le poche energie che mi restano. Sento i tendini tirare fino a strapparsi, i muscoli delle gambe scoppiare, e non mi sono spostato che di pochi centimetri...quanto basta per scorgere il candore impassibile della Maschera balenare nella catasta di teschi anneriti alla mia destra.

"N-non è questo luogo per te, Vipera!" riesco a malapena a bisbigliare.

"Sei tu ad avermi portato qui, Figlio della Guerra. Saremmo stati carne della stessa carne, te ne feci forse mistero? I tuoi occhi sono i miei occhi, e grazie ad essi hai potuto gettare il tuo sguardo oltre il confine tra la vita e la morte, per mezzo di essi ti sei potuto addentrare nella tenebra più fosca senza che il tuo passo avesse mai a diventare incerto. Ciò che desideravi, io te l'ho concesso; ciò che mi hai chiesto, io te l'ho donato; ciò che io ho promesso, tu l'hai ricevuto. Merito qualcosa di più del tuo disprezzo."

"Dovrei esserti grato per la mia rovina, dunque? Ho piantato i tuoi semi così come tu hai voluto, ed ho guidato le schiere che da essi sono sbocciate come mi hai comandato, ed il loro dominio ormai si estende sulle selve di Varind, esattamente come mi hai chiesto. Io non ti devo niente, donna, niente più di quanto tu debba a me...ma tu sola raccoglierai i neri frutti del nostro patto."

"Tarkhun...poiché è così che ti ostini a voler esser chiamato? Ho fatto quanto in mio potere per assisterti, e puoi star certo che mai avrei voluto vederti sconfitto. L'uomo di Kayah ci ha colti entrambi alla sprovvista, ed ha reso arduo ciò che sarebbe dovuto essere semplice. Dei tanti con cui mi sono trovata a stringere accordi, tu sei l'unico che non mi abbia mai deluso. Sei stato il mio araldo infaticabile, il mio campione più leale...ho condiviso la fatica delle tue peregrinazioni, ho combattuto al tuo fianco in ogni momento, ho visto ogni cosa su cui il tuo sguardo si è posato.
Sappi che persino ora che sei giunto oltre i confini del mondo io soffro con te, e il ghiaccio che ti sta divorando non risparmia neppure le mie carni. Ed è una pena che sopporto di buon grado, perché persino nella sconfitta trovo in te la grandezza che speravo, persino nella morte posso ammirare in te il mio capolavoro..."


"Di...di cosa stai blaterando?"

"Hai accolto Kuru R'khai, ed ho fatto sì che esso trovasse in te un terreno straordinariamente fertile. Il seme ha germinato ed il tuo corpo ormai gli appartiente...in effetti, mio prode amico, sei morto senza neppure rendertene conto."

"Non...non è possibile. Le tue sono solo menzogne! Perdi il tuo tempo, strega! Il Maestro ha messo in guardia dai tuoi inganni...perché vuoi continuare a farti beffe di me? Lascia che io muoia come ho vissuto, tra le spade dei miei nemici!"

"So cosa ti ha detto di me l'uomo che tu chiami Maestro, così come so bene che se egli non avesse acconsentito non ti saresti mai messo al mio servizio. Conosco bene il disprezzo con cui ha ripagato la tua irriducibile fedeltà, le umiliazioni a cui ti ha sottoposto fin dal primo momento in cui ti prese presso di sé ad Uthun. Ha fatto di te un cagnolino obbediente solo per poterti prendere a calci, accusandoti di non essere il lupo indomabile che egli desiderava. Ti ha tolto il nome, salvo poi rinfacciarti l'amore disperato per quello che LUI ti ha dato; ti ha strappato alla tua stirpe, eppure si sdegna per la fierezza con cui onori la Casa di Uthun; ha cancellato il tuo volto, e non riesce a darsi pace per l'abnegazione con cui indossi la SUA maschera. Dov'è adesso, il tuo Maestro? Egli non si cura più di te, occupato com'è a scegliere a chi affidare l'eredità di Kraighar Tarkhun, affinché la risollevi dalla disgrazia in cui tu l'hai precipitata. E dove sono i tuoi fratelli? Giocano alla guerra circondati dai loro sgherri, proprio come i vigliacchi di Greyhaven! Combattono la noia dando la caccia ai topi di Feidelm, accontentandosi di facili trionfi, e intanto aspettano pazienti, bramosi di ricevere senza sforzo ciò per cui tu hai lottato e sofferto per una vita intera! Sei stato ingannato, Tarkhun...ma non da me. Io ti ho dato i miei occhi perché tu potessi finalmente vedere, ed ora ti offro ciò che più di ogni altra cosa avrei desiderato per me stessa! E' così che Nimrod di Wallheim ripaga la tua fedeltà!"

Cerco dentro di me la forza per ribattere alle lusinghe della Vipera, ma nel mio petto trovo solo la gelida oscurità della Morte. Ripenso all'effige sulla schiena dell'Uomo di Elsenore, al presagio che essa portava, all'amaro destino cui mi ha condotto quell'allievo così formidabile. "E' abbastanza veloce per te?" L'esultazione nel tuo grido di battaglia, la mia sorpresa e poi il dolore lancinante alla spalla, lo scudo ormai un fardello inutile... in quel glorioso istante ho gioito con te, Vodan, se è così che ti chiami, per l'impresa che hai trovato in te stesso di compiere. So che negli anni a venire, se mai diverrai vecchio, il semplice ricordo della nostra notte di Eostar restituirà vigore alle tue membra anche nelle ore più disperate; giunto di fronte all'inevitabile sconfitta che attende ogni uomo sarai chiamato a guardare in te stesso, e ritroverai quel momento fatale in cui sei riuscito a fare di te stesso un Dio, e saprai morire a testa alta. Questo è il dono che ti ho fatto: mi è costato la vita, fanne tesoro.

Ecco che la Maschera si solleva dai sinistri spalti, e dietro di essa si dispiega una nera spira, irta di orride squame. Si innalza nel cielo fino a ridursi ad un piccolo punto lontano, sulla sommità della Torre blasfema che molte volte ha visitato le mie notti. La voce di Nathair è ora un ruggito spaventoso, simile a quello dei Draghi che un tempo oscuravano il cielo.

"Mia adorata creatura, è tempo per te di riposare. Kuru R'khai ora custodisce il tuo Sarx, e la sua mente ha già iniziato a divorare la tua...e tuttavia non dovrai disperare. Non è per tradirti che ho reso le tue carni arrendevoli: Kuru R'Khai saprà plasmarle con una maestria che neppure io saprei eguagliare, e donerà loro una forza e una tenacia tali da far impallidire il ricordo di Kurgoth il Selvaggio. Del resto non esiste difesa capace di resistere al Morbo, e neppure la più pura discendenza degli Eroi potrebbe mai sfuggire alla sua morsa... è un'altra la battaglia che siamo chiamati a combattere. Potrà il tuo spirito, che hai saputo forgiare in una corazza impenetrabile, sopravvivere alla prigione dove intendo custodirlo? Potranno le astuzie della mia Arte sciogliere l'enigma dell'Opus dell'Antico? Se avremo successo potremo finalmente spezzare le catene che Shub-Niggurath Khan'Asthain pose sulla nostra genia di schiavi prima dell'avvento del Sole, ed urlare al Cielo l'immensità del nostro orgoglio! Non è forse quello per cui hai sempre combattuto? Non è forse l'indicibile ambizione che il tuo Maestro non osò mai perdonarti?"

