Fiorivano i peschi, volavano le rondini
e i mille uccelli canterini,
profumi e limpide acque sorgive
sgorganti da rupi montane
erano i ritmi del giardino incorrotto,
da mano di uomo intatto,
ignaro degli armenti, delle greggi belanti;

qui correva all'alba di passate primavere
Ainur, figlio di Akestor,
sangue di dei segreti delle foreste,
qui cacciava senza mute di cani fedeli,
senza forti destrieri, alle brezze di zéfiri ardenti,
solitario nelle selve pių pure, verginale,
compagno di Harkel, invisibile tra le dee.

Ah come mi strugge il tuo fato di morte,
insondabile, dalla virtų non scansato,
in ceppi di dolore,
dall'aspro ramo trafitto dorato del Sole,
che figli bramava e reggente prole.

E dal colpo prefisso non ti salvarono i boschi,
le querce venerande, il pioppo dei misteri
dei venti aereo custode, le mele cidonie,
le fonti divine di acque incantate.

Svanė Ainur, vergine bellezza di fresco pudore,
innocente il sangue a macchiare le erbe pių sacre
e pių amate.

Ma tu, dea, lo portasti oltre i confini del mondo,
oltre le pendici a strapiombo sul mare
di quando la terra era giovane;
tu, dea, lo portasti per le vie insondate, che al mortale
non lice calcare,
Ainur, spirito casto, che ancora accompagni
Harkel per le balze non penetrate e le fitte selve
avare.

Potessi vederti e il tuo volto scoprire
in bianche fattezze mai da mano di donna
sfiorate, potessi sentire lieve il tuo fiato precipitare
per la verde montagna arcana…….