Estratti dal diario di Vanjar Karnstein - Novembre 651


Villaggio di Trevilnja, 8 novembre 651
Notte d’inferno questa, e giornata d’inferno che sta avanzando.
Ho perso la cognizione del tempo, il cielo è così cupo che sembra soffocato da una oppressione innaturale. Siano dannati gli asini e i contadini gottosi! Se fossi arrivato appena un giorno prima in questo villaggio forse tutto questo si sarebbe potuto evitare.
Ho scacciato via dalla casupola i curiosi, le vicine pettegole, che con il loro vociare e le loro superstizioni mi stavano uccidendo, e sono rimasto da solo con il ferito.
Eccolo lì, per sua fortuna privo di sensi, su quel letto sporco di sangue. È un uomo forte, dal fisico robusto, e nonostante abbia i capelli grigi credo sia giovane, dubito abbia ancora visto trenta inverni. Quando l’ho trovato, alle prime luci dell’alba, agonizzava in una pozza di sangue e si reggeva il polso stritolato, e ancora continuava a inveire e a trascinarsi verso la porta per inseguire il suo nemico. Non sono riuscito a capire bene cosa sia successo, anche se ho scorto nei suoi occhi gialli una disperazione ed un odio formidabili.
L’ho steso sul letto e le condizioni del suo polso mi sono apparse subito disperate. Le ossa erano sbriciolate, i tendini tutti spezzati, le carni sanguinavano copiosamente. No, non potevo aspettare, dovevo procedere subito all’amputazione.
Tra l’altro ero anche sfornito di semi di papavero o di mandragora da sciogliere nel vino e non avevo altro che un po’ di Giusquiamo nero, il cui utilizzo invero un po’ mi preoccupava. Quel potente veleno può provocare cecità, convulsioni, sonno profondo e persino morte, se non somministrato in dosi controllate. Per questo ho sciolto una sola goccia di Giusquiamo in una caraffa di vino e ho costretto il ferito a berne un paio di bicchieri. E forse per la mia eccessiva prudenza nell’impiego del veleno, oppure per la disperata determinazione di quest’uomo a rimanere cosciente, ma l’anestetico non ha svolto a pieno il suo effetto.
Ho per prima cosa ripulito la ferita con stoppa imbevuta di vino, mentre un paio di contadini mi aiutavano a tenere fermo il paziente. Poi ho arroventato gli strumenti sulla fiamma viva per purificarli. La fiamma era particolarmente benefica perché, secondo quanto consigliatomi dal mio maestro, avevo provveduto a bruciarvi salvia e timo.
Infine ho amputato la mano e il polso, fino quasi a metà avambraccio. Quest’uomo ha una fibra densa e poderosa, ed è rimasto cosciente per gran parte dell’intervento. Già in passato avevo eseguito amputazioni, ma mai lo avevo fatto sentendomi addosso simili occhi divorati dall’odio, dai quali sembrava di sentire un grido silenzioso che diceva:
“sbrigati, ho fretta, devo andare a combattere la mia battaglia!”
Mediante le ulcere provocate dalla cauterizzazione spero che possa espellere gli umori in eccesso, ristabilendo l'equilibrio interno all'organismo. Ho unto le bende di olio ed ho provveduto alla fasciatura. Adesso non devo far altro che aspettare che questo pover’uomo si svegli e gli somministrerò olii diuretici di porro e finocchio per aiutare la purificazione del corpo e abbassare la temperatura del sangue.

Villaggio di Trevilnja, 9 novembre 651
Inizialmente non vi avevo posto attenzione, ma quello che mi sembrava solo uno straccio imbevuto di sangue si è rivelato essere la fratina di un cavaliere dell’Ordine del Dragone. Ho bollito l’acqua per purificare le bende e ne ho approfittato per ripulire anche le vesti di quest’uomo, e sono rimasto stupito nel fare una simile scoperta.
Ancora non ha ripreso del tutto conoscenza, mormora frasi sconnesse nel delirio. È febbricitante, tuttavia sono ottimista per le condizioni del suo fisico: è un uomo robusto, sopravviverà.