Il buio più assoluto, un silenzio così profondo da ingoiare persino i miei pensieri. La notte eterna in cui sono sprofondato è più terribile di qualsiasi paesaggio d'orrore mi abbiano mai dischiuso i Sentieri del Primo. Fu in un simile smisurato abisso che Egli fu confinato dal Padre? E' da questo Nulla che Egli infine emerse, iniziando il suo eterno vagabondare tra le stelle? E' dal ricordo di questo abominio che Egli sempre cercò di sfuggire, lanciandosi oltre i confini della Creazione? La Vipera si sbaglia: se c'è una cosa che il Maestro non si sarebbe mai sentito di dovermi perdonare, questa è proprio l'ambizione. La sua voce pronuncia le parole dello Yog, ma invariabilmente ne fraintende il senso. Spezza le tue catene e coloro che le hanno forgiate. Se sei tu il fabbro delle tue catene, spezza te stesso. Questo pretendeva il Maestro da me, e di questo non sono mai stato capace. Il cammino del Kraighar è destinato a concludersi, e solo il Guerriero che trova il coraggio di lasciarselo alle spalle è finalmente pronto a conquistare il suo Yog. Altri prenderanno il suo nome e le sue armi, altri solleveranno al cielo le Braccia di Ahriman, e onoreranno la Casa di Uthun. L'Allievo che si illude di poter diventare Maestro rimanendo presso la sua Casa disonora se stesso e gli insegnamenti che ha ricevuto. Tutto ciò la Vipera non può comprenderlo. Guardati da chi elogia la fedeltà, poichè egli non cerca che schiavi. Per un attimo posso sentire la tua voce persino in questo immenso deserto, Maestro mio, ma m'inganno. Poi...poi ne sento un'altra.

"Tu nella mia posizione cosa avresti fatto?"

Ricordo quando me lo hai domandato, sprezzante. La verità è che avrei fatto esattamente ciò che hai fatto tu, perché due Guerrieri che si affrontano a viso aperto sono come fratelli, e come fratelli si battono, lama contro lama, pugno contro pugno. E allora ti chiedo...tu nella mia posizione, cosa faresti?

Me lo dici, e capisco cosa devo fare. Una luce squarcia la tenebra, un latrato sinistro si fa via via più vicino.

Sono...sono io che emetto questo osceno richiamo? Il mio corpo barcolla in avanti, ma non è più davvero mio. Non sento più freddo, non sento dolore...non sento assolutamente niente, eppure i miei sensi sono all'erta, e posso vedere ciò che mi si para dinnanzi nei colori innaturali che gli occhi di Nathair mi hanno abituato a riconoscere. Era a questo che volevi prepararmi, Vipera?. I resti del figlio di Muddan sono proprio là davanti, ad un passo da me. Non deve essere trascorso che un attimo da quando il mio maglio l'ha abbattuto. Un rivolo di saliva mi scorre lungo il mento. Ecco, così...bravo, avvicinati a questo pasto succulento...

Un passo stentato, poi un rapido balzo e "lui" è sopra alla mia ultima vittima, e ci si avventa contro con slancio famelico...agita senza posa il braccio assicurato allo scudo, protende l'altro in avanti, lasciando cadere il maglio che ancora stringeva in pugno, che finisce sul petto fracassato del cadavere. Non è un'arma per te, lascia che siano altri più degni a reclamarla. "Lui" cerca di mordere la gola del morto, ma le fauci scattano invano, l'elmo di Kraighar Tarkhun gli nega il suo boccone. Grida di frustrazione...devo tentare, ora.

Spezza le tue catene e coloro che le hanno forgiate, ripeto febbrilmente nell'ultimo angolo di coscienza che mi resta. Spezza le tue catene e coloro che le hanno forgiate. Spezza...

E le catene, per un attimo, si spezzano.

Afferro il coltello da caccia che l'uomo di Muddan portava alla cintura. La presa è forte ma imprecisa, quasi mi sfugge di mano...non ho neppure il tempo di ricordare che mi manca la benché minima sensibilità, che il mio braccio ha davvero smesso di essere il mio, per sempre. Devo concentrarmi, non avrò altre occasioni. Lotto con ogni fibra della mia volontà per avvicinare la lama al volto. Il Seaxe sarebbe stato più adatto a questo scopo, penso distrattamente, ma si tratta pur sempre dell'arma del mio ultimo avversario...un'arma che devo sforzarmi ad ogni costo di onorare.

Ci siamo...devo allineare la punta del coltello all'unico punto che può consentirmi di abbattere la bestia, devo far sì che attraversi l'interstizio del visore...sì...così...e adesso, devo spingere...spingere...spingere...(se il tuo occhio)...spingere...spingere...(ti rende cieco)...spingere...spingere...(strappatelo!)...SPINGERE!
scritto da Tarkhun , 01:08 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
21 Marzo 517
Mercoledì 21 Gennaio 2015

Il vero volto



Questa notte ho nuovamente sognato la Torre. Simile alla zanna spezzata di una bestia ciclopica, si staglia con orgoglio e tenacia al centro di una desolazione perennemente flagellata da vènti furiosi. Mi sfida, come sempre, e come sempre mi avventuro tra le rocce martoriate alla ricerca di un sentiero che possa condurmi ai suoi cancelli. Mi è parso di udire la voce del Maestro, così flebile e lontana, sovrastata dal ruggito della tempesta senza fine. Quali che fossero i suoi ammonimenti, non li ho compresi.

Ogni volta che il coraggio minaccia di venirmi meno di fronte all'impossibile prova a cui sono stato condannato, ecco che la Torre torna a visitare il mio sonno. Il Cielo stesso pare darle l'assalto con una forza tale che tutto d'intorno è ridotto in briciole, eppure essa persiste, sfigurata ma irriducibile. E' una visione in cui trovo conforto...è un inganno che detesto con tutto me stesso. "Accetta i doni di Nathair, poichè in essa risiede una grande sapienza, ma ricorda che nulla riceverai da lei che non sarà intriso del suo veleno. Hai fatto di te stesso un cieco, figlio mio, e la Vipera ti darà nuovi occhi...eppure dovrai diffidare di ciò che essi ti mostreranno. Dimostrami che con le sue menzogne puoi riportare alla luce ciò che la mia verità ti ha reso oscuro. Dimostrami che c'è di più in te che il vile servo che oggi disonora la mia casa. Dimostrami che la tua insopportabile umiltà cela davvero la più inconcepibile delle ambizioni. Dimostralo, ed avrai ciò che mi hai chiesto."

Conosco la direzione che mi indica la Torre. So cosa la sua Signora vorrebbe da me. E' impaziente,la sento contorcersi senza sosta nelle mie viscere, frustrata dalla disfatta di Lamaynn...e stanotte entrambi desideriamo la stessa cosa.

Gli uomini di Feidelm non arriveranno a vedere il compiersi di Eostar: si ingannano se pensano che la sete di sangue del Re dell'Inverno si sia già placata. Non sopravviverò ad un ulteriore fallimento, e questa consapevolezza mi restituisce fino all'ultima stilla di forza che il Servo degli Dei prima e il Campione della Morte poi erano riusciti a portarmi via. E' tempo che mostri loro il vero volto di questa guerra.
scritto da Tarkhun , 00:04 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
18 Marzo 517
Domenica 4 Gennaio 2015

Lo Yog dello Specchio



Il mugghiare del corno raggiunge il Cairn, destando i suoi campioni. Posso quasi vederli mentre si agitano nelle cripte, l'eccitazione del combattimento che si impadronisce di quelle carcasse intorpidite e ne fa ombre rapide e letali. Pochi secondi, ed ecco che già sciamano dal tumulo come vespe agguerrite, pronte a divorare chi ha osato turbare la quiete del loro alveare. Quale che sia il mio destino, gli undici che Feidelm ha messo alle mie calcagna non hanno speranza di conquistare Lamaynn.

Gli intrusi hanno avuto facilmente ragione dei pochi raminghi attirati dal loro rumoroso avvicinamento. Lascio che svuotino le loro faretre sui Morti intrappolati nell'ultima fossa, e mi mostro. Colui che a Muddan mi ha sfidato per primo è impaziente di onorare il nostro patto. Mi basta uno sguardo al volto stanco e al contempo risoluto per capire che la sua mente è stata impegnata a combattere questo duello centinaia di volte nelle lunghe ore che sono trascorse dal nostro ultimo saluto...e che almeno una volta è emerso vincitore. Mostrami cosa hai appreso, figlio di Greyhaven.

Detti le tue condizioni: sarà un duello cruento, in cui il ferro sarà libero di baciare le carni dei contendenti. Ti chiedo se sei davvero sicuro di volere questo, ma entrambi sappiamo bene che si tratta di una decisione meditata: un singolo affondo portato con sicurezza, una ferita mortale che possa conquistarti la vittoria...in caso contrario, morte certa. E' così che nelle tue riflessioni mi hai sconfitto, quell'unica volta.

Detto le mie condizioni: nessuno dovrà intromettersi, se perdi dovrai cedere il campo, sempre che tu sopravviva, e con te i tuoi alleati. Mi assicuro che il prete comprenda e accetti i nostri termini; in caso contrario questo duello diventerà una battaglia, e non ho timore di combatterla.

Mentre ci svestiamo parli dei figli di Baalar, di come questa ordalia ti compenserà di un'altra che avresti desiderato affrontare, ma che ti fu preclusa. Mostri con fierezza le cicatrici delle prove a cui sei sopravvissuto, confidi che il simbolo di morte che adorna la tua schiena sia sufficiente a renderti temibile? Fingi di non vedere i segni delle "mie" prove, distogli lo sguardo dagli occhi con cui mi sono dato di vedere.

I miei avi hanno onorato Baalar Virughdark e la sua discendenza, seme e sangue del Primo. Sei dunque un conquistatore conquistato, figlio di Greyhaven? Elsenore ti ha ripudiato e cerchi in Amedran un'amante che le rassomigli? O è piuttosto il Sangue del Faul-Warg che nelle tue vene urla e brama, e oggi ti ha portato qui, per ricevere da me ciò che i Faolchliàth ti hanno negato? Sei dunque un Lupo in cerca di altri Lupi?

Ostenti un'effige di Morte per indurmi ad esitare... probabilmente non sai che neppure Shub-Niggurath potè fermare il Primo. Al collo porti indegnamente un amuleto di denti di Faul-Warg, ignorando che in queste lande nessun Guerriero oserebbe mai fregiarsi dei resti di un fratello. "Non brami il Lupo la carne del Lupo, questa è la legge del Khan", ed è una legge che persino i figli di Baalar hanno imparato a temere, nei secoli che furono. Dovrei ridere di te e delle tue superstizioni, ma nel profondo so che quello spettro che ti ha seguito per miglia e miglia oltre i mari tempestosi, eternamente avvinghiato alle tue spalle, non è venuto al mio cospetto per un capriccio del Fato. Esso è ai miei nuovi occhi il baratro stesso in cui ho scelto di addentrarmi, la nera catena che stringe il mio collo. Sistemi le zanne di lupo e per un istante esse fanno da corona alla Morte, e avvampano sinistramente di luce funerea; la voce del Maestro rinnova il suo monito, la sua sfida, la sua accusa: "Di chi ti farai schiavo?"

Ma tu, figlio di Greyhaven, nulla sai di questo, nè ti interessa. A te la prima mossa.

Decidi di lasciare nel fodero la tua seconda lama, scegliendo di impugnare la spada con entrambe le mani per sfruttare tutta la tua forza, tutto il tuo slancio in un unico assalto mortale. E' così che hai vinto, vero? Sei persino più veloce e preciso di come ricordavo, e non c'è modo per me di opporre lo scudo in tempo. Lo hai capito, eppure non vedo esultazione nei tuoi occhi, nè sgomento un attimo più tardi, quando il ferro fende l'aria sibilando di frustrazione. Mi conosci intimamente, ormai, e questo fallimento per te non è una sorpresa.

Tocca a me adesso. Scaravento il maglio verso di te, ma il mio sguardo resta incollato al tuo talismano. Due occhi ferini sembrano apparire dal nulla per sovrapporsi ai tuoi, sono gli occhi di un predatore antico e implacabile. Conosci la natura dell'oggetto che indossi, figlio di Greyhaven? Approfitti con facilità di un colpo impacciato, prevedibile, indegno di un Kraighar, e abbatti con grande rapidità la tua lama sulla catena prima che io possa ritrarla, tranciandola.

Sorrido. Grazie per la sfida che mi stai regalando. "Notevole", ti dico.

Mi concedi di sguainare il Seaxe, e ne approfitti per impugnare anche la tua spada corta, confidando di usarla per proteggerti dai miei attacchi. Ci scambiamo qualche colpo poco convinto, che entrambi evitiamo con facilità. Poi mi sorprendi ancora, approfittando della superiore resistenza della tua spada per deflettere aggressivamente il mio fendente ed al tempo stesso danneggiare entrambe le lame: la mia va in frantumi, la tua è buona per un altro colpo ancora. Gli occhi della Bestia si fissano nei miei. "Davvero notevole" sussurro, pregustando ciò che seguirà.

Ed è qui che mi dai la peggiore delle delusioni, tu che dei miei avversari ti sei rivelato il più promettente. Ora che finalmente hai una speranza, esiti. "Cosa stai aspettando?" ti chiedo "La tua lama conosce bene il proposito per cui è stata forgiata. Perchè tu ti ostini ad ignorare il tuo?" Mi chiedi cosa avrei fatto io in una simile situazione, e ti rispondo. Non mi dai il tempo di concludere, di dirti che un Kraighar di Uthun non è mai disarmato. Lasci cadere le armi e ti prepari ad affrontarmi in uno scontro a mani nude.