Villaggio di Trevilnja, 9 novembre 651, a sera.
È venuta una contadina stasera, ha portato del cibo per me e per il ferito, e mi ha parlato di un fuoco sul retro della casa in cui ci troviamo, e dei corpi che vi giacciono sopra. Possibile che io non me ne fossi accorto? La vecchia era spaventata e non ha voluto spiegarmi niente, mi ha solo implorato di provvedere. In che modo?
Sono uscito ed ho accompagnato la vecchia alla sua casa. Tornando, con la torcia agitata dal vento, ho visto effettivamente i resti di un rogo dietro alla casa, in un punto riparato vicino al muretto di un orto. Era dove normalmente vengono bruciate le stoppie.
Ma tre cadaveri giacevano carbonizzati tra le sterpaglie. Uno era di una donna, gli altri di bambine.
In che modo queste povere vittime sono collegate all’uomo che riposa febbricitante in quel letto? Un cavaliere dell’ordine del Dragone, di sangue Vatravo come è chiaramente il mio paziente, può essersi macchiato di un simile delitto? E perché mai?

Villaggio di Trevilnja, 10 novembre 651
Burian si è svegliato oggi pomeriggio. Mi ha chiesto dell’acqua. È un tipo di poche parole, ma tutto comincia a chiarirsi, e anche le frasi mormorate durante il suo delirio acquistano un significato.
La donna e le due bambine che ieri notte ho seppellito erano la sua moglie e le sue due figlie. Uccise da una creatura delle tenebre, condannate a risvegliarsi dopo la morte in una nuova vita immortale e maligna. Conosco fin troppo bene quel che ciò significa.
Lui ha gettato i loro poveri corpi nel fuoco per purificarli, ed ha combattuto a viso aperto contro il suo Nemico. Le braccia di un uomo, per quanto possenti, non hanno efficacia contro quelle membra immortali e fredde come il metallo, e Burian ha sentito su di sé il furore di un non-morto. È stato ferito, è caduto, e quell’essere lo avrebbe probabilmente finito, se l’avvicinarsi dell’aurora non l’avesse messo in fuga. Ed è stato poco dopo che sono arrivato io.
Troppo tardi, come troppo tardi è giunto il chiarore del sole.
Domattina dissotterrerò i corpi della donna e delle bambine, perché sia loro data la pace eterna.

Villaggio di Trevilnja, 11 novembre 651
L’energia di quest’uomo mi sorprende. Quando ha sentito che avevo intenzione di svolgere il rituale purificatore sui corpi delle sue familiari, egli ha insistito per prendervi parte personalmente. Nonostante le sue condizioni di salute siano ancora precarie non ho avuto il coraggio di rifiutarglielo.
È stato lui a conficcare il legno nei loro cuori, prima della sposa, poi della figlia maggiore, infine della più piccina. Neanche Eos può immaginare quanto fosse oscuro il suo sguardo mentre la più piccina delle bimbe, impalata, spalancava d’improvviso le labbra carbonizzate, lasciando sgorgare un fiotto di sangue rosso.
Io sono sobbalzato, non mi aspettavo che il germe dannato fosse stato tanto veloce a prendere piede dentro di lei. Ma Burian non si è mosso, ha mantenuto stretta la presa della sua unica mano sul palo di tasso e lo ha spinto più a fondo nel cuore della sua bambina.
È rimasto lì mentre tagliavo la testa ai cadaveri, e non ha mai distolto quegli occhi gialli e spaventosi da loro.
Infine mi ha detto che intende dare la caccia al mostro che ha fatto questo alla sua famiglia, e che vuole partire domani stesso. Inutilmente gli ho suggerito un altro paio di giorni di riposo, è inamovibile. Ho deciso di andare con lui: le nostre strade corrono parallele, entrambi diamo la caccia allo stesso nemico.