Scuoto il capo. Per cosa combatti veramente, figlio di Greyhaven? A chi stai dimostrando il tuo valore? A chi renderai conto del tuo onore? A me? Ai tuoi compagni? Alla Morte velata che segue ogni tuo passo, o alla forza selvaggia che ti mette in guardia dai miei attacchi? Agli Dei, se Dei ci sono nel tuo cielo? Hai rinunciato alla tua corazza per spogliarmi della mia, e sei stato astuto: ora che io sembro senz'armi ti privi delle tue, e dai prova della tua stupidità. Peggio, disonori te stesso, e disonori me con la tua presuntuosa misericordia. Oggi hai combattuto come mai in vita tua, perchè sapevi che solo così saresti riuscito a sopravvivere. Questa è l'essenza di Yog. Oggi ti ho fatto Maestro di te stesso, ed è questa la tua riconoscenza? Mutare la nostra sfida in un...in un gioco?

Ti mostrerò quanto terribile è stato il tuo errore. Spezzerò ogni osso del tuo corpo, ti strapperò via le viscere e le darò in pasto ai Morti, farò in modo che i tuoi compagni non trovino alcuna consolazione nel riavere ciò che sarà rimasto di te. A me la prima mossa.

Sei lento senza una spada in mano. Troppo lento. Diversamente da me, non hai mai dovuto contare solo sui tuoi pugni per sconfiggere la morte. Eccoti un primo assaggio...dannazione.

Un gioco. Non è niente più di questo per me, ora, un futile, crudele, noioso gioco. Ripenso al Maestro, a come, riuniti i Sette, egli racconta spesso della leggendaria contesa tra il Primo ed il suo genitore. "...incapace di assestare anche un solo colpo al suo avversario, perduta ogni arma, infranta ogni difesa, l'Antico Signore perse infine il desiderio di combattere, e la sua rabbia risuonò così possente da far breccia nelle mura della Corte Primigenia..."

Tu che porti il marchio di Shub-Niggurath, in verità sei come il Primo, e mi rendi impossibile trionfare; io che brandisco le insegne di Kraighar Tarkhun e vivo inseguendo il mio Yog, in verità sono come l'Antico Signore... ho visto spezzarsi le mie armi, e spogliato di scudo e corazza stringo nel pugno le ceneri di una lotta che non ha più alcun significato. Questo è lo Yog dello Specchio: ogni volta che affronti un nemico, è con te stesso che ti stai misurando.
Devo renderti grazie, figlio di Greyhaven, per avermi riportato alla mente tale insegnamento.

Fermo il colpo, ti sfioro appena. Il campo è tuo...fintanto che i Gaunt non verranno a reclamarlo.

Non ci saranno altri duelli, mi dici. Annuisco. Niente più sfide, niente più condizioni. Quando ci incontreremo di nuovo tra noi sarà battaglia. So che non avrai timore di combatterla.
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16 Marzo 517
Lunedì 15 Dicembre 2014

La prova



Molti belano come pecore. Triste. Ma alcuni ringhiano, e lui è tra questi. Il primo a sfidarmi scocca le sue frecce, è veloce, preciso. Mi distrae...un "Gaunt" ne approfitta. Ci vuole più del solito ad averne ragione, ed altri due si stanno facendo vicini. Troppo.

Mi sono abituato ai nuovi colori del mondo, e da tempo le ombre della notte hanno smesso di confondermi ("se i tuoi occhi ti rendono cieco, strappali via"). Vedo l'anima abbandonare, respiro dopo respiro, il petto dei vivi. La paura, l'incertezza, l'odio dei miei avversari li fanno avvampare come fiaccole nella tenebra. Probabilmente è così che loro ci vedono. I Morti invece sono come pozzi neri in cui persino la luce della luna non osa riflettersi, ma la loro implacabile brama li tradisce: la sento come se fosse la mia, e non possono cogliermi di sorpresa. Scaravento il Gaunt dalla rupe, gli altri si tengono alla larga, aspettando un'occasione più favorevole.

Sono creature pazienti, al contrario di me. La verità è che non sono pronto, non ancora. Troppo goffo, troppo lento per domare i Morti, e Feidelm ha mandato buoni soldati. E' stato un errore cedere alla fretta, quanto lavoro verrà sprecato stanotte. Tanto vale mettere i Greyhavenesi alla prova.

E così faccio. Mostro a chi mi ha sfidato per primo quanto ancora gli resta da imparare, ma non sono qui per lui. Lascio che arretri oltre le macerie della sua postazione. Le frecce mi cadono intorno, è il momento di far visita alla torre. La mia furia è un vento impetuoso, e prima che gli arceri possano incoccare nuovamente eccomi ad un passo da loro, il maglio che freme impaziente nel mio pugno. Vi credete al sicuro, uomini di Greyhaven? Nessuno lo è, neppure io. Mai.

Ecco un altro che trova il cuore per opporsi a Tarkhun, portatore di sterminio. Per cosa vuoi morire, soldato? Per la bandiera del tuo dominus, o per quella del Margravio? Per tua moglie, per i tuoi figli, per l'angolo di foresta che tu chiami casa? Sciocco. Amedran non si è mai curata del nome degli uomini, non ha mai avuto misericordia dei lori affetti. Vuoi forse dimostrarmi il tuo coraggio? Preferisci essere schiacciato da un nemico che non hai speranza di sconfiggere pur di non cedere il passo? O credi davvero di poter tenere testa ad un Kraighar di Uthun? Quali che siano le tue ragioni, sarai esaudito. Misuro il valore di quest'uomo, lo trovo carente. Gli concedo una morte da guerriero, ed ecco, lui la riceve con fierezza: possa il suo spirito vagare a lungo per i sentieri desolati, e far strage di chi gli si parerà innanzi!

Più in basso, al cancello, una giovane donna cerca disperatamente di porre riparo alla mia breccia. Percepisco il suo terrore, eppure persiste, e i Morti si attardano ancora lungo il sentiero. Dovrei fermarla. Le balzo davanti e la osservo da vicino. Chi mai potrebbe gloriarsi di aver abbattuto una così misera preda? Lascio che si specchi in quelli che un tempo sono stati i miei occhi, di modo che capisca che la sua unica speranza è fuggire lontano, senza mai voltarsi indietro...in questa guerra non c'è posto per lei.

Alle sue spalle un uomo sta intonando una supplica ai suoi Dei, ed altri lo seguono. Perchè si ostinano? Perchè non si arrendono all'inevitabilità della loro sconfitta? Sollevo lo sguardo, ed è come se il peso di ogni incertezza, di ogni fallimento, di ogni sofferenza patita in questi anni di addestramento mi piombasse sulle spalle. Non sarete mai ciò che io sono diventato, vermi! Se solo aveste affrontato un decimo delle privazioni a cui mi sono sottoposto, se solo aveste conosciuto una frazione delle difficoltà che io ho superato, se solo...

Il prete è magro, il volto scavato brilla ai miei occhi come un fuoco fatuo. Un debole. Eppure...è come se in questo momento sostenesse lo stesso insopportabile fardello che grava su di me, e la sua schiena rimane dritta laddove la mia sembra sul punto di schiantarsi. Canta con voce dolce e potente al tempo stesso, una voce antica che credevo di aver dimenticato, e mi dice che è giunto il momento di fermarsi a riposare, che non c'è sofferenza che la quiete di Kayah non possa lenire, che finalmente la mia lotta può concludersi.

"MAI!"

Il ruggito del Maestro mi investe come un oceano in tempesta, e spazza via le lusinghe di questo servo degli Dei; lo Yog dell'Abbandono rende il mio cuore impenetrabile alle seduzioni della Madre dei Deboli, nella saggezza degli antichi insegnamenti ritrovo la mia forza.

"Spezza le tue catene e fatti libero, ma ricorda: l'uomo spezza le proprie catene solo per forgiarne di nuove. Molti avversari sbarreranno il suo passo, eppure egli dovrà guardarsi da un solo Nemico. Sotto molti stendardi egli marcerà, eppure ad un solo Padrone dovrà rimanere fedele.

Ti ho aggiogato per far sì che ti potessi affrancare,
ti ho reso Signore perchè imparassi l'obbedienza.

Ti ho dato una Causa perchè la insozzassi col tuo tradimento,
Ti ho dato una Patria perchè tu potessi conoscere l'amarezza dell'esilio.

Ti ho dato dei fratelli perchè più penosa fosse la tua solitudine,
ti ho dato un nome e un volto perchè tu li lasciassi sprofondare nell'oblio.

Ti sei inginocchiato sotto il mio stendardo per poter innalzare il tuo,
sei stato il mio Allievo per diventare Maestro di te stesso.

Di chi ti farai schiavo? Su chi sarai Signore? Ti darai un'altra causa, un'altra patria, altri fratelli? Quale nome sceglierai per te stesso? Quale volto mostrerai ai tuoi avversari? Che colori porterà il tuo stendardo? Quali precetti guideranno il tuo agire?

Questo è lo Yog dell'Abbandono: Spezza le tue catene e coloro che le hanno forgiate. Se sei tu il fabbro delle tue catene, spezza te stesso."

L'impresa non può attendere oltre. E' la mia punizione, il mio riscatto, il mio destino. Lascio che i Morti marcino su Muddan verso una sicura disfatta. Ci saranno altre battaglie, mi dico, alzando il pugno verso chi mi ha sfidato per primo. Dalla palizzata lui ricambia il mio saluto. Presto misurerò il tuo valore, e tu il mio...e se ti sarai battuto bene strapperò la lingua del tuo prete per fartene dono, così che le sue menzogne non abbiano più a sviarti.
scritto da Tarkhun , 00:12 | permalink | markup wiki | commenti (1)
 
agosto 516
Martedì 27 Agosto 2013

"L'iniziazione richiede fiducia, come un salto nel buio. Il dolore incarna il passaggio, devi imparare a viverlo in ogni sua sfumatura. A conoscerlo. Non deve farti paura"
Annuisco, anche se un lieve tremito della palpebra rivela il nervosismo che provo, mentre mi stendo sulle assi di legno del laboratorio.
"Hai paura?" mi chiede lui.
"Sì"
Sorride. "E' normale, sei umana. Sei... ancora umana. Non preoccuparti se sei spaventata: tutti siamo spaventati, la prima volta".
La prima volta.
"D'accordo. Sono pronta"
Lui mi dà le spalle, sento l'odore della cera che si scioglie poco a poco.
"Cerca di non gridare, d'accordo? Per due ragioni. La prima è che... li innervosisci, e non mi piace quando sono nervosi. La seconda è più importante. Se gridi, il dolore diventerà incomprensibile, sarà molto più difficile per te viverlo nel modo giusto"
"Ci provo..."
"No, non è un discorso di provare", si volta verso di me. "Non possiamo permetterci di andare per tentativi, lo sai. Non c'è il tempo, anche volessimo, non abbiamo il tempo di procedere con dolcezza. Oggi o mai più. Per questo concentrati e cerca di non gridare. Sarà una cosa piuttosto lenta, così avrai modo di abituarti poco a poco al dolore"
Deglutisco. La paura sembra crescere, invece che diminuire.
"Siamo d'accordo?" chiede nuovamente. "Se vuoi ripensarci questo è il momento per farlo"
"No, procediamo".
"Molto bene, brava".
Torna a dedicarsi al suo fuoco, alla cera, ai preparativi di ciò che mi attende. Guardo il soffitto cercando di trovare in me il coraggio. Sono sempre stata coraggiosa, non voglio deluderlo e non voglio deludere me stessa. Ce la devo fare.
Il soffitto del laboratorio è scuro, annerito dalle torce e molto vecchio. E' un soffitto a volta con al centro il gancio di un lampadario ormai perduto. Probabilmente le irregolarità del colore, simili a macchie, sono ciò che resta di un antico affresco.
Le pareti sono spoglie e la sala è fredda, troppo grande per i due tavoli da lavoro, lo scaffale disordinato e il braciere. Un tempo doveva essere un ambiente di rappresentanza, un salone per i banchetti. Il caminetto in disuso, enorme, alla mia sinistra, evoca immagini di grandi arrosti, profumi e voci animate.
Chissà quali remoti signori banchettavano in questa sala, in un posto così freddo e isolato. Ma forse a quei tempi qui non c'era così freddo.
Muovo piano le dita, accarezzando il legno del tavolo su cui sono distesa. E' vecchio. Sarà così vecchio? Avranno banchettato qui sopra? Proprio dove ora attendo, stesa e inerme, di provare il dolore più grande?
Non sono legata.
"Se fuggi, se ti agiti o provi a allontanarti, vuol dire che non sei all'altezza", mi ha spiegato lui tranquillamente. "Non c'è niente di obbligato e nessun aiuto. Nessun alibi morale per te, nessuna deresponsabilizzazione. Sei libera in ogni istante di lasciar perdere e di andartene. Devi volerlo tu, pienamente, consapevolmente".
Sembra facile, ma adesso sentirmi costretta ai polsi e alle caviglie mi darebbe una certa sicurezza. E invece sono libera.
Il castello è quieto, ma popolato da fruscii sommessi. Una corte di morti popola queste stanze, ed io non credo di essere realmente libera. Mi lascerebbe andare? Se veramente mi alzassi, nascondessi la veste bianca con un mantello, indossassi gli stivali e prendessi le scale per tornarmene a casa... lui me lo permetterebbe?
Che razza di pensieri. Indegni di chi si prepara a intraprendere una strada così importante.
Devo concentrarmi sul dolore, sulle sensazioni, su quello che lui ha chiamato ripetutamente il "piacere della sofferenza".
Mi ha spiegato che il modo migliore per sopportare il dolore, e anzi per iniziare poco a poco ad apprezzarlo, consiste nel controllare il respiro. Inizio sin d'ora a inspirare lentamente, espirare, inspirare ancora...
"Molto bene, ci siamo".
Eccolo.
Indossa la Maschera, adesso, bianca con due rivoli rossi che scivolano dalle fessure degli occhi, simili a lacrime di sangue. Ci siamo.
Ha uno specchio in mano, lo rivolge al mio viso.
"Guardati ancora una volta", ordina. Ubbidisco, mentre un peso si forma sul mio petto, un nodo di angoscia e di paura. Il mio viso, il mio bel viso sta per essere sacrificato. Un altro rinascerà dalla cera e dal dolore, nuovo, incorruttibile.
Sono un bruco che si trasforma in una farfalla.
Ancora un istante, un attimo soltanto, poi lui allontana lo specchio. Cerco di fissare nel ricordo il mio volto.
"Sarebbe deperito comunque", mi dico. "Pochi anni ed ogni traccia di bellezza sarebbe comunque svanita dal mio viso".
Ma ciò non mi è di alcun conforto. Ho paura, vorrei fuggire da qui. Ho...
"AAaaahhh!"
Il dolore mi assale all'improvviso, non riesco a trattenere un lamento. La cera rovente mi scivola sulla guancia, brucia. Ed è solo una goccia o poco più. Solo l'inizio. Ed è già terribile.
Ingoio le lacrime, respiro.
Lentamente, lui aspetta paziente. Mi calmo, trattengo il fiato, espiro poco a poco. Devo sciogliere il nodo dal mio cuore, devo rilassare i muscoli delle mani, aprire i pugni. Non devo stringere i pugni.
Lui aspetta ancora, poi alza il contenitore in cui ha sciolto la cera e me la fa scivolare sullo zigomo. Trattengo il fiato e poi inspiro. Il dolore è acuto, lancinante, eppure è ridotto ad un piccolo tratto di pelle. Mi concentro sulla pelle che si sta trasformando, sulla sensazione di calore, cerco di mandar via ogni paura.
Non è il dolore, è la paura a fare male.
La paura delle conseguenze, della trasformazione, del dolore futuro. E' la paura a riempire gli occhi di pianto e a far tremare.
Il dolore è soltanto dolore, è circoscritto, è sensibilità che si risveglia e che rivela i segreti della nostra carne.
Lui aspetta qualche istante, mi osserva. Poi, impercettibilmente, annuisce.
La cera bollente scivola sul mio viso, sul collo, si indurisce sul mento e tra le pieghe della pelle. Brucia sulle prime, presto si raffredda e lascia un profumo morbido e perfetto.
"Brava", mormora lui d'un tratto. "Abbiamo quasi finito".
"Di già?" vorrei rispondere. Ma devo abituarmi alla nuova sensibilità di questo mio viso di cera, più lento, più silenzioso.
Lui lascia scivolare l'ultima cera rimasta sul mio viso, poi con le mani inizia ad accarezzarmi e a modellare i nuovi lineamenti che mi accompagneranno d'ora in poi. Il dolore è quasi piacevole, come è piacevole lasciarsi plasmare da mani esperte e senza misericordia.
"Soltanto chi è morto non sa provare dolore", dice lui contemplando il suo capolavoro. "Chi è morto nell'animo, spento e quieto, pensa di avere trovato una forma di saggezza e di distaccata felicità, ma è soltanto un cadavere che non puzza ancora. Chi è morto nel corpo può perdere un braccio, una gamba, e neanche se ne accorge. E' il dolore a mantenerci in vita. Il dolore interiore, l'inquietudine, ci danno la misura della nostra energia, della vitalità che ci è rimasta. Il dolore fisico risveglia i nervi, irrora di sangue i tessuti, dona palpito vitale e piacere"
Annuisco. So che è vero, lo sento sulla mia stessa pelle. Il dolore è forte, ma è come se tutto il mio corpo si fosse risvegliato.
"Benvenuta, sorella minore"
scritto da ... , 17:04 | permalink | markup wiki | commenti (3)
 
27 maggio 519
Lunedì 24 Ottobre 2011

Lunga notte...

27 maggio 519, a sera
Rovine di Malartic

Troppo tardi.
Si capisce che è successo qualcosa già da lontano, quando il ragazzo che mi precede rallenta il passo e si guarda intorno.
"Dovrebbero farci il segnale, adesso", dice.
Davanti a noi il bosco è fitto, la strada soffocata dalla vegetazione. Alcuni ruderi emergono dai rampicanti.
"Vedete lì, mio signore?" indica un edificio diroccato ancora in piedi, "che strano, non mi sembra ci sia nessuno..."
"Proseguiamo", gli dico. "I miei uomini si devono accampare ed ho fretta di parlare con Lord Albert".
Ma le parole di Stan mi tornano in mente come un presagio.
"Le Spine sono arrivate, puntano a Malartic", mi ha comunicato appena giunto a Vreil. "Affrettatevi ad unirvi alla Herrshaft".
Osservo il cavaliere, che avanza silenzioso accanto a me. Anche lui si guarda intorno preoccupato, sta pensando quello che penso io?
Le ombre del bosco sono sempre più nere, ogni barlume di luce stenta ormai a penetrare tra i rami. L'aria è fredda.
"Eccoci", indica il ragazzo. "I padiglioni sono oltre quell'edificio con le colonne".
Tutto tace, il silenzio è eccessivo. Alzo una mano, faccio segno di procedere con cautela.
Pochi passi più avanti scorgo i primi cadaveri.
Gli hanno spiccato le teste e li hanno abbandonati lì.
Smonto da cavallo, mi chino a sfiorare un corpo. Si tratta di Randal, è ancora tiepido. Lo scontro dev'essere avvenuto non più di un'ora fa.
"Potrebbero averci teso una trappola", sussurra Stan, "forse sono ancora in zona".
Sono davvero micidiali come si dice?
Avanzo tra i ruderi, e ogni passo è una conferma. Il padiglione di Albert è stato depredato, quello adiacente ospita il corpo sfigurato dello stregone di Vypern. Gli inutili stregoni di Vypern, che fanno più danni che altro.
Chissà da dove veniva questo, per venire a farsi ammazzare a Malartic.
Ma Albert? Che ne è stato di lui?
Esco dai padiglioni e avanzo verso il torrente, quando nella penombra mi rendo conto di una strana nebbia violacea che nasce dalla terra. C'è altro sangue a terra, altri cadaveri. Nessuno dei loro, tutti dei nostri. Tutti decapitati. Poi ecco, quasi incespico nello scudo di Albert, abbandonato a terra nella fanghiglia.
Il cuore inizia a battermi all'impazzata.
"E' finita", mormoro.
"Cosa avete trovato, sir Dart?" domanda lo scudiero, che mi si avvicina con una torcia accesa. Scuoto il capo.
Anche lui guarda a terra, i suoi occhi si spalancano mentre riconosce lo scudo del suo Signore spaccato e insanguinato.
"Non è... possibile..." dice arretrando di un passo.
Gli faccio segno di uscire dalla nebbia, di raggiungere gli altri che stanno controllando la zona alla ricerca dei nostri nemici.
"Hanno preso tutti i cavalli!" viene a comunicarmi poco dopo il giovane Frederick, "le tracce conducono verso la strada per Gautier".
"Noi venivamo da una parte, mentre loro si allontanavano dall'altra", commento. "Per poco non ci siamo incontrati".
Guardo i miei uomini, i loro volti sconcertati. Sono responsabile di loro, devo fare in modo che l'abbattimento non li spinga a commettere errori.
"Metà di voi inizino a radunare i corpi e a ricomporli. Gli altri si sistemeranno di vedetta e a protezione dei compagni. Sarà una lunga notte, nessuno di noi dormirà. Alle prime luci ripartiremo".
Accendiamo dei fuochi ai margini del campo, posizioniamo le vedette e poco a poco inizio a ricostruire come si dev'essere svolto lo scontro. I dardi di balestra, il sangue. Una fratina da Paladino di Dytros squarciata non distante dallo scudo di Albert, inzuppata di sangue. Le Spine non sono venute qui da sole.
D'un tratto viene a chiamarmi Michael. "Abbiamo trovato un superstite".
"Come sta?"
Michael scuote il capo. "Non bene", risponde guidandomi da lui.
Siede vicino al fuoco, lo riconosco subito. E' Sir Hoster, uno dei più anziani dello Squadrone Herrshaft. Apparentemente sembra intonso, ma appena incrocio i suoi occhi vi leggo uno smarrimento innaturale.
"Come state?" domando, siedendomi accanto a lui.
"Nelle ombre...." mormora come risposta, "escono dalle ombre...."
Non capisco, lo osservo meglio. Il suo volto è attraversato da tre sottili ustioni, che proseguono sul collo.
"Parlate delle Spine? Cosa vi hanno fatto?"
Sir Hoster scuote il capo. "Ombre, ombre, spettri... non so da dove provengano.... sono tutto intorno, nella boscaglia. Lontano... dalla luce".
Muovo lo sguardo sugli alberi neri, sui ruderi coperti da rampicanti che ci circondano. Tutto è quieto, nemmeno un alito di vento.
"Cosa è successo?"
Indica con lo sguardo un edificio non distante, dove ho trovato una balestra abbandonata. "Ero lì sopra, quando hanno attaccato. Le Spine, intendo. E' stato un massacro, anche LeNoire era con loro".
Annuisco, ero al corrente del suo tradimento. "E poi?"
"E poi ci hanno sopraffatti, anche grazie ad un incantesimo lanciato dal loro stregone. Ha causato una nube venefica, ed è allora che sono iniziati i lamenti".
"Lamenti?"
Annuisce. "Ero distante dallo scontro più animato, e dal bosco ho iniziato a sentire degli strani lamenti, lenti, sempre più vicini. Lamenti... non naturali".
"Si raccontano un sacco di cose su Malartic..." commento. "Sicuro che non fosse un'impressione?"
Sir Hoster si indica le ustioni che porta sul volto e scuote il capo. "Quando ho visto che era tutto perduto, e che anche Albert era caduto... sono fuggito. Mi sono nascosto tra gli alberi... nella penombra che avanzava. Ed è stato allora che li ho visti. Spettri, fantasmi.... ombre violacee come la nebbia generata da quel maledetto stregone... ed hanno iniziato a fluttuarmi intorno. Una mi si è avvicinata, per un attimo ho riconosciuto un volto quasi umano, evanescente, e poi con dita impalpabili mi ha accarezzato il viso. Dolore, cecità, una fitta di ghiaccio... ho gridato e le ombre sono svanite".
Nervosamente mi guardo intorno, nel buio che circonda il nostro campo. Da poca distanza si sentono i miei uomini che spalano la terra, scavando tombe per i compagni caduti.
Ma forse Malartic non è il posto migliore per seppellire qualcuno, inizio a temere. E' un luogo maledetto, e le storie che si raccontano forse non sono tutte fantasticherie.
Guardo ancora Sir Holter, le sue ustioni. Lo conosco da anni, non è un ragazzino suggestionabile. Veramente qualcosa si nasconde intorno a noi, nell'oscurità.
"Ravvivate i fuochi", ordino. Ma poco dopo una delle vedette più avanzate inizia a gridare. Lamenti di dolore, che terminano in un gorgoglio sinistro.
Io stesso prendo una torcia e, insieme a Frederick andiamo a vedere che è successo.
Ci arrampichiamo tra i ruderi, c'è un passaggio stretto che porta ad una stanza parzialmente crollata, il punto d'osservazione migliore verso Ovest. L'aria è innaturalmente fredda, la luce della torcia scaccia un'oscurità viscosa, che si nasconde negli angoli più protetti del rudere. Avanzo di due passi nel silenzio, quando scorgo una sagoma riversa a terra. Mi avvicino al corpo, mentre Frederick alza la balestra carica e posiziona un dardo. E' Tom, la mia vedetta. Ha gli occhi sbarrati e sul volto una rete di ustioni sottilissime. Il suo cuore ha smesso di battere.
Sporgendomi dall'apertura che si apre sul sentiero tra gli alberi, non riesco a vedere niente di insolito. Non movimenti, nè ombre, nè tantomeno nemici in avvicinamento.
Frederick mi guarda aspettando che gli dica cosa fare.
"Raduniamo tutti presso il fuoco", gli dico. "Non possiamo fare più nulla per Tom, penseremo a lui domattina.
"Ma se ci stessero tendendo una trappola?"
"Chi? Le Spine?". Scuoto il capo: loro hanno scatenato questo casino e poi se ne sono andate, è chiaramente andata così.
"Seguimi al campo, avvertiamo le altre vedette di rientrare presso i fuochi".
Per Xander non arriviamo in tempo. Anche lui giace accasciato nel suo nascondiglio, senza più vita. Riusciamo a portare in salvo Herbert e Mac.
"Ravvivate i fuochi", ordino. "Nessuno si allontani nelle tenebre per nessuna ragione".
I cavalli sono sempre più agitati, i miei uomini si guardano intorno, indicandosi l'un l'altro strani fruscii, movimenti tra i rami. La paura, la suggestione fanno il resto.
Sarà una lunga notte. E prego gli Dei che riusciremo a vedere l'alba.


scritto da Sir Alaric Dart , 14:07 | permalink | markup wiki | commenti (0)
 
21 maggio 519
Giovedì 20 Ottobre 2011

Chi piangerà per lei?

Non certo io.
Quando vedo gente come questa che finisce ammazzata, mi chiedo sempre se qualcuno verserà mezza lacrima.
Me lo chiedo ancora di più quando sono stato io ad uccidere.
Mi domando se questa gente avesse una vita ulteriore, rispetto a quella che l'ha portata sotto la mia spada e, in fondo, se meritasse qualcosa di meglio (è un esercizio di coscienza che mi impongo ogni volta che ammazzo qualcuno, non vorrei iniziare a prendere la morte troppo sotto gamba).
Nel caso di Deborah devo dire che mi risulta difficile crederlo.
Al paese suo, a Mourden, avranno già smesso di compiangerne la scomparsa, ed è certo meglio se non verranno mai a sapere come si fosse ridotta la loro veste bianca di Kayah.
Raramente ho visto un abito così infangato.
All'inizio era divertente, ci siamo divertiti tutti. Poi è diventato soltanto squallido.
La sua stupida ribellione blasfema si è ridotta in fretta ad un sordido razzolare nel fango: quel che doveva rappresentare la sua liberazione da una carriera religiosa impostale dai familiari si è trasformata nell'umiliazione più avvilente.
Quasi mi sento di aver fatto un'opera buona a toglierla di mezzo e a interrompere questo malinconico teatrino.

Lo ammetto, lì per lì ho agito d'istinto.
Con tutti i guai che abbiamo, lo Squadrone annientato, Sir LeNoire prigioniero e quel pazzo di Sid Caesar come unico superiore, quella scema ha pensato bene di infilarsi nel mio sacco a pelo.
"Facciamo fuori il mago", mi ha sussurrato strusciandomisi addosso come una lumaca, "torniamo da Albert e raccontiamo la nostra versione dei fatti. Diciamogli che è stata tutta colpa di Sid, che è stato lui a tradire."
"Vattene, sparisci, lasciami in pace".
Glie l'ho detto, non si può dire che non l'abbia messa in guardia. Ma poi ripeti una volta, e ripeti due volte... lo ammetto, mi ha fatto saltare i nervi.

Poco dopo sono andato da Sid. "L'ho ammazzata".
Lui ha annuito. "Hai fatto bene. Era diventata inutile, soltanto un peso. Buttala in qualche fosso e non pensiamoci più."
"E' pesante, dammi una mano a sollevarla"
"No, Stan, tu l'hai ammazzata, tu la trascini via da qui".
Mentre mi allontano sbuffando per tornare al mio giaciglio, lui ci ripensa, si alza in piedi.
"Ti aiuto, va. Domani mi servi in forze, sarebbe un peccato ti facessi uno strappo muscolare".
"Perchè?" domando io, "che succede domani?"
"Domani li attacchiamo".

Mentre trasciniamo il cadavere di Deborah verso un fosso, Sid mi spiega il suo assurdo piano.
"Mi pare una stronzata Sid", rispondo. "Siamo in due, e non li abbiamo ammazzati quando eravamo uno Squadrone intero. Proseguiamo verso Malartic come deciso e chiediamo rinforzi"
"Ho forse chiesto il tuo parere?" è tutta la sua risposta, mentre si sfrega le mani una sull'altra per riposarle dallo sforzo.
Intanto il cadavere di Deborah sprofonda lento nella fanghiglia del fosso, tra le canne e le erbacce.

Ah, ma vedrai, imbecille di uno stregone, domani come verrò a aiutarti.
Contaci.


scritto da Stan , 12:17 | permalink | markup wiki | commenti (1)
 
16 maggio 519
Lunedì 10 Ottobre 2011

sprechi e ironia

Povera bestia. Metto in conto a loro anche il dispiacere di aver dovuto colpire un così bel cavallo.
Credono forse che io non abbia sentimenti? Eppure si direbbe che non ne abbiano idea, dal modo assai arrogante e sgraziato con cui si comportano.
Di loro so molte cose, chi del resto non le sa?
C'è la Paladina che chiede sempre a tutti di arrendersi, e non vedo proprio l'ora che lo chieda a me. Già pregusto il momento in cui le dirò "sì sì, mi arrendo", e immediatamente dopo la ucciderò.
C'è il Boia, animato da un'apprezzabile sete di sangue, sia pure mal indirizzata, e il suo pericoloso fratello, che mantiene la calma ma non si fa alcuno scrupolo ad uccidere.
Che dire poi del mago, che sembra fare di tutto per cacciarsi in guai sempre peggiori, soltanto per il gusto di sfidare la sorte? La sua sorellastra avvelenatrice sembra essere uscita dal giro, ma prima o poi tornerà a far parlare di sè, con qualche intruglio interessante. Almeno, lo spero.
Infine ci sta la puttanella del Paladino, Shasda sarebbe fiera di lei per come sa infangare le fratine e distrarre la fantasia dei soldati della fede.
Quanto talento sprecato!
Sono gente in gamba, senza paura, senza vergogna e senza coscienza. La rabbia che mi fanno a vederli nello schieramento nemico è sempre maggiore. Uno spreco vergognoso: paladina a parte li recluterei tutti senza pensarci un attimo. E invece tocca ammazzarli.
Cosa peraltro non facile, a quanto pare... in questi anni hanno imparato a vendere molto cara la pelle.
Questo scontro è stato istruttivo. Eccitante, persino. Era da un pezzo che non sentivo il fiato sul collo di un nemico deciso ad uccidermi.
Mi dispiace poco degli uomini di Sir Clark, ragazzino viziato e pieno di "sani principi", bacchettone a modo suo più di un vecchio prete imbalsamato. Non so cosa ne sia stato di lui, ma spero che i corvi banchettino con i suoi intestini.
Sono stati una piccola perdita, che mi ha permesso di apprezzare direttamente il talento delle Spine della Rosa. Sono bravi, dannazione a loro. Spregiudicati e bravi.
Ma possibile che non ci sia modo di coinvolgerli in qualche iniziativa più produttiva? Mi sembra impossibile che debbano semplicemente essere ammazzati...
Sto invecchiando, inizio a dar troppa importanza alla vita umana. Alla mia, prima di tutto.
E vogliamo parlare di quella stupida di Deborah? Poteva continuare a fare la discepola di Kayah.... mi chiedo cosa le sia saltato in mente di volersi unire ai suoi stupratori della Squadra dell'Aquila. Capisco che l'astinenza possa essere una brutta cosa, ma insomma! Un po' di amor proprio....
Comunque le ho suggerito di continuare a tenere i capelli rasati a zero: non è bella, ma se hai la sensazione che sia ancora l'innocente veste bianca di un tempo, può acquistare un po' più di attrattiva. Poca, comunque.
Ecco, da questo punto di vista invece la Paladina non è niente male...
Sprechi su sprechi, ecco l'amarezza che mi lascia questo scontro. Gente che non riconosce la propria vocazione, che incanala ottime energie per scopi patetici.
Io sono un uomo pratico, semplice. Non indugio nella ricerca di piccole soddisfazioni personali, nè lascio che la mia fede mi spinga ad eccedere. Oggi ho riportato una sconfitta che mi ha insegnato molto, e sono tanto fortunato da poterci riflettere su.
Ammazzarli, devo ammazzarli. Daeron su questo punto è stato chiaro, e in fondo ha ragione. Probabilmente l'attacco armi in pugno non è la via migliore, perchè sul campo sono troppo forti. Dovrò inventarmi qualche soluzione più creativa.
La buona notizia è che l'immaginazione non mi manca, e nemmeno la pazienza.
Adesso però bisogna recuperare, riprendere fiato. Devo valutare anche quale possa essere l'utilità residua di Deborah, ora che non abbiamo più bambini in ostaggio bisognosi di cure "materne". Riconosco la sottile ironia di Daeron nel preoccuparsi che i bambini fossero accuditi da una figura femminile. E poi è andato a scegliere proprio un modello di inestimabile virtù come quello di Deborah Savail.
Bisogna saper sdrammatizzare, e in questo lui è maestro. Con tanti dispiaceri, qualche sana risata ci vuole, di tanto in tanto.
E qualche risata ce la faremo davvero, se a Sarthe diventerà Barone Sir Amos e a Anthien Lord Albert. In fondo questa storia della pace tra baronie non mi aveva mai convinto, non c'è proprio niente di interessante nella pace.
Niente di interessante, davvero.
La pace è oltremodo noiosa.
...
scritto da Sid Caesar , 23:15 | permalink | markup wiki | commenti (3)
